Le parole sono importanti!!!

17 settembre 2010 da Mauro

Da Repubblica:

“Ibiza, giovane italiano vittima del balconing”.

Analizziamo quel semplice testo.

Dove: Ibiza.
Chi: Giovane Italiano (categoria a cui giornalisticamente appartiene chiunque sotto i quaranta non si sia macchiato di stupro – in tal caso vedere alla voce: Giovane Rumeno).
Cosa: “vittima del balconing”.

Essendo un articolo tratto da un quotidiano, non è importante che il quando lo si deduca da quell’informazione mentre invece avrete forse notato l’orrida e allarmante assenza di un Perchè.

Il perchè non è stato inserito e al suo posto, il giornalista, ha preferito inserire prima una parolina strana: vittima, e poi un nemico: il balconing.

A-ah! Il nostro Giovane Italiano è caduto vittima dell’infame attacco del Balconing!
Povero G.I.Joe, sopraffatto da questo orrido male, da questo nemico inarrestabile.
Da questo balcone.

Ora, io lo capisco il G.I. perchè da ragazzino facevo wrestling contro i cuscini sul lettone di mia nonna e ho rischiato di morire vittima di Comodining.

Dopo un suplex che ha mandato in visibilio la folla nella mia testa, Mr Cuscino era rotolato per terra.
El Incredible Mauro gli si avventa contro ma scivola vittima di Calzining su Pavimenting e sbatte violentemente la testa contro l’infame Comodining dai pomelli appuntiti. Ahi! Ahi!

A neanche due centimetri dall’occhio sinistro, El Incredible Mauro si ritrova un bel pezzo di pomello infilato nella faccia.
Se lo toglie.
Mani in alto e piangendo dignitosamente, rallegra il dopo pranzo di tutta la famiglia che urla e rende reale la folla di prima.

In quel caso la madre di El-non più-Incredible Mauro gli insegnò, imprimendo ogni parola a suon di schiaffoni sulle bianche carni del suo culo,  che queste cose accadevano più facilmente se ci si lanciava dal letto come un bambino coglione.
Non usò esattamente questo termine ma il senso era decisamente questo.

E in quel momento El Mauro capì che non era stato vittima di Comodining ma semplicemente un bambino coglione, che se l’era vista brutta.

Rapportando il tutto al nostro G.I. non siamo davanti ad una vittima di Balconing ma ad un giovane coglione che non avrà più la possibilità di vedersela brutta.

Quindi, visto che le parole sono importanti, riportiamo le notizie per quelle che sono veramente:

Ibiza, giovane coglione vittima del suo essere tale.

E solo da qui, possiamo iniziare a parlare del caso e delle motivazioni.

Le parole sono importanti.
Le parole sono importanti!

Il “balconing”.

Ve ‘e darebbe io du’ pizze, ve ‘e darebbe!

Sulle transenne, in prima fila.

16 settembre 2010 da Mauro

Finché esisterà qualcuno che riterrà interessante la classifica dei 10 miracoli più fichi fatti da Gesù, io posso tranquillamente continuare a stilare le mie senza sentirmi troppo in colpa.

Tra quelle a cui tengo di più c’è sicuramente: “Migliore Canzone Per Prendere La Tua Donna Per I Capelli E Sbatterla Violentemente Sulle Transenne Della Prima Fila Durante Un Concerto”.

Il premio 2009 era finito dritto dritto ai Dead Weather con la sensuale e affilata 60 Feet Tall.


Il 2010 invece è già stato vinto a mani basse dalla prima traccia del nuovo album dei Grinderman dal titolo: Mickey Mouse and the Goodbye Man.


Niente e nessuno, in questi restanti tre mesi e mezzo riuscirà a tirare fuori un pezzo più viscerale, più blues, più ipnotico, più rock, più controllato, più esplosivo, più morbido, più caldo, più cosciente di questo.
Niente riuscirà a fomentare di più.
Niente farà premere “Play” così tante volte dopo averla appena ascoltata.
Niente sarà meno rassicurante della voce di Nick Cave, sempre più a suo agio in questa nuova incarnazione.

Niente farà godere di più.
Alzate il volume al massimo, funziona anche se le casse esplodono.

