…and don’t forget to share!

4 agosto 2010 da Mauro

Ok, finora ho celato la scimmia.
E ancora non mi capacito del perché abbiano scelto “I mercenari” come titolo italiano (Tito concordo con te).

Però QUESTO è veramente divertente.

Andate e cliccatene tutti. Ah, non dovrete premere play che fa tutto da solo né tantomeno perdervi i commenti!

Buona visione!

E questa notevole clip, così come tutto questo post, è dedicata a Giò Rrobe e a Raffo:


The Expendables Exclusive Clip in HD

Trailer Park Movies | MySpace Video

John Doe nuova serie n. 3

Mauro Uzzeo & Luca Maresca

In rigoroso ordine alfabetico avrete a che fare con:

Apostoli
Ateismo
Battaglia per la terra
Blues Brothers
Casting cinematografici
Central park
Chateau Latour del 1964
Chloe o’ brian
Dinosauri
Dragonball
Dylan dog
Fondamentalisti cattolici
Gesù
Il graal
I Griffin
John Travolta
Michael Bay
Stand up comedy
Videogiochi su e con Dio

E questo solo nelle prime 15 pagine.
Il tutto, ovviamente con la benedizione dei sommi Bartoli & Recchioni e dietro una sfavillante copertina di Mastro Decu.

Scritto in john doe | 7 commenti »

Il padre e il giovane cantante.

31 luglio 2010 da Mauro

Il padre è uno di quelli in pensione troppo presto.
Di quelli che: o in quel momento oppure dieci anni dopo.
Di quelli che hanno cominciato così giovani che 35 anni di onorato servizio sono arrivati prima dei capelli bianchi.

E quindi il padre è uno di quelli che cerca un lavoro da pensionato.

E i lavori da pensionato sono tipo sei, ma se togli quelli che pesano sulla schiena si riducono ad uno: recupero crediti.

E il padre non si trova bene nel vestito di quello che telefona a chi è vestito da quello che non vuole rispondere.

Ma come altri è lì dentro principalmente per recuperare credito verso sé stesso, per quanto nessuno sia mai andato a battere cassa.
Per quanto non ci sia realmente nessun debito.

E gli altri intorno a lui sono più vecchi e più giovani, più ricchi e più poveri, più socievoli e meno. Sempre più o meno, mai come lui.
O perlomeno, così se la vive.
“No, ma quelli sono ragazzi come te!”
“No, ma ci sono certi che li vedi e dici proprio ma a st’età come ti va ancora di correre dietro a chi ti corre più veloce?

Scambia due parole solo con quello col cappello in testa e che sta sul cazzo a molti proprio per via di quel cappello in testa per cui sta sul cazzo a molti.
Quello sempre senza una lira, che non è che faccia chissà quante cose, che non è che veda chissà quanta gente, ma che suona la chitarra e canta.

Quello che Bocca di Rosa eseguita da Beppe Barra non l’aveva mai sentita e che ora se la mastica tra le labbra come il nome che darebbe a sua figlia.

E il padre gli parla del suo di figlio che ha la sua stessa età e che ascolta la sua stessa musica e forse un po’ ce lo rivede nella testa dura e nella supponenza di chi, comunque vada, proseguirà per la sua strada.
Sempre col cappello in testa.

E il cantante dice spesso la sua e poi lo saluta, con Gabriella Ferri a fargli da corista e una tradizione cantautorale pronta a dargli il suo benestare.

E il padre chiama il figlio, che è uscito il primo cd di quel suo amico che ora non lavora più con lui, gli dice di ascoltarlo, che è simpatico e il padre dice “simpatico” quando intende interessante, particolare, con delle note di qualcosa che gli piace.
Il figlio non lo fa perché è uno di quelli da secondo album e poi recupero il primo.
Non come atteggiamento premeditato ma come dato di fatto.
Accade così. Così è la vita.

Così come deve ricordarglielo, oggi alle 15, “ti sei ricordato?” comincia così, “ti sei ricordato di prendere i biglietti per il concerto di stasera?”
No che non s’è ricordato il figlio, perché ha la ram piena ma anche le gambe lunghe e quindi rimedia.

Parterre centrale. Culo.
Pioggia come iddio non la manda da mesi. Sfiga.

