Tutta Venezia sulle pagine di XL.
Oggi inizia la settantesima edizione del Festival del Cinema di Venezia.
Chi segue queste pagine sa che per me è un appuntamento fisso (insieme a quello di Torino e di Roma) e che non mi perderei per nulla al mondo quella che è una delle rarissime possibilità che questa nazione ci concede per guardare in sala decine di bei film che da noi non verranno distribuiti mai mai mai ma proprio mai.
Metti che poi all’improvviso esce un nuovo Shrek e non ci stanno quelle 850 sale libere da dargli.
Nei prossimi dieci giorni, quindi, io e Meme, vedremo tonnellate di roba seguendo concorsi, fuori concorsi, giornate degli autori, settimane della critica, orizzonti ed eventi speciali. Mangeremo panini orrendi. Seguiremo conferenze stampa. Fotograferemo e intervisteremo il fotografabile e l’intervistabile.
Ma, per questa volta, non lo faremo per raccontarlo sulle pagine di questo blog ma su quelle di XL-Repubblica che ci ha arruolato insieme ad altri due baldi giovini: Ilaria Rebecchi, intrepida giornalista multitasking e appassionata di cinema e fumetti, e Giacomo Cosua, che quando non è impegnato a farsi speronare da navi giapponesi in Antartide nel nobile tentativo di difendere le balene (true story) è un eccellente fotografo.
Insieme vi racconteremo queste giornate di festival, vedremo per voi i film, incontreremo i loro autori e proveremo a farvi respirare un po’ di quella splendida atmosfera che si respira qui.
Tra gli amici che incontriamo ogni volta, e quelli che vanno mano mano aggiungendosi.
Anno dopo anno.
Potete seguirci cliccando QUI, sul sito di XL, oppure cliccando QUI e finendo diretti sulla pagina Facebook ufficiale e magari interagire con noi segnalandoci quelle piccole chicche che magari rischiamo di perderci!
Vogliamo ricordarvi così.
A voi fedelissimi.
Confusi. Indignati. Allo sbando.
Come noi di fronte a ogni vostra impudenza.
Vogliamo ricordarvi così.
Intenti a sproloquiare come sempre. A mistificare come sempre. A comportarvi come sempre.
Ma per una volta, dalla parte giusta: quella dei colpevoli.
Per quanto voi vi riteniate assolti.
E dispiace quasi, che non sia più Fede a blaterare e a farvi da portavoce.
Ma fortunatamente dalle vostre parti per trovare degli idioti basta pescare nel mucchio:
E a quegli altri pupazzi che ancora oggi danno voce e credono alle parole di questo criminale che non conosce vergogna, rimane la parola più dolce del mondo: condanna.
Condanna all’uomo che in risposta ha il coraggio di pronunciare queste parole.
Leggetele con attenzione, c’è tutto il catarro di cui volete liberarvi.
Ci sono tutte le stronzate a cui, un italiano su tre, crede ciecamente. Tutte.
“Ringrazio innanzitutto i miei figli che in questa occasione come sempre mi hanno circondato di cure e di amore.
Ringrazio i miei difensori che hanno illustrato le mie ragioni.
Ringrazio tutti gli amici del Popolo della Libertà e della Lega che mi sono sempre stati vicini manifestandomi stima e affetto.
Ringrazio di cuore tutti di italiani che mi hanno sostenuto e che mi hanno addirittura sommerso con migliaia di messaggi di apprezzamento e di auguri.
La sentenza di oggi mi conferma nell’opinione che una parte della magistratura, nel nostro Paese sia diventata un soggetto irresponsabile, una variabile incontrollabile ed incontrollata, che è assurta da “ordine dello Stato” (con magistrati non eletti dal popolo ma selezionati attraverso un concorso come tutti i funzionari pubblici) a un vero e proprio “potere dello Stato”. Questo nuovo ed illimitato potere dello Stato ha condizionato permanentemente la vita politica italiana, dalle inchieste di Tangentopoli fino ad oggi.
Dal ‘92 al ‘93 il corso della vita politica è stato letteralmente condizionato dall’azione fuorviante di una parte della magistratura che ha preteso di assurgere ad un ruolo di rinnovamento morale in nome di una presunta rivoluzione etica, mettendo fuori gioco, con i loro leaders, i 5 partiti democratici che avevano governato l’Italia per oltre mezzo secolo e che, nonostante alcune ombre, avevano comunque assicurato il benessere e difeso la libertà e la democrazia dalla minaccia del comunismo.
Si credeva così di aver assicurato alla sinistra la presa e il mantenimento definitivo del potere.
Ma uno sconosciuto signore, certo Silvio Berlusconi, scese in campo per contrastare il passo al partito comunista e in due mesi vinse le elezioni ottenendo il governo del Paese. Da quel momento si scatenò contro di lui una azione ininterrotta della magistratura che nel ’94 fece cadere il governo, tramite un’accusa di corruzione cui seguì una assoluzione con formula piena, una azione che si sviluppò poi con oltre 50 processi di cui 41 conclusi senza essere riusciti a raggiungere una condanna.
Ma questo ormai lo sanno tutti. Invece per quanto riguarda ciò che è accaduto alla mia persona, e solo dopo la mia decisione di occuparmi della cosa pubblica, nessuno può comprenderlo. Nessuno può comprendere la carica di vera e propria violenza che mi è stata riservata in seguito a una serie incredibile di accuse e di processi che non hanno alcun fondamento nella realtà: un vero e proprio accanimento giudiziario che non ha eguali nel mondo civile.