Il 7 ottobre si esibiranno a Roma nella purtroppo pessima cornice dell’Atlantico.
Ma poco importa, io sarò impegnato in prima fila.

[G.O.L.] Federico Rossi Edrighi.

10 settembre 2010 da Mauro

Inutile girarci troppo intorno: ho un debole per Federico.

Per TUTTO Federico.
Non solo per il disegnatore stiloso e originale che è (si, il termine stiloso lo intristirà come poche altre cose).
Non solo perché quando parla sprigiona un fiume continuo di intuizioni geniali & argute e battute fulminanti (si, le intuizioni geniali & argute lo lasceranno perplesso).
Non solo perché qualsiasi cosa decida di fare la fa meglio di chi la studia da anni per farla bene. Sia che stiamo parlando del character design per dei personaggi d’animazione, sia nel doppiaggio – in inglese – della colonna guida di un film! (Eh si, sul fatto che io abbia scritto “decida di fare” e non “sentirsi costretto a” avrebbe qualcosa da ridire!)
Non solo perché qualsiasi cosa decida di fare emani talento, un talento puro e allo stesso tempo modulato, controllato, e direzionato alla buona riuscita di qualsiasi progetto (si, ora si starà grattando il pizzetto riflettendo su “modulato e controllato”).
Non solo perché un giorno è stato Silver (shhhhhh).
Non solo perché il massimo della sua felicità lo esprime quando inarca un sopracciglio.
Non solo perché il suo punto di vista è talmente diverso dal resto del mondo da renderlo allo stesso tempo alieno e prezioso (si, qui avrà già chiuso la pagina e non saprà mai come andrà a finire questo post!)
Non solo perché è dal momento stesso in cui l’ho conosciuto (stiamo parlando di una ventina d’anni fa…) che ho creduto in lui e in quello che sarebbe riuscito a fare (ho avuto gioco facile, quelli come lui ce l’hanno scritto in faccia, nel suo caso, sul naso).
Non solo perché da quando il suo talento è stato riconosciuto da chiunque abbia avuto a che fare con lui io mi sento un po’ contento e un po’ emozionato.

Ma per ognuno di questi motivi e per tutti gli altri che mi verranno in mente nei prossimi minuti e che mi porteranno ad aggiornare costantemente questo articolo.

Non c’è un singolo aspetto di Federico che possa essere ritenuto prescindibile. Non c’è un solo aspetto per cui non valga la pena interpellarlo, e ascoltare quello che, laconicamente, avrà da dirci in merito.

E ora rifatevi gli occhi con alcune delle chicche presenti nel suo blog:

Tra cui questa, a cui sono particolarmente affezionato perché è stata realizzata per il mio compleanno e sottolinea tutto il suo amore per Zagor (che è, ricordiamolo, il miglior personaggio di sempre della storia dei fumetti)

Qui invece una serie di Thumbnails (la fase che anticipa lo storyboard in cui, per la prima volta, le idee passano dalla sceneggiatura alla carta e si iniziano ad impostare regia ed acting) per dei lungometraggi animati (tra cui l’imminente Winx 2) in cui Federico dimostra la sua capacità di dare vita alle cose con pochi e semplici segni.

Qualche disegnino extra, cavato fuori dalla notte dei tempi, per omaggio a quello che è stato e quello che sarà.

e per chiudere, IN ANTEPRIMA ASSOLUTA, eccovi

DANIELA

la protagonista della graphic novel che Federico ed io stiamo realizzando, con i colori di Annalisa Leoni, per quei bravi ragazzi della Tunuè.
Io già la amo.

Questo, e molto altro, è Federico.
Ora fatevi avanti, coinvolgetelo nei vostri progetti, fate finta che sia vostro amico da anni e che gli volete più bene di quanto ne volete a me.
Ho le spalle grosse, sopravviverò.
Odiandovi.

OSTAGGIsti.

7 settembre 2010 da Mauro

Qualche post fa parlavo di cosa può accadere quando si tengono dei corsi pomeridiani ai bambini delle medie.
Per quello che succede invece quando la classe è composta da trentenni, bisogna arrivarci preparati.

Aldilà delle lezioni fatte alla Scuola Internazionale dei Comics di Roma e gli interventi nelle università, m’è capitato d’insegnare in due occasioni, entrambe per corsi gestiti dalla comunità europea.