Si meraviglia il padre di tutta quella gente all’auditorium. Tutta quella gente per ascoltare l’amico suo. Sorride e dice cazzo come lo dicono gli abbruzzesi contenti.

E cerca tra la folla qualcuno degli ex colleghi, magari venuto per sentire l’amico, ma non ne trova. Invidiosi forse, brutta l’invidia.

Un’ora passa e la pioggia no, concerto annullato.

La gente s’indispone.

Il giovane cantante allora s’affaccia, dice che vorrebbe solo bestemmiare ma che almeno i fulmini cadono anche a San Pietro, parla di rimborsi, di replica a settembre e ringrazia tutti i presenti invitandoli a posizionarsi lungo il colonnato dell’auditorium perchè eseguirà, accompagnato dal suo gruppo, alcune canzoni in versione acustica, per scusarsi e starci vicino.

La gente si dispone.

Escono per prime le trombe, poi le percussioni e infine lui, tra damigelle di servizio d’ordine che allontanano gli astanti ma non troppo.
Le mani applaudono, il padre sorride e dice “Guarda quant’è forte!” e il giovane cantante lo vede e si toglie la chitarra, evita le damigelle e lo abbraccia.

Il figlio sente solo dire:

“Alessà, ce la stai facendo, sono proprio contento!”
“Giusè, che bello che sei passato!”

Poi si separano, la musica continua, la gente canta e il figlio non sente più niente, ché il concerto è iniziato diecimila anni fa e non finirà prima di domani.

Irina Vs Ghinzu

30 luglio 2010 da Mauro

Irina Palm è una delicata e agrodolce commedia neorealista.
Irina Palm è l’alter ego interpretato da Maggie per raggiungere la felicità, che non consiste nel masturbare tutta Soho, né nell’accumulare 900 sterline a settimana o nel trovare l’uomo della sua vita, ma nell’avere la possibilità di contribuire alla guarigione del nipote.
Irina Palm non dovrebbe essere Maggie e Maggie dovrebbe separarsi da Irina, ma per Maggie questo non è possibile perché è fiera di quello che è riuscita ad essere.
E’ fiera perché è nel gretto che ha trovato il sole ed è dal sole (il sorridente vicinato) che vuole allontanare il gretto.
Irina Palm è interpretata da Maggie che è a sua volta interpretata da una Marianne Faithfull sussurrata, in punta di piedi, a dispetto del suo aspetto fisico: leggera.

In Irina Palm, Miki Manojlovic interpreta il buio e la luce con l’onestà di chi nella vita è sia l’uno che l’altro.
In Irina Palm, Cristophe Beaucarne colora la scena colpendo gli occhi solo per arrivare a tutti gli altri sensi. Fino a farti respirare Londra e il suo hinterland.
In Irina Palm, Philippe Blasband e Martin Herron raccontano la favola del sacrificio e della scoperta giocando con il pudore e la sua assenza.
In Irina Palm, Sam Garbarski parla d’amore e di rivincita senza mai dirlo, limitandosi a mostrarlo, giocando in equilibrio col dolce e l’amaro.

In Irina Palm, i Ghinzu ROMPONO IL CAZZO PER UN’ORA E MEZZA con una colonna sonora rappresentata da un unico giro d’accordi reiterato per tutto il film – con delle rigeneranti pause di 3, 4 minuti che servono soltanto ad illuderci che qualcosa cambierà – senza che ciò avvenga.

Questo il pezzo:

Neanche male, per carità, ma il problema non è soltanto che di quei 5 minuti vengano sempre inseriti gli stessi 20 secondi, quanto il fatto che l’epica drammaticità del brano quasi mai si sposa con i toni agrodolci del film. La cinica leggerezza del mostrato non è aiutata da una colonna sonora che stravolge, appesantendo, quello che invece dovrebbe volare leggero.

Negli extra però arriva la spiegazione per voce dello stesso regista: il leader dei Ghinzu si trombava sua figlia.
Ipotizzo, quindi, che lei fosse un cesso e in qualche modo papà dovesse ricambiare il favore.

Detto ciò, mi chiedo: quali altri film sono stati dilaniati da una colonna sonora inadatta?
A voi ne viene in mente qualcuno?

Ah. Stellette? 7 su 10

Subito dopo l’ultimo.