E anche negli ultimi giorni sono rimasto allibito nel leggere assolute falsità sui giornali che sostengono la sinistra.
Io non sono mai stato socio occulto di alcuno, non ho ideato mai alcun sistema di frode fiscale, nella storia Mediaset non esiste alcuna falsa fattura, così come non esiste alcun fondo occulto all’estero che riguardi me e la mia famiglia.
Viviamo davvero in un Paese in cui la maggior parte dei reati e dei crimini non vengono neppure perseguiti, un Paese che non sa essere giusto, soprattutto verso i cittadini onesti e verso tutti coloro che, come me, hanno sempre compiuto il proprio dovere, nel lavoro così come nella vita pubblica.
Io sono fiero di aver creato con le mie sole capacità un grande gruppo imprenditoriale, che ha dato lavoro a migliaia e migliaia di collaboratori, avendo l’orgoglio di non aver mai, in decenni di attività, licenziato uno solo dei collaboratori delle mie aziende.
Sono fiero di aver contribuito alla ricchezza dell’intero Paese, versando allo Stato miliardi e miliardi di euro di imposte ed offrendo con le mie televisioni non solo uno strumento di crescita per le aziende italiane, ma anche una maggiore libertà e pluralità al mondo dell’informazione.
Quando ho deciso di occuparmi della cosa pubblica, cercando di chiamare all’impegno pubblico le energie migliori della società civile, ho dato un contributo alla modernizzazione del nostro Paese e ho messo tutte le mie forze nel tentativo di realizzare una rivoluzione liberale che non si è completamente adempiuta per le insuperabili resistenze dei partiti alleati ed anche perché tante sono in Italia le resistenze e gli ostacoli al cambiamento.
Sono anche sicuro di aver rappresentato al meglio l’Italia nel mondo, facendo in modo che divenisse protagonista e non subalterna alle grandi potenze mondiali, tutelando sempre i nostri interessi e la nostra dignità.
In cambio di tutto ciò, in cambio dell’impegno che ho profuso nel corso di quasi vent’anni a favore del mio Paese, giunto ormai quasi al termine della mia vita attiva, ricevo in premio delle accuse e una sentenza fondata sul nulla assoluto, che mi toglie addirittura la mia libertà personale e i miei diritti politici.
È cosi che l’Italia riconosce i sacrifici e l’impegno dei suoi cittadini migliori? È questa l’Italia che amiamo? È questa l’Italia che vogliamo?
No di certo. Per queste ragioni dobbiamo continuare la nostra battaglia di libertà restando in campo e chiamando con noi in campo, ad interessarsi del nostro comune destino, i giovani migliori e le energie migliori del mondo dell’imprenditoria, delle professioni e del lavoro.
Insieme a loro rimetteremo in campo Forza Italia e chiederemo agli italiani di darci quella maggioranza che è indispensabile per modernizzare il Paese, per fare le riforme a partire dalla più indispensabile di tutte che è la riforma della giustizia per non essere più un Paese sottoposto ad un esercizio assolutamente arbitrario del più terribile dei poteri: quello di privare un cittadino della sua libertà.
Dal male dobbiamo saper far uscire un bene. Che i miei più di 50 processi e questa sentenza facciano aprire gli occhi a quegli italiani che sino ad ora non sono stati consapevoli della realtà del Paese, ed hanno sprecato il loro voto o addirittura non hanno votato.
Tutti insieme, se sapremo davvero stare insieme, recupereremo la vera libertà, per noi e per i nostri figli.
Viva l’Italia!
Viva Forza Italia!”
E alle quali si deve rispondere soltanto con la sacra Verità:
E goderci, quella che è e resta una condanna.
Esile. Minima.
Ma pur sempre una condanna.
E diciamocelo, prima dell’aneurisma, gli toccava.
Se la meritava.
Ora confidiamo che non resti la sola e ne seguino altre, confidiamo nell’interdizione perenne dai pubblici uffici e, soprattutto, in un parlamento che finalmente sappia prendere immediate distanze.
La lettera di Amanda.
Nel 2004 ho proposto per la prima volta ad Amanda Palmer di sposarmi.
Cantava Coin-Operated Boy e non mi ha nemmeno risposto.
Il fatto che gliel’avessi chiesto mentre camminavo da solo per le orride strade del torrino con le cuffiette nelle recchie, ha poca importanza. Se avesse voluto accettare la mia proposta, avrebbe trovato il modo di sentirla.
La seconda volta è stata quando ha lanciato la sua carriera solista.
La terza quando ho saputo che era fidanzata con un fumettista più famoso di quanto merita.
La quarta quando mi ha mostrato la mappa della tasmania.
Poi ho smesso.
Ho smesso anche di ascoltarla, lo ammetto.
Non che non mi piacesse più, ma avevo fatto talmente indigestione, sia dei suoi pezzi autografi che delle sue cover, che anche basta.
Qualcosina ogni tanto e niente di più.
Poi leggo che è nella infinita line-up del festival di Glastonbury, vado a curiosare sulla scaletta del concerto, cerco qualche articolo in merito e mi imbatto in questo. Cliccateci che diventa grande:
Il Daily Mail per non sfigurare con la colonnina di destra di Repubblica.it, volendo raccontare la performance dell’artista americana in modo completo ed esauriente, decide di farlo utilizzando una zinna.
Una zinna e basta.
Non una zinna e dei riferimenti alla sua musica.
Non una zinna e una note sulle canzoni.