Il primo fu un corso di Cartoon Expert che ho avuto la fortuna di gestire in coppia con Luca Raffaelli.
Il secondo, un corso di narrazione crossmediale che aveva tra i docenti,  oltre al sottoscritto, quel genio di Max Giovanoli, autore dell’imprescindibile Cross-Media: le nuove narrazioni che vi consiglio di recuperare.

Se durante il primo corso avevo pochi strumenti per valutare effettivamente chi mi trovavo davanti, durante il secondo faticavo a concentrarmi sul contenuto della lezione perché ero troppo preso dal tessuto umano presente in aula.
Una ventina di ragazzi tra i 25 e i 35 anni.
Venti vite diverse davanti a me.
Venti storie, venti casini, venti vittorie, venti sconfitte, venti ricerche, venti vite come la mia.

Solo che io stavo da una parte e loro tutti dall’altra.
Questo, necessariamente, generava un conflitto iniziale.
Una distanza.
Chi è ‘sto ragazzino? Cosa pensa di poter insegnare? Chi ce l’ha messo? Ah, non è neanche laureato.

A nessuno piace sentirsi fare la lezioncina da un coetaneo, è effettivamente comprensibile.

Quindi la prima fase è cercare di sopravvivere.
Individuare i due, tre, che cercheranno di screditarti agli occhi della classe puntando sul fatto che non sei preparato quanto dovresti e metterli fuori gioco.
Solitamente non è difficile e capita spesso che lo facciano da soli (accadde durante il primo corso, con la tizia che asseriva che non era vero che inquadrare un personaggio dal basso serviva a renderlo più maestoso, inquadrarlo dall’alto più tapino, e gliel’aveva detto Kubrick in persona durante un workshop a Parigi) e comunque, l’unico modo per uscirne vivi è mostrare quello che hai fatto.
Concretamente. I tuoi lavori, la tua reel, il tuo vissuto, i tuoi contatti.

La pratica è l’unica cosa che puoi dargli che ancora non hanno.

Ma a quanto pare l’esperienza, come la depilazione pubica, è un concetto sopravvalutato.
Il secondo scoglio in cui è facile imbattersi infatti sono i teorici, i nozionistici.
Quelli che vogliono sapere come si chiama quella frazione spaziale di fotogramma tra la prima e la seconda barra laterale nel contesto dello spazio filmico.
Puntano il loro futuro sulla partecipazione a Chi vuol essere milionario, ed è inutile stargli a spiegare che se la Roma ha perso il derby, agli attrezzisti il giorno dopo rode così tanto il culo che il girato giornaliero non lo porti a casa con il nome dello spazio filmico ma col saperteli tenere buoni!

Aggiungeteci che io, di mio, ho sempre fatto a schiaffi con le nozioni (prendendocele di brutto!) e appartengo a quella tipologia artigiana cresciuta nelle botteghe di chi capiva cosa non funzionava semplicemente provandola e riprovandola.
Discepoli del metodo empirico su tutto e tutti.
Integralisti talebani dell’esperienza sul campo e nemici giurati degli alfieri teorici che spopolano in quelle ziggurat antidiluviane chiamate Università.
C’era questa mia conoscente, per l’appunto, che mi disse che era stata messa sotto contratto per scrivere un libro sui contenuti in cgi nel cinema e nella tv.
All’epoca lavoravo in Direct2Brain e avendo dalla nostra una bella manciata di videoclip e spot realizzati in  3d, la invitai in studio, convinto le potesse interessare un confronto pratico con chi queste cose le faceva tutti i giorni.
Non si presentò mai.
Il libro uscì puntuale, bello ricco di nozioni che lei aveva mutuato da altri libri letti all’università ed è attualmente utilizzato come libro di testo nelle facoltà di scienze della comunicazione.
Così è la vita diceva Vonneguth, ed io non posso che condividere.

