Cecità.

12 novembre 2010 da Mauro

la Repubblica Ceca vs La Repubblica Cieca.

Il magazine online di Repubblica sta perdendo di vista la direzione intrapresa.
Il mio consiglio è di aprire di più gli occhi, che si rischia di scendere così in basso da sbattere contro la dignità di Feltri.
Meno puttanate, che non vuol dire prendersi sul serio, ma semplicemente non prendere a modello il livello di provocazione di un tg4 qualsiasi.
Cosa manca?
Satira.
Crossmedialità.
Letture.
Musica.
Fumetti
Visioni.
Giochi.

Concentratevi su questo più che sul culo di Ivona, che intrattenere è sempre e comunque informare.

Si.
L’ho fissato abbastanza da vederci una goletta.

Di notte si scrive con la musica alta.

11 novembre 2010 da Mauro

Forse perché così sembra giorno.

E illuminato dalle luci dei quattro faretti in alto sembra tutto molto più giallo.

Passano gli anni e le sensazioni sono sempre le stesse. La notte di scrittura è un limbo delimitato da confini prefissati e poi confutati.
Fino a tavola 75 e chiudo.
Fino alle 4 e chiudo, così almeno quattr’ore le dormo.
Finisco tutto il caffè nella macchinetta e chiudo.
E chiudo.

Inserisci interruzione di pagina. Tavola 70. Blog di Rro’. Blog di Andrea. Dialogo di John. Dialogo di John. Dialogo di John. Descrizione. Non va bene. Sposta il dialogo alla tavola precedente che funziona meglio. Rileggi di seguito. Sms di Rro’ che è come se fosse qui, tanto si sente la voce. Sms di Barbara, cazzi Rainbow. Ha ragione, non la sto mettendo in una posizione facile. La devo aiutare. Facebook. Affacciati dalla finestra e chissà se le tre ragazze che ridono si voltano da questa parte. Il Tex di Tito. Walking Dead. Dialogo. Dialogo. Interruzione di pagina. Tavola 71. Dialogo. Dialogo. Vignetta doppia senza battute. Rileggi. Funziona. Rispondi alla mail. Caffè. Inserisci e definisci le regie. Torna indietro a correggere Tavola 54. Rileggi. Inserisci interruzione di pagina.

E il divano promette un castigo. E il letto minaccia il perdono.
Ma noi siamo tutti al fiume a trasformare l’oro in stagno.

E nel momento delle discografie intere scarti i Rolling Stones per le ultime cose, i Beatles per le prime e alla fine la