Non una zinna e il percorso artistico della cantante.
Una zinna.
Una zinna raccontata con un gioco di parole e una serie di frasette perculatorie.
Una roba che sia Nelson dei Simpson che la cicciona che va sempre da Tony a farsi i capelli sarebbero fierissimi.
Me la immagino Amanda Palmer che nella sua chattina di fb riceve i messaggi degli amici che la informano della zinna. Me la immagino mentre legge e me la immagino ridere.
Perché Amanda Palmer è tutto tranne che scema è sa benissimo che se finisci con una tetta all’aria durante un festival musicale qualcuno dovrà raccontare di quella tetta.
E questo le interessa.
Le interessa un sacco il fatto che ci sia tutto questo interesse su una tetta.
Le interessa talmente tanto che scrive una lettera al Daily Mail.
Ma non gliela spedisce, no. Gliela canta.
Gliela canta così.
E visto che vi voglio bene vi traduco il testo della sua canzone:
Caro daily mail,
sono venuta da poco a sapere
che la mia recente esibizione al festival di Glastonbury ha ricevuto una vostra gentile menzione
Su quel palco io stavo facendo tutta una serie di cose tra cui, addirittura, cantare delle canzoni (incredibile, eh!)
Ma avete deciso di ignorare questo aspetto per dedicare un intero servizio a una mia zinna.
Caro daily mail,
Esiste una roba chiamata “motore di ricerca”: usatelo!
Se aveste provato a cercare le mie tette su Google, ad esempio, avreste scoperto che le vostre foto sono tutto tranne che un’esclusiva.
In più voi asserite che il mio seno sia fuggito dal reggiseno come un ladro in fuga.
Come fate a sapere che non stesse invece semplicemente tentando di godersi un po’ di RARISSIMO sole britannico?
Caro daily mail
E’ così triste quello che voi tabloid state facendo
Il vostro impegno per svilire l’immagine delle donne danneggia tutta la razza umana
Ma un giornalaccio rimane sempre un giornalaccio e lungi da me l’idea di censurare qualcuno! OH NO!
Sembra che adesso tutto il mio corpo stia tentando di scappare dal kimono…
E a questo punto, come potete vedere nel video, Amanda, davanti a tutta la platea della splendida Roundhouse di Londra, slaccia il suo kimono, rimane completamente nuda e continua a cantare.
Caro daily mail,
Misogina massa di coglioni.
Sono stanca delle vostre foto di pance gravide, sbirciatine vaginali e ciccia che sborda da pantaloni troppo stretti!
Dove diavolo sono i CAZZI del giorno?
Se Iggy, Jagger o Bowie se ne andassero in giro a petto nudo sarebbe una notizia tutt’altro che interessante!
bla bla bla femminista bla bla bla gender puttanate bla bla bla
OH MIO DIO! UN CAPEZZOLO!
Caro daily mail
non scriverete neanche una riga su questa serata.
Lo so perché vi ho chiamati in causa direttamente io e così vi ho tolto tutto il gusto di controbattere
Ma grazie a internet tutte le persone del mondo potranno gustarsi questo discorso
E comunicare con persone come queste qui presenti che non si bevono le vostre stronzate
E sebbene ci siano milioni di persone che accettano il livello culturale a cui voi li tenete abbassati
Ce ne sono altrettante che sono perfettamente a loro agio nel vedere un seno nel suo habitat naturale
Restando in trepidante attesa degli articoli approfonditi ed eleganti che riserverete ai miei prossimi concerti.
Caro Daily Mail,
FOTTITI!
A questo punto se ne va.
Tra gli applausi e le risate del pubblico divertito.
E io la amo tantissimo.
La amo perché questa è l’unica risposta possibile.
Lo svilimento culturale in cui viviamo immersi fino al collo, va combattuto con ironia e consapevolezza.
Va combattuto comprendendo che non è un gigantesco e inarrestabile titano, ma un bambino che non vede l’ora di restare solo nella sua stanza per sbirciare sotto la gonna delle barbie della sorella.
E proprio come un bambino va trattato: cantandogli una filastrocca.
Perché solo quella può capire.
Lo svilimento culturale è un compromesso che accettiamo perché ci fa tornare bambini.
Ci deresponsabilizza.
Ci distrae.
Ci culla.
Ci fa addormentare con una carezza, fino alla prossima poppata.
E’ ora di svegliarsi.
(e di spiegare ad Amanda che ha sposato il fumettista sbagliato)
Ode a te, Controllore del Tre.
Su quel sedile, ci sei seduto te.
Ode a te, controllore del Tre.
Il lavoro sporco, qui sopra tocca a te.
Ode a te, Controllore del Tre.
Se qualcuno fa casino, lo metti apposto te.
Ode a te, Controllore del Tre.
Se non timbrano il biglietto, li multi proprio te
Ode a te, Controllore del Tre.
Gli fai la multa te, Controllore del Tre.
Gli fai la multa te.
Se i vigili vi fanno cambiar strada, li mandi in culo te.
Ode a te, Controllore del Tre.
Agli stranieri che non parlano italiano, gli rispondi in italiano te
Ode a te, Controllore del Tre.
Ma quando hai in mano un quotidiano, ti riposi pure te
Ode e riposo a te, Controllore del Tre.
E se una donna incinta sale, e chiede il posto proprio a te
Oltraggio a te, Crontrollore del tre.
La mandi a cacare te, Controllore del Tre.
La mandi a cacare Te.
E noi si resta calmi, buoni e calmi innanzi a te
Lodiamo te, Controllore del Tre.