Ma sto divagando tantissimo quindi torniamo ai trentenni che avevo davanti.
Confusi, perplessi, indecisi, anestetizzati.
Mh.
Io sapevo di voler fare questo lavoro da quando avevo 15 anni. Oggi ne ho 31 e ci campo.
Devo ringraziare solo i maestri che ho incontrato per strada e la mia testa dura che m’ha fatto rialzare tutte le volte che la sbattevo.
Mio unico talento.
Per arrivare a viverci serenamente, quindi, ho investito 15 anni.
Ok non siamo tutti uguali e non per forza bisogna avere delle turbe adolescenziali per lavorare. Giusto.

Ma com’è possibile che davanti a me ci fossero 20 trentenni che (a parte poche, significative, eccezioni) non avevano la più pallida idea di cosa stessero facendo?
La loro vita in tappe:
Liceo.
Università.
Corso della comunità europea.
Speranza di stage in una società di settore.

Speranza di stage in una società di settore.

Si perché il vero motivo d’interesse per frequentare questi corsi della comunità europea è la garanzia dell’inserimento nel mondo del lavoro tramite stage in una delle società “gemellate” con quella che gestisce il corso stesso. Per poi, a fine stage, ricominciare la trafila: nuovo corso – a volte diversissimo dal precedente, massì, tentiamo un nuovo sbocco che non si sa mai! – nuovo stage, nuovo corso, nuovo stage.
Questo, se tutto va bene, permette al corsista il miraggio di potersi mantenere sulle proprie gambe intorno ai 35 anni.
Ero perplesso.

E comincio a provocarli in una discussione sul tema, interessato alle loro reazioni.
Gli dico che sono dei privilegiati a potersi permettere di fare ancora corsi alla loro età, perché io al loro posto avrei dovuto continuare a fare il cameriere per continuare a praticare quella strana abitudine che è mangiare e pagare l’affitto.
Gli dico che se lo possono permettere.
E che su questo si adagiano.
Gli dico anche che un corso del genere non si fa a 30 anni e che, soprattutto nel nostro campo, con la concorrenza spietata di ventenni che girano già come tanti piccoli Fincher, è dura valutare il loro inserimento.
Mormorio.
In veste di rappresentante della Rainbow Cgi dico che non è nostra abitudine prendere stagisti e che quindi non abbiamo dato la nostra disponibilità per inserirli automaticamente.
Mormorio sempre più forte.

“Ecco, lo vedi che prima dici che ci vuoi aiutare e poi sei più stronzo degli altri?”
Dice proprio così il tizio giù in fondo. Quello che è venuto a due lezioni su otto.
Gli rispondo che uno stage automatico non può essere la loro speranza e che anzi, è un loro alibi.
Mi guardano straniti.
Li sfido dicendogli: il nostro è un lavoro assurdo, facciamo orari improbabili e non vogliamo zavorre. Non prendervi automaticamente come stagisti non vuol dire che non stiamo cercando persone nè che non siamo disposti ad assumerli. Ma per sapere se una persona è interessata o meno chiediamo ALMENO che faccia lo sforzo di inviarci il suo curriculum e venga a fare il colloquio.
In quel caso valutiamo NON se siamo interessati o meno a prenderci uno stagista ma a verificare se c’è davanti una persona con delle qualità per le quali merita di essere assunta.
Sapete quanti di quelli che mi stavano ascoltando hanno inviato il curriculum?
Nessuno.
Io, sinceramente, speravo in almeno due o tre, ma sono un ottimista.

Mi guardo intorno e vedo dei trentenni strani.
Trentenni che parlano del fatto che non c’è lavoro e che saltano di corso in corso per rimandare il momento di doverlo cercare (specifica: mi rivolgo alla tipologia di trentenne che è anche la mia, ossia quelli che si sono potuti permettere un certo percorso di studi e che, ovviamente, non vivono situazioni limite).

Non sento più dire “voglio lavorare per quella società”  bensì “mi piacerebbe fare uno stage con loro”.
L’ambizione, come l’acqua, prende il colore dal cielo ed è diventata marrone.
Un marroncino tenue, precario di suo.
Prima di noi s’è decantata la generazione X, qualcuno c’ha chiamato generazione Y, ma io direi di lasciar perdere le lettere e passare direttamente alla punteggiatura.
Siamo una “Generazione ?” ostaggia di se stessa, con contratti di tre mesi più rimborso spese, di cui io per primo, che ci sto dentro con tutte le gambe, non so dire.

Narnia con chi vuoi.