22 luglio 2010 da Mauro

Si dice che chiunque stia per morire lo sappia.
Si dice che chiunque stia per morire non ne abbia la minima idea al punto di fare ancora progetti per il giorno dopo.
Si dice che si muore serenamente.
Si dice che si muore soli.

Per quanto mi riguarda spero in una sola cosa:

schiattare dopo tutti voi che in un modo o nell’altro siete legati a me.

So di potermi caricare sulla schiena la sopportazione di un dolore grande, ma l’idea di esserne la fonte e non poter fare niente per affievolirlo è l’unica cosa che mi toglie l’aria di notte.
E anche adesso che lo scrivo.

Balliamo:

Joey Ramone – What a wonderful world

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Finché gliela fa Giulio Cesare…

21 luglio 2010 da Mauro

La giornata è iniziata bene.
Vediamo come prosegue.

‘ché tanto al mare ancora non li hanno messi i metal detector.

Sky tg 24 va ad Ostia ad intervistare i bagnanti… e qualcuno (a cui va la mia sempiterna stima) sottotitola.

Massimo rispetto anche per “St’affà ‘a colla!” che rivaleggia con l’Antico Caseificio Mutande di Raffaele, ma non servirà comunque a salvarle da quell’unico colpo secco che meritano proprio sotto la nuca.
Da distanza ravvicinata.

Buone vacanze, a chi va e a chi resta.

Brunori Sas Vs. Dente – Recensione.

19 luglio 2010 da Mauro

Per quest’estenuanti (suona bene! Provate a ripetervelo: QuEST’ESTenUANTi) domeniche di Luglio, al Circolo degli Artisti hanno deciso di fare le cose a modino proponendo le “Sunset Sessions”, esibizioni live a ingresso libero in cui sei tu a decidere quanto pagare, al calar del sole, comodamente adagiati sulle sedie a sdraio o stesi sul prato del grande giardino del locale romano.

In collaborazione con Fandango Web Radio, il piatto forte di questa domenica era l’incontro/scontro tra Brunori Sas (clickando leggerete una bella intervista realizzata dall’immenso Paolo Bassotti – Ciao Paolo!) e Dente.

Tocca al secondo aprire le danze con un trittico che non lascia dubbi sulle sue qualità compositive: “Canzone di non amore“, “Vieni a vivere” e “Buon appetito“.
Il nugolo di groupie che nell’ultimo mese aveva disertato cerette ed estetiste, può finalmente ricoprire l’artista parmigiano di peli pubici in segno di ringraziamento per la sua musica appena pizzicata e la voce bassa di chi sta parlando con sincerità.
Al suo terzo album, Dente, uomo copertina dell’anno (anche di Top Girl, come lui stesso ricorda dal palco), ha ampliamente dimostrato che i paragoni con i massimi esponenti del cantautorato pop italiano non erano affatto esagerati e la sua personale proposta da Battisti stralunato è una ventata d’aria fresca che solamente dal vivo annulla quel leggero distacco cerebrale che si avvisa con l’ascolto su cd.
Dente dal vivo taglia le distanze, scherza, gioca anche con quello che è ormai a tutti gli effetti il suo personaggio.

Il sole è appena calato dietro agli alberi del Circolo quando Brunori smette di cantare le canzoni di Dente da sotto il palco e lo raggiunge per duettare.
Cosentino, con un passato nei Blume, Dario Brunori arriva al suo esordio solista con l’album Vol.1 e s’accaparra subito il premio Ciampi 2009 per il miglior esordio dell’anno.
A metà strada tra un Gaetano barcarolo e un De Gregori rasserenato, coinvolge il pubblico evocando, con spensierata malinconia, le personali madeleine anni ’80 di ognuno degli astanti.

I due, alle chitarre, si esibiscono in una quarantina di minuti di scambi, battute, frecciatine e cazzeggio quasi da far apparire semplice tutto il lavoro di riarrangiamento sui brani che propongono (“C’ho un’ansia terribile”, dirà Brunori scherzando, “Ma non per le canzoni… più che altro per le battute da dire tra un pezzo e l’altro!”).
Il pubblico ride di gusto e ricambia cantando in un unico coro, tra le altre,  “Italian Dandy“, “A me piace lei“, “Paolo” e soprattutto “Guardia ’82” che per reazione e impatto emotivo è già un piccolo classico.
Il feeling tra i due artisti è notevole e si arriva a sperare che le numerose videocamere ufficiali servano per realizzare un dvd dell’evento.