Si fa un respiro grande, ci allontaniam da te
Odiamo te, Controllore del Tre.
Scattiamo qualche foto, per raccontar di te
Oh, maschio che qui stai a Controllare il Tre.
E ti diciamo SUCA, te lo diciamo in TRE.
Ode a te, Controllore del Tre.
Ti diciamo SUCA, te lo diciamo in TRE.
Ode a te, Controllore del Tre.
Lode a te, Controllore del Tre.
Tutta l’estate al Circolo, grazie ai ragazzi del Kino.
E’ già un paio d’anni che Roma, d’estate, si fa bella, ma una proposta culturale come quella di questo luglio non s’era mai vista.
E’ l’estate dei grandi, dei grandissimi e dei piccoli concerti. L’estate degli eventi. Delle feste di quartiere.
E, grazie al grande impegno dei ragazzi del Kino (che continuano a portare avanti il gemellaggio estivo col Circolo degli artisti) anche l’estate del cinema.
Il Kino ha inatti organizzato, a partire dal 26 giugno, e fino al 31 agosto, una rassegna che va ad affiancarsi alla scorpacciata di cinema che ci regalerà a settembre Venezia e va a coprire un vuoto che, per noi romani, non sarà mai colmato abbastanza dal Fiction Fest.
Sono andato a trovarli ieri, incuriosito da Klip, il film scandalo di Maya Milos mi sono ritrovato davanti a un Circolo degli artisti in splendida forma. L’atmosfera, complice un venticello leggero, era fantastica.
Le aree verdi non sono mai state così belle e quelle dedicate alla ristorazione all’aperto sono state ampliate e rese molto più comode rispetto agli anni passati. Guardate voi stessi:
Il film, vietato ai minori di 18 anni, arriva in Italia nel circuito indipendente dopo aver sconvolto mezza europa e aver vinto il festival di Rotterdam.
L’attrice serba Maya Milos, qui al suo esordio come regista,
vuole raccontare senza alcun filtro la generazione X delle periferie di Belgrado e inizialmente sembra anche riuscirci.
I primi venti minuti del film sono diretti con gusto, stile e la buona capacità di maneggiare la materia raccontata.
Ma presto, di queste minorenni i cui unici interessi sono riprendersi e fotografarsi seminude per attirare l’invidia delle loro rivali in amore, imparare a fare i pompini perfetti, bere e ballare tutta la notte incuranti delle richieste d’aiuto dei propri genitori e dell’idiozia dei maschi che vogliono conquistare, ci si annoia.
Ci si annoia perché tutto è così chiaro in quei primi venti minuti che il resto ne rappresenta soltanto l’estenuante riproposizione didascalica.
Siamo lontanissimi dalle generazioni perdute di Larry Clark ma anche dal pop desaturato di Harmony Korine e dalla favoletta di Mereu (che è prevista il 17 luglio).
Siamo più dalle parti di un Thirteen v.m.18 in cui si tenta in tutti i modi di sconvolgere quelli che benpensano, masturbandosi, lei, la regista, al solo pensiero.
Un piacere, quindi, che diventa presto di pochi, e poi di una soltanto.
E quello che rimane è l’assoluta conferma di alcuni dei peggiori stereotipi riguardo i ragazzi e le ragazze dell’europa dell’est.
Peccato. Perché molte del lavoro fatto dalla Milos è davvero buono.
Perché è giusto puntare l’obiettivo contro quei ragazzini che formeranno la prossima classe al potere e comprendere da dove e da cosa vengono.
Perché questa generazione che vive condividendo ogni momento, ancora non è riuscito a raccontarla nessuno.
Forse perché troppo presa a raccontarsi da sola.
Stasera la rassegna continua con Tilva Ros di Lezaik (il Van Sant serbo) e proseguirà nei prossimi giorni con dei titoli decisamente interessanti. Se siete a Roma e volete un po’ di rifugio dall’estate blockbusterona dei multisala, il Summer Kino è la risposta giusta.
Tutti i film trasmessi sono in lingua originale, sottotitolata. Cominciano alle ore 22 e costano 5 iuri, quando non sono gratis.
Ecco di seguito le prossime proposte con i poster e le rispettive sinossi (per qualsiasi variazione controllate sempre la pagina fb del Kino) così potete iniziare a farvi un’idea chiara:
Sabato 13 Luglio
Tilva Ros – N.Lezaik (Serbia, 2010.99′)
“Le vite di due amici di un piccolo villaggio serbo che amano lo skateboarding. La loro amicizia sarà però scossa dalla visita di un terzo amico, emigrato in Francia. Il film è ispirato in parte alle vite dei due attori, scoperti da Lezaic attraverso i loro video, pubblicati su YouTube”. (cineuropa). Una specie di “Paranoid Park” in chiave serba. INEDITO IN ITALIA
Domenica 14 Luglio
Zero a Zero – P.Geremei (Doc, Ita. 2012. 63′)
(il regista, la sceneggiatrice e i 3 protagonisti saranno in sala)
Daniele, Marco e Andrea sono nati nel 1977. Hanno vite diverse ma un passato comune nelle squadre giovanili della AS Roma Calcio. Giocavano con Totti e Buffon, poi la vita li ha messi di fronte a delle prove che a diciassette anni non tutti sono capaci di superare. Paolo Geremei racconta con magistrale leggerezza una storia di sogni infranti e riscatti, di speranze e delusioni. Il film è fresco vincitore delBiografilm Festival, sez. Italia.
Lunedì 15 Luglio
Il Ministro – P.Scholler (Fra, 2011.112′)
Un film sulla politica, sull’esercizio del potere, sulla solitudine. Una delle sorprese della stagione cinematografica 2013, al Kino in esclusiva in versione originale sottotitolata.
Martedì 16 Luglio
Fedele alla Linea – G.Maccioni (It, 2013.74′)
(il regista sarà in sala)
Giovanni Lindo Ferretti, persona pubblica e uomo privato, negli anni disorienta fan e opinione pubblica manifestando un pensiero libero e forte, senza sottrarsi a critiche e fraintendimenti. Un dialogo intimo tra le mura di casa che ripercorre un intero arco esistenziale: dall’Appennino alla Mongolia, attraversando il successo, la malattia e lo sgretolarsi di un’ideologia…
Mercoledì 17 Luglio
Bellas Mariposas – S.Mereu (Ita, 2012.100′)
Tratto da un racconto di Sergio Atzeni, il nuovo film di Salvatore Mereu (Sonetaula, Ballo a tre passi) ci porta nell’universo di un gruppo di adolescenti alla periferia di Cagliari. Il film forma, con Springbreakers, Kilp di Maja Milos, Tilva Ros e Zero a Zero una sorta di “Indagine sulla giovinezza” che caratterizza questa prima parte di Kino estate.
Giovedì 18 Luglio
La Leggenda di Kaspar Hauser – D.Manuli (Ita, 2012.85′)
(il regista sarà in sala)
“Manuli prosegue il discorso cominciato con “Beket” e vede accogliere e poi uccidere il suo Godot. In un teatro dell’assurdo frammentato, in un western alieno in vignette: tra macerie di Bene e Pasolini, tra body art e musica techno (Vitalic), monologhi letterari (di Genna)…” (Da Filmtv.it)
Venerdì 19 Luglio
Pussy Riot: A Punk Prayer – M.Lerner/M.Pozdorovkin (Doc, Usa.2013.88′)
in collaborazione con Feltrinelli Real Cinema
Un video strano e confuso appare su Internet. Quattro donne con indosso dei passamontagna colorati interpretano con foga un brano punk, denso di politica e collera. Il bersaglio della loro musica è l’ onnipotente Vladimir Putin, il luogo che hanno scelto per esibirsi è la chiesa più importante di Mosca. Finiranno processate e incarcerate. Questo documentario ci racconta al loro storia. INEDITO IN ITALIA
Sabato 20 Luglio
Vincent Paterson – ad un passo dalle stelle – K.Grunditz (Doc, Sve.2013.58′)
Vita del grande coreografo V.Paterson. Questo eccezionale documentario racconta la carriera di un genio che ha cambiato il concetto stesso di coreografia, lavorando con Madonna e Michael Jackson, inventando Viva Elvis del Cirque du Soleil e portando Dancer in the Dark di Lars Von Trier alla Palma d’oro a Cannes. INEDITO IN ITALIA
Domenica 21 Luglio
KinoKlassic: Bringing Up Baby (Susanna) – H.Hawks (Usa, 1938.102′)
Un paleontologo imbranato che sta per sposarsi (Cary Grant), una ricca ereditiera un po matta (Katharine Hepburn), un cucciolo di leopardo, e il genio di Howard Hawks. Per qualcuno è la migliore commedia mai scritta, per l’American Film Institute è alla posizione 88 tra i migliori film della storia del cinema. Da vedere, e rivedere, all’infinito…
Sugar man – M.Bendjelloul (Doc, Usa 2012.86′)
Sixto Rodriguez è un ex cantante che lavora come operaio edile. Dopo quasi trent’ anni una telefonata dal Sudafrica cambia all’improvviso la sua vita. Sixto scopre che le sue canzoni sono state il simbolo della lotta all’Apartheid e che il suo nome è entrato nella storia della musica in quel lontano paese. Sugar Man è il racconto di questa vicenda straordinaria.Premio Oscar 2013 miglior Documentario
(il regista sarà in sala)
Terzo film di T.D’Angelo, “è un noir giocato sulle ambiguità di una donna e il suo devastante ingresso in una piccola comunità e nella relazione di amicizia di due uomini, un melodramma domestico di matrice chabroliana nel quale frustrazione sessuale e desiderio si offrono come il collante di un consenso sociale che trascolora senza difficoltà in omertà e violenza.” (da Filmtv.it)
Venerdì 26 Luglio
La Terre Outragèe – M.Boganin (Fra, 2011.108′)
Siamo a Pripyat, in Ucraina, è il 25 aprile del 1986. Un’esplosione nella vicina centrale nucleare di Chernobyl seguito da violenti acquazzoni scuote la comunità che, ignara dei pericoli, viene sfollata solo quattro giorni dopo. Dieci anni dopo, in uno scenario apocalittico, Anya ritorna in quei luoghi deserti come accompagnatrice di visite guidate… INEDITO IN ITALIA
Anonymous-L’esercito degli Hacktivisti – B.Knappenbergen (Doc,Usa,2012.93′)
Wkileaks, la primavera araba, la lotta contro scientology, i meme di internet, la maschera di Guy Fawkes, gli attacchi alla sicurezza di Sony e Mastercard e molto altro, sono le parti più in vista di Anonymous, un movimento nato in rete da un collettivo che era solito immettere online scherzi e battute, ma che si è reso conto di avere un potere e di volerlo usare per protestare.
Domenica 28 Luglio
KinoKlassic. Trouble In Paradise (Mancia Competente) – E.Lubitsch (Usa, 1932.83′)
L’irresistibile storia d’amore tra due ladri di professione. Scritta da Lubitsch con il grande Sam Raphelson, apre il decennio d’oro del regista tedesco, che si concluderà 10 anni dopo con ‘To Be or not to Be’ (Vogliamo Vivere!
Lunedì 29 Luglio
Il sole Nel Piatto – A.Postiglione (Doc, Ita. 2012.60′)
Alfonso Postiglione ci porta nel cuore della tradizione e della cultura della pizza napoletana. Uno dei protagonisti del documentario, il grande pizzaiolo Enzo Coccia (La Notizia, Na), sarà al Kino Bistrot, che per l’occasione si trasformerà in una delle migliori pizzerie d’Italia…
Martedì 30 Luglio
Omaggio a Nicola Rondolino. Tre Punto Sei – N.Rondolino (Ita, 2003.87′)
Poco più di un mese fa è venuto a mancare Nicola Rondolino, critico e regista. Il Kino lo ricorda proiettando ‘Tre punto sei’, un noir ambientato a San Salvario, a Torino. Salvo e Dante sono amici dall’infanzia. Uniti come fratelli, il destino li dispone apparentemente su fronti contrapposti: Salvo è un poliziotto corrotto e Dante un malavitoso…
INGRESSO GRATUITO
Sonorizzazione dal vivo: L’Atalante – J.Vigo (Fra, 1934.85′) con L.Cesari e D.Pozzovio
Leonardo Cesari e Daniele Pozzovio tornano al Kino estate per sonorizzare il cinema muto. Questa volta si cimentano con ‘L’Atalante’, il capolavoro di Jean Vigo.
Farò di tutto per vederne il più possibile.
Se passate, si vede lì.
Pacific Rim: la recensione OBIETTIVA!
Nacqui quando trasmisero per la prima volta in Italia Atlas Ufo Robot.
Per gli amici Goldrake.
Che io fossi minuscolo per capirlo, poco conta, c’era mia madre che si sparava ogni puntata al posto mio passandomi tutte le informazioni di cui avevo bisogno, via tetta.
Un metodo formidabile e sottovalutato, che andrebbe messo al servizio del cittadino per uscire dai cinema soddisfatti anche se si è appena visto Man Of Steel.
E un modo formidabile anche per passarmi un imprinting che m’ha accompagnato almeno fino ai sedici anni.
Dopodiché, l’arrivo della new wave e del post-punk nella mia vita, decisero che dovevo abiurare all’infanzia, dire addio a Mazinga, Daitarn III, Gundam e agli altri robottoni e che, al massimo, potevo portare con me Megaloman e Evangelion.
Ma solo gli episodi tristi e senza animazioni.
Tutto questo prologo per dirvi che sì, dall’alto dei miei trentatre anni, io nei riguardi di Pacific Rim, sono pura carne di target.
E’ un film pensato per sconvolgere quelli della mia generazione.
Affidato a un regista che sa parlare a quelli della mia generazione.
Che mette in scena esattamente ciò che faceva sognare la mia generazione quando, per sognare, ci bastavano delle animazioni a 12 fotogrammi al secondo (se eravamo fortunati) e un doppiaggio privo di senso.
Per questo, all’uscita del primo trailer di Pacific Rim per reazione mi sono spaccato a metà.
Mauro Alpha l’ottimista, ha iniziato a gridare come una donnetta ripetendo il mantra DelToromostronirobot! DelToromostronirobot! DelToromostronirobot!, ha cercato più informazioni possibili, ha scaricato tutti i design di Guy Davis, ha gioito per ogni featurette e ad ogni trailer diventava più esaltato.
Mauro Omega, disincantato conoscitore del nostro tempo, ha fatto spallucce, dichiarato tra sé e sé “E pure Del Toro, se lo semo giocato,” e indossata la felpa nera col cappuccio e il passamontagna, ha continuato a lanciare film di Amir Naderi contro l’insegna di Hollywood.
A fatica sono riuscito a farli venire entrambi al cinema con me.
Gli ho ordinato di sedersi ai lati estremi della sala ma non hanno voluto sentire ragioni e si sono seduti al mio fianco. Uno a destra, l’altro a sinistra.
Mauro Alpha legato come Hannibal e con la stessa museruola contieni entusiasmo.
Mauro Omega con quegli aggeggi negli occhi che infilano pure ad Alex di Arancia Meccanica, per costringerlo a non perdersi neanche un fotogramma.
Il film è finito dopo centodieci minuti e già solo per il fatto che la durata sia inferiore alle due ore, Pacific Rim merita se non l’oscar, quantomeno la stima incondizionata di tutti.
Grazie Del Toro per non averci sequestrati in sala come hanno fatto tutti i blockbuster da due anni a questa parte. Grazie davvero.
E se lo senti, di’ a Verbinsky che a me la sindrome di Stoccolma non mi sfiora neanche lontanamente e se lo incrocio per strada lo gonfio.
Ma torniamo a noi.
Com’è Pacific Rim?
Merita? Non merita? Ci sono davvero i combattimenti dei mostroni contro i robot giganti? Distrugge d’un colpo il nostro fanciullino interiore banalizzando la nostra infanzia? E’ il nuovo Star Wars?
Buoni.