6 settembre 2010 da Mauro

Ormai è tradizione, ci si sveglia prestino e si parte in carovana.
Ci siamo trovati bene la prima volta e l’abbiamo ripetuto volentieri.
Narnia è la gita fuori porta, è l’occasione per passare un fine settimana fumettaro nel bel mezzo di una cornice spettacolare.

E con una serie di persone con cui è difficile stabilire il confine che solitamente separa colleghi e amici.

Gli immancabili Federico, Adriano e Giovanni (con un’intrusione dello stesso Francesco Settembre, artefice del tutto)

Rrobe (non so se lo conoscete, è l’autore di una meravigliosa storia di cui io ho una tavola origi… ah, no.) e Mariacosa

Massimo per il quale dovrebbero inventare un’iniziale più grande della maiuscola, Lorenzo che è Maestro sempre e quindi sempre sopra starà, Giorgio che prima o poi apprezzerà la mia panza quasi come apprezza quella del Bocchio.

Decu che mi lascia sempre senza parole perché tanto a che servono.

(provate, provate a stare voi, in mezzo a questi due colossi e a sentirvi ancora dei fighi)

Sandra col suo cappello e nessuna x negli occhi.

Leomacs e Walter che predicano la violenza del posto dietro (mentre Santucci osanna Akira)

Valeria che assomiglia a motoko kusagawa

Emiliano, l’unico vero cosplayer di Zagor dei castelli (l’unico, perlomeno, che può permettersene il fisico), e Fra Fa che è bellabellabella in modo assurdo.

E infine Lui:

L’eroe della giornata.
Stima e rispetto sempiterno per il suo stile infinito ( e ad Elena, a cui ho anche rubato questa foto!).

La fiera mantiene alti i suoi punti di forza nella location spettacolare, nella variegata proposta degli ospiti e nell’accoglienza sempre più cortese, nelle conferenze e nella mostra di tavole originali (per le quali consiglio un maggiore controllo, una sola persona, per quanto attenta, è poco, ed era veramente facile portarsi via i quadri – anzi, se non trovate più la doppia splash page del Punisher di John Romita JR sappiate che ce l’ho io).
Lo spazio espositivo per la vendita invece è esiguo ed è di conseguenza difficile che gli editori la scelgano per presentare lanci importanti.

E’ stato comunque un piacere ritrovare Concetta ed Emanuele della Tunuè, Andrea della N.P.E., il Caluri nella splendida e smagliante forma di agitatore onirico, Riccardo in Bonelli, Marco Santucci, Fabrizio e Andrea, conoscere quel bel tomo del Gadaldi e di cazzeggiare un bel po’ in tranquillità.

Ecco, tranquillità è  la parola che meglio di tutte descrive lo stato d’animo di chi c’è stato.

Io, di mio, stavolta non ho comprato originali, ma c’ha pensato il gigantesco Walter Venturi a farmi iniziare alla grande la giornata dicendomi (mentre guidava la carovana): “Tiè, regaletto.”

Ora, chi di voi conosce la passione che ho per Zagor (e che condivido con Walter) sa come posso esserci rimasto dopo averlo visto.
Ecco, con quella faccia lì, davanti ad ogni pennellata.

Finalmente è stato ufficializzata la partnership tra Rainbow e Nickelodeon.

Qui, spiegano chiaramente:

“La nuova partnership prevede che Nickelodeon, brand leader mondiale per bambini, abbia accesso ai diritti delle quattro esistenti serie televisive e ai due film Winx Club. L’accordo prevede inoltre lo sviluppo e la co-produzione della quinta e sesta serie animata.

“E’ entusiasmante aver la possibilità di collaborare con Iginio Straffi e Rainbow che ha riscosso un successo straordinario a livello internazionale attraverso questa property” afferma Cyma Zarghami, Presidente di Nickelodeon/MTVN Kids & Family Group. “Winx Club è un grande successo tra le giovani ragazze e siamo certi che a livello nazionale ci permetterà di colmare il gap nel target femminile tra i sei e gli otto anni”.

Iginio Straffi, Fondatore e Presidente Rainbow S.p.A., dichiara “Siamo molto orgogliosi di iniziare questa collaborazione con il più prestigioso network mondiale. Questa è una nuova sfida per le nostre magiche fatine che troveranno certamente un posto speciale nel cuore di ogni bambino americano ed inglese”.