Dente a questo punto lascia il palco e tocca a Brunori gestire gli applausi presentando il resto del suo repertorio fino al gran finale, con la coppia nuovamente riunita, alle prese con un Disperato Erotico Stomp da antologia.

I due lasciano il palco abbracciati e divertiti, coscienti di aver passato e fatto passare una serata divertente e leggera, senza mai prendersi sul serio e col massimo rispetto nei confronti di un pubblico che ha già smesso, a differenza della stampa specializzata, di ritenerli “solo” delle promesse.

Eccovi, come al solito, la scaletta dell’evento:

Una ripresa da orrido cellulare che servirà semplicemente a farmi ricordare il momento che ho preferito:

Due loro pezzi che vi farei sentire di persona se foste qui accanto a me:

E la dimostrazione che i fumettisti non smettono mai di lavorare, vero Leomacs e Rrobe?

Stellette? 8 su 10

Nei panni dell’allenatore.

17 luglio 2010 da Mauro

Aspetto che la temperatura tocchi i 35° e salgo a stendere i panni.

Bestemmio con la porta della terrazzona del palazzo di fronte che non si apre ed esco su quella che è l’infuocata location di un set di Leone.
Ci troviamo in un qualche sperduto pueblo messico/spagnolo e io ho una missione da compiere.

Canticchio Sexy Sadie e inizio a fare il mio sporco lavoro stando ben attento a non usare una sola delle mie orribili mollette-a-un-euro-il-pacco (comprate da Alessandra al solito cinese che, a tre euro, ti rimedia pure il Graal), e a farmi bastare quelle già impiccate ai fili.
Sono fortunato, il caldino ha fatto si che fossi il primo a decidere di mettere il naso fuori dal refrigerato fortino che chiamiamo casa e quindi tutto lo spazio è mio.

Fino ad ora.

“Salve!”

Dall’altra capo del filo c’è lei, la mia rivale.
Accento spagnolo d’ordinanza. Chiaramente Manola. O RamonA.
Mi guarda con la mano pronta a prendere più filo di me, più mollette di me, più spazio di me.

“Salve.” Rispondo senza punto esclamativo.

“QueCaldo, eh!” Dice ella ricercante contatto.
Non mi fotti.

“Già”. Le faccio (sempre senza punto esclamativo).

E mentre appendo alla velocità della luce, compio il movimento rituale di ricognizione, stendimento, molletta, filo, maglia, molletta, spazio, filo, pantalone, molletta, spazio, filo, mutanda, molletta.

Prima di lei, che non si capisca che le gocce sono di nervoso e non di sudore.

“Calciatore?”
Cinguetta lei guardando l’ 1 dietro la mia maglietta di Ichi the Killer.
Il clima, unito alla vittoria dei mondiali deve aver ridotto al minimo le sue funzioni neurali.
Mi guardo la panza facendomi notare e indosso una faccia che sta a metà tra Clint Eastwood e Diergo Armando.

“Non più. Ormai alleno e basta.”

Lei mi sorride come a dire di non arrendermi, che la felicità è ancora a portata di mano.

Con una punta di costruita malinconia torno ad appendere i vestiti.  La sento sorridere.

“Hihihihi…. Sei sposato? Convivi?”

chiede rivolta all’allenatore stanco con in mano un mini perizoma merlettato.
Guardo il sole e capisco che è il momento giusto, metto l’ultima molletta.

“No. Sono single.”

Con un tono così sincero che alla voce “verità” di wikipedia hanno dovuto aggiornare la pagina.

Dico buona giornata e vado via senza voltarmi per non rischiare di diventare di sale.
E lascio Manola (o Ramona) a farsi domande e a condividere i segreti più nascosti di questo suo misterioso condomino, ex calciatore – ora allenatore – che nel buio della sua intimità ama indossare perizomi (e magliettine, chiaramente) di una decina di taglie più piccole del suo vistoso culo.

Ne potrebbe uscire un personaggio interessante, ci lavorerò su.
Devo solo trovargli un nome adatto.

Scritto in me, mondo | 9 commenti »

No, niente. Solo questo.

E si, più della Ventura.
Molto di più.

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