Facendo una media ponderata tra le opinioni di Mauro Alpha e Mauro Omega ho tutte le risposte alle vostre domande, quindi iniziamo dalla più importante e senza sbilanciarmi né da una parte, né dall’altra, dichiaro senza tema di smentita che:
PACIFIC RIM E’ UNA FIGATA ASSOLUTA.
Ci sono i robot e sono maestosi. Ci sono i mostri e sono spaventosi. Ci sono i combattimenti e sono credibilissimi, coinvolgenti e soprattutto: chiarissimi (Michael Bay, suca. Infinitamente suca).
C’è una storia ben raccontata e che non contempla momenti di noia né voragini di trama.
Ci sono dei personaggi simpatici e divertenti (voglio immediatamente lo spin off coi russi).
Ci sono degli effetti visivi (in cgi e non) tra i più efficaci che abbia mai visto al cinema. C’è una stereoscopia semplicemente perfetta.
Una palette cromatica che parte da Blade Runner e gioca con l’ultimo trentennio di toni saturi coniugando videoclip e deviantart. C’è un uso intelligente di tutta la fantascienza cinematografica degli ultimi anni: dal found footage sporco di Blomkamp a quello cool di Reeves & Abrams passando per la nitida brillantezza dei cinecomix e la matericità di Cameron.
E sfido chiunque a non farsi cadere la mascella dalla meraviglia di fronte alla capacità di racconto e messa in scena dei primi venti minuti che fungono da prologo all’intera vicenda.
Se volete andare al cinema per vedere dei giganteschi robot (e considerate che il formato del film non è in cinemascope proprio per permettere a Del Toro di farveli vedere più grandi possibili) che combattono contro dei mostri giganteschi esattamente come nei cartoni animati che vedevate da piccoli: sì, Pacific Rim è il film che fa per voi.
E quindi, siamo davanti a un capolavoro?
No.
Perché il punto davvero debole di Pacific Rim è che non c’è nulla oltre ciò che già conoscete o che possiate immaginare o sperare di trovare.
I personaggi sono (consapevolmente, va riconosciuto a Del Toro e Travis Beacham che ha scritto la sceneggiatura con lui) una serie di stereotipi e nulla più di quello.
Ma stereotipi al punto che se mai ci fosse stato un Jaeger italiano sarebbe stato guidato tenendo un mandolino con la mano destra e stringendo, nella sinistra, una mozzarella di bufala.
Scordatevi di vedere dei mostroni dal design strambo o inedito.
Nessun delirio pop, solo il classico crostacione antropomorfo che va bene per tutte le stagioni, declinato in salsette leggermente diverse l’una dall’altra.
Per carità, belli (e lode e gloria a Del Toro per aver avuto il coraggio di mostrare il parto più bizzarro della storia del cinema) ma niente che non sia esattamente quello che ci si aspetta.
Scordatevi anche di trovare un nuovo Ian Solo, un nuovo Darth Vader, un nuovo Joda ma anche semplicemente un nuovo Skywalker o una nuova Leila (ripeto: più russi!).
Il livello della scrittura, allo stesso modo, si assesta sulla stessa linea della caratterizzazione dei personaggi e non regala nulla di più allo spettatore.
Scordatevi, quindi, anche quel piano che prosegue parallelo in tutte le opere di ingegno che travalicano il loro tempo.
Il sottotesto di liberazione femminile in Alien, l’aspetto religioso e motivazionale di Star Wars, la perdita d’identità dell’uomo di Blade Runner, ma anche il corpo inteso come mondo da esplorare di Avatar.
Scordate qualsiasi tipo di seconda lettura che non sia quella che vi viene sbattuta in faccia a suon di cazzottoni.
E questo è il vero limite di questa pellicola.
Quello che non le permetterà di diventare un nuovo classico ma solo (e non è poco, intendiamoci) un buon film caciarone e divertente.
Perché quello che davvero emoziona di Pacific Rim è solo legato all’aspetto visivo, ma così come abbiamo già del tutto dimenticato (con una impressionante velocità) Avatar e tutte le sue innovazioni visive, ben presto ci scorderemo anche di questi robottoni e del culo che si sono fatti per salvare la terra dall’attacco dei Kaijiu.
Detto ciò: corro a vederlo per la terza volta, che il bello delle giostre è che non vedi l’ora di risalirci.
Stellette? 7 su 10
La Pixar ha qualcosa da dirvi. Ascoltatela.
Che abbiate quattordici anni e siate spaventati, ascoltate queste parole.
Che ne abbiate il doppio e siate spaventati, ascoltate queste parole.
Non siete sbagliati.
Andate bene come siete.
Eccetto se siete stronzi.
In quel caso non andate bene.
Ma se siete fortunati, la vita si prenderà sufficiente cura di voi da farvi capire che essere stronzi non aiuta poi molto.
Se invece avete la sfortuna di essere omofobi, ringraziate.
Ascoltando queste parole potreste iniziare a smuovere un po’ gli arrugginiti ingranaggi del vostro cervello.
Non è mai troppo tardi, per crescere.
Attivate i sottotitoli italiani, e buona visione.
Dimentichiamoci.
Sei anni fa, insieme a un gruppo d’amici, girai il booktrailer di Mani Nude, il libro di Paola Barbato che le fece aggiudicare lo Scerbanenco.
Quel giorno venne a trovarci sul set Giacomo Bevilacqua.
Doveva andare in posta e aveva pensato di potersi permettere una deviazione di una decina di minuti per passare a salutarci.
Quello che non sapeva è che, ricordandomi del suo fisico tatuato, lo feci spogliare, riempire di sangue finto e lo buttai nella mischia a farsi ammazzare – letteralmente – dagli altri attori.