“Riteniamo che la leadership di un brand a livello mondiale come Nickelodeon unita a un prodotto consumer molto forte come Rainbow ci permetterà di incrementare non solo l’audience di Winx Club ma anche future partnership a livello mondiale” affermaBob Bakish, Presidente di MTV Networks International.

Nickelodeon e Rainbow svilupperanno e co-produrrano la quinta e sesta stagione di Winx Club. Entrambe le serie saranno composte da 26 episodi l’una e saranno presentate nel 2012 sul circuito nazionale e internazionale Nickelodeon (fatta eccezione per l’Italia). Prima di lanciare le nuove stagioni, Nickelodeon introdurrà la property con quattro puntate speciali della durata di un’ora ciascuna basate sulle serie uno e due. La terza e la quarta serie sarà on air dal 2011.”

Qui, e qui, ulteriori approfondimenti.

E’ un onore aver collaborato con degli eccellenti professionisti (tra gli altri: Francesco Artibani, Lorenzo Bartoli, Katja Centomo, Alessandro Bilotta, e Giovanni Masi, sotto la guida costante e presente di Iginio Straffi) e ritrovarsi distribuiti negli states proprio dai massimi rappresentanti del settore.

E  adesso, lavorare a Winx stagione 5 e 6 co-prodotte proprio da loro… sarà un’avventura ancor più emozionante.

In tutto ciò, dalla prossima settimana, su questo stesso sito, inizierà una particolare promozione preparatoria al nuovo lungometraggio animato delle sei fatine.
Una serie di interviste esclusive alle figure che hanno svolto dei ruoli centrali e di supervisione durante tutta la durata della produzione.
E cominceremo proprio con il creatore delle Winx.

Di notte, intorno a casa mia,
regna per le strade la follia.

C’è Nonna Sorpresina che tien nascosto il viso
e cerca il modo più veloce per andare in paradiso.

Se sente che tu arrivi, scatta sull’attenti
e mostra d’improvviso un sorriso senza denti.

Di notte, intorno a casa mia,
regna per le strade l’euforia.

Artisti rivoluzionari lascian fior di manifesti
e se li guardi in faccia sono tutti gonfi e pesti.

Esaltan le suture, i tagli fatti da lamiere,
perchè servono fratture per flirtar con le infermiere .

Di notte, intorno a casa mia,
regna per le strade l’ironia.


E’ illuminato a giorno quel negozio,
in cui lavora sola una ragazza,
coi manichini bene, che vivono nell’ozio
e non vogliono far nulla, per spostare quella mazza.

Di notte, intorno a casa mia
Regna per le strade l’anarchia.

I Bambini Fissi, stanchi di star fermi,
si esibiscon dietro ai vetri per i passanti inermi.
Ridono di loro e delle tante inibizioni
mentre inscenano un teatro di gran provocazioni.

Picchiano il più debole, umiliano i più piccoli,
li schiaffeggiano sul viso, tirano via i riccioli.
Sghignazzano del nostro costruito perbenismo
E compongono con gioia l’ode del bullismo.

C’è Lubna Imbronciatella, maitresse di gran livello
gestisce la sua zona, padrona del bordello.

Fiera dell’Est, da cui provien la preferita,
la espone agli occhi di chi guarda di nascosto tra le dita.

Di giorno costrette a star ferme e sorridenti,
guardano i passanti come il cane punta un osso.
Di notte  fanno a gara a chi conquista più clienti,
ed abbassano o rialzano, il prezzo scritto addosso.

Jean-Claude, Signore delle Tasche, sceglie come trono
chi secondo lui è più adatto a stare prono.
E punta la sua preda, il suo amore, il suo traguardo,
ma Lubna è già lontana e non lo degna di uno sguardo
.

Luca prova a sfondar la vetrina ogni ora
(si, tutti lo sanno che si buca ancora)
Ma nessuno ha capito quale è il vero motivo
(Luca è tante cose… ma non un fuggitivo)

E’ quel vetro bastardo che vuole spaccare
perchè gli proibisce di potersi guardare.
Sarà colpa sua o soltanto dell’ero
Ma nel riflesso lui vede un bambino vero.

E i grandi ti insegnano a sfuggire dai guai
Ma non da qualcosa che non sarai mai.

Di notte, intorno a casa mia,
regna per le strade l’amnesia.

Del passante che al mattino avrà dimenticato
questa strada, queste vie, di esserci passato.

E se c’è il rischio che rimanga chiuso dentro
fa prima a star seduto, comodo nel centro.
Ventiquatto su ventiquattro proverà a chiamare
ma per scherzo nessuno lo verrà a liberare.

Di notte intorno a casa mia
regna per le strade la follia.

(Tutte le foto sono state scattate stanotte (con l’orrida fotocamera del mio iphone 3g), nel tratto d’Appia tra piazza Re di Roma e San Giovanni, fin dentro l’ascensore di casa mia. Mi scuso per i puristi della metrica, ma anche se poeta non sono, volevo raccontarvela così, la mia notte)

M’ormoni.

2 settembre 2010 da Mauro

Mi chiamo Joseph Uzzheion e mi rode un po’.
Fossi stato mormone duecento anni fa non avrei avuto problemi, potevo avere quante mogli volevo e v’avrei fatto rosicare a tutti.
Ero il più fico del mondo.
Io con  le mie mogli.

Invece essere mormone oggi vuol dire accontentarsi di una sola sposa e  non avere nulla a che fare con tutti quei meravigliosi termini che danno più colore alle giornate estive.
Termini come  gangbang, bukkake, m.i.l.f, e in generale tutti quelli legati al variopinto mondo del v.m.18, mi sono negati.
E la verità è che non posso neanche comprare novella 2000, perché anche le sise, che voi ormai date per scontate, per me sono peccato e non posso rischiare di ritrovarmi davanti una Cristina Dal Basso qualunque senza sentirmi lurido.

Tutto questo fino ad oggi!

Anch’io, mormone, ho fieramente libero accesso alla mia personale pornografia e ho deciso di chiamarla Bubbling.
E’ un nome fico, no? BUBBLING.

E guardate che meraviglia, noi prendiamo questa foto qui…

e la trasformiamo in questo modo qua:

Visto? Ora quelle tre sono nude, NUDE, NUUUUUUUDEEEEEEEEE!!!!

Ma mica solo loro, eh! Ci sono un sacco di ragazze che praticano il Bubbling:

E’ tutto vero?
E’ tutto finto?
Non so dirlo, quel che è certo è che qui ne saprete di più, che viviamo nel migliore dei mondi possibili e che il Bubbling è un atto di fede.

Significa che posso credere in quello che non è.

Il che, ironicamente, è alla base non solo della mia, ma anche della vostra religione.

In fede,
Joseph Uzzheion.

Di solito aspettavamo.

31 agosto 2010 da Mauro

Alle tre è sempre troppo presto o troppo tardi per qualsiasi cosa tu voglia fare.

Lo diceva Sartre che era uno dei meno fichi ma lo pensavamo tutti, sbracati sulle sedie e i tavolini bianchi di plastica.

Quando sei lì, con Fabio e aspetti che gli altri scendano.

Hai sentito Luca?
Si, viene dopo che c’ha i suoi a pranzo.
E con Valentina come va?

Come volevo che andasse?
Che l’ordine cosmico delle cose interrompesse il flusso naturale delle valentine che la fanno annusare ai fabio ma poi la danno comunque ai tommaso?
No, alla fine non volevo.
E non voleva neanche Fabio che finiva Golden Axe con un gettone solo e che la femmina non l’avrebbe presa mai.
Si fosse incazzata Valentina.

Si stava sempre tra il primo e il secondo tempo di uno di quei ferragosti in cui dopo le dieci restavamo a dormire in tenda ed eravamo tutti maschi, chè le femmine le vengono a riprendere e tornano a casa per la notte.
Si stava sempre tra il primo e il secondo caldo dei dopo pranzo con gli occhi chiusi al sole, le palpebre che si toccano e pur di non aprirsi regalano quella sensazione che rimane finché non cedi.

Poi arrivavano Peppe e Alessio.
Subito dopo Tommaso che flirta con quella del bar per tutta la durata del chinotto.
Poi Maria Cristina, Irene che rideva con la faccia incazzata e ancora non eravamo tutti per andarcene da qualche altra parte.