Non la prese malissimo.
Ma se ne andò da lì con una promessa: che presto o tardi gli avrei restituito il favore.
Il videoclip di “Dimentichiamoci” nasce da una telefonata di Giacomo in cui mi chiede se voglio lavorare su un’idea che gli rimbalza in testa da un po’. L’idea di fondere fumetti e musica, autori e personaggi, intrecciandoli in quella che è, a tutti gli effetti, una storia d’amore impossibile.
Il tutto sulle note del più recente singolo dell’amico Tony Bungaro (in questo caso accompagnato dalla splendida voce di Paola Cortellesi).
Il tempo di coinvolgere la solida e rodata mini troupe composta da Sammy Paravan, Pasquale Ramia, Raffaele Rainwiz e Uzzeo Sr (presenze insostituibili e garanti di riuscita in qualsiasi condizione) più una manciata di altri amici arruolati per l’occasione, ed eccoci pronti a girare.
Le riprese sono durante un giorno e la mattina successiva. La pioggia non c’ha dato tregua, il vento c’ha sottoposto a continui atti di bullismo e i faretti esplodevano come a capodanno, ma ci siamo divertiti lo stesso.
Il frutto di questo lavoro è tutto racchiuso in questi tre minuti e cinquantacinque secondi.
Eccolo qui, spero vi piaccia:
E’ una cosa piccola ma fatta con passione e voglia di fare bene.
Lo trovate in questi giorni in anteprima esclusiva per il sito di XL-Repubblica accompagnato da un bell’articolo che lo riguarda e che potete leggere cliccando QUI.
Qui sotto invece trovate un po’ di backstage riassunto nelle foto di Stefano La Ferla, (quelle belle – che quelle brutte sono colpa del mio cellulare) e i miei grazie.
Grazie alle comparse che hanno pazientato e pazientato e pazientato e pazientato senza iniziare a spaccare i mobili di casa.
A Donatella e Marco che c’hanno dato quella casa con i mobili rimasti fortunatamente illesi e che si sono sposati subito dopo.
A Raffaele, Gabri e Ester che hanno certificato il bollino di qualità su tutta l’operazione.
(“Pioggia, pioggia, maledetta pioggia. Magnamose ‘na pizzetta, va’!”)
Grazie a mio padre che ha macinato chilometri reperendo tutto ciò che serviva.
A Martina che ha mandato in scena la superpanza riuscendo a celarla.
A Greta, Francesco e Eleonora che hanno dato il migliore dei volti ai loro personaggi.
(“Come creare un carrello fluido e leggero senza l’ausilio dei binari? E che ci vuole? Eccolo!”)
Grazie a Serena che c’ha dato le sue mattine e a Nuccio che c’ha dato le sue notti.
A Giacomo che ha recitato, disegnato, animato, chiamato, cercato, voluto e pensato.
A Pierre che ha prodotto e supervisionato il tutto.
A Tony da cui tutto è partito e tutto è tornato.
E a Stefano, appunto, che ci ha dato queste immagini e che ci saluta così.
Click!
Meme si addormenta sempre.
Meme è la mia compagna di viaggio.
La migliore che si possa desiderare.
Meme è quella che è pronta a partire inserendo nello zaino le prime tre cose che le vengono in mente, perché tanto solo quelle sono davvero importanti.
E’ quella che assaggia le salsette prima di me.
E’ quella che sfugge l’ovvio e cerca l’ingresso delle case più nascoste per capire come si possa vivere proprio lì.
E’ quella che crede nel Fluidismo, e nella sacra trinità composta da Rispetto, Curiosità e Gioco.
E’ quella che impara a contare in messico, a guidare il kayak ad Halong Bay, a viaggiare nel tempo ballando Miss Kittin a Noto, a barricarsi con me in una stanza di Londra, a dormire in tenda al lido di Venezia mentre imperversa la tempesta, a regalare le patatine ai bambini dei villaggi cambogiani e a fare aeorbica guidata da un trans in una piazza gigante di Bangkok.
E’ quella che vedo sorridere da quando apro gli occhi a quando li richiudo, quella che mi sorprende ogni giorno e che ogni giorno rinasce.
E’ quella che mentre non mi accorgo di perdere tempo ha già fatto tutto quello che serviva.
E’ quella che vive in un piano spostato di questa realtà dove tutto avviene più velocemente e non esiste la paura.
Ed è anche quella che quando meno me lo aspetto, si addormenta.
Si addormenta di pomeriggio.
Si addormenta di giorno.
Si addormenta seduta.
Si addormenta mentre le parlo e le racconto una storia.
Lei che non ha mai sonno si addormenta davanti ai miei occhi e a me non resta altro che guardarla in silenzio, stenderle una coperta addosso e sentirmi importante.
Perché se Meme dorme sempre vuol dire che si sente al sicuro.
Perché se Meme dorme sempre vuol dire che presto saremo in tre.
Saremo. In. Tre.
E anche io, che di matematica non c’ho mai capito nulla, l’ho sempre saputo che uno più uno non poteva dare altro che tre.
Passerà l’estate, passerà l’autunno, e tu addormentati quante volte vuoi. Io sarò sempre lì accanto.
A metterti una coperta sulle spalle. A scrivere. A leggere Zagor.
Ad essere il tuo compagno di viaggio.
Il migliore che tu possa desiderare.
“Sarà un uomo.
E la dance che ci fa adesso ballare
sarà un rumore lontano.”