Dovevamo essere tutti per convincerci a muovere il culo.
E quando eravamo tutti aspettavamo che il primo si alzasse e il primo ci guidasse fuori e il primo non ero mai io.

Ora (grazie a Giò che me l’ha segnalato) corro con gli Arcade Fire e torno lì.
E vedo le tecnologie virtuali piegarsi davanti ad un uso romantico e poetico del mezzo.
Vedo il ragazzo lasciare il posto in cui vive per correre verso il punto da cui è partito e lo faccio anch’io.
Vedo gli uccelli che volano su uno schermo e atterrano nell’altro.
Vedo il turn around più emozionante che qualsiasi browser possa donarci.
Vedo una lettera scritta al me che aspettava e vedo crescere le piante.

The wilderness Downtown è il progetto legato a We used to wait, nuovo singolo degli Arcade Fire per la regia di Chris Milk .

Emoziona parecchio, non bastasse il pezzo da solo.
Questa è la strada che ho percorso io, non vi dirà nulla ma magari cercherete la vostra.

E Valentina abitava poco più in là, in una casa che non si vede.

La lingua che parla chi ascolta.

27 agosto 2010 da Mauro

Non preoccuparsi di parlare una lingua sconosciuta facendo le facce, potrebbe essere uno stato da recuperare.

Togliendo le sovrastrutture e le contingenze mi rendo sempre più conto che il mio lavoro consiste nel comprendere la lingua che parla chi mi sta intorno.
Non parliamo italiano.
Non parliamo inglese.
Ognuno di noi parla un hopelandic fatto di esperienze vissute, di fallimenti, di barricate difensive, di strumenti per galleggiare, di maschere, di dare e avere.
Solitamente in un discorso che comprende 100 parole, 98  vengono usate per evitare di essere fraintesi e il succo è in quelle 2 ben nascoste sotto il peso delle altre.

Leggevo che in Africa venne ritirata un’intera campagna di sensibilizzazione per la prevenzione dell’Aids perchè lo studio francese che l’aveva realizzata aveva utilizzato metafore e concetti tipici di una cultura che, con quella africana, a cui il messaggio era diretto – non avevano nulla a che fare.

Ci preoccupiamo di quello che stiamo dicendo ma non della lingua che parla chi lo ascolta.
Diciamo “tu non mi capisci” senza mai chiedere “tu che lingua parli?”

Allo stesso tempo, comprendere il linguaggio dell’altro e utilizzarlo per avviare un dialogo costruttivo rischia di portare all’estremo opposto: utilizzare una lingua ad personam per ognuno di quelli con cui comunichiamo, snaturando noi stessi.
Parlare con te, ad esempio, nella tua lingua… genera un mix tra quello che ti direi per come lo direi e un compromesso comunicativo per evitare che tu mi fraintenda o che io possa, in qualche modo, ferirti.

E’, come dicevo prima, un lavoro.

E’ un lavoro che sto facendo e che ha una reale valenza pratica quando coordini decine di persone diverse ogni giorno.
Persone che sono tutto ciò che sono state fino al momento prima di avere a che fare con te e che saranno tutto quello che non saprai mai nel momento in cui andrai via.
Persone che abitano a migliaia di chilometri dal tuo modo di pensare e da quello che pensi sia corretto o sbagliato.

E la stessa regola vale per le persone che col tuo lavoro non hanno nulla a che fare, chè il confronto non garantisce sconti.

Non so se questo sia il metodo e voglio credere che il mal di testa che ho la sera sia dovuto ad altri tipi di stanchezza.
Non voglio neanche credere che la purezza sia lo stato d’animo di chi si offre senza freni e si pone direttamente libero da schemi o da ragionamenti.
Di chi legge un’ipocrisia nel cambiare linguaggio a seconda della persona che hai davanti.

Il dialogo è il risultato di un confronto tra le parti e voglio continuare a credere che questo possa essere un modo.

P.S.
Solitamente ODIO i video dei bambini che fanno cose, questo invece oltre a farmi divertire ha generato il flusso di pensieri che avete appena letto.
Vi consiglio di guardarlo, vi ritroverete un sorriso ebete stampato in faccia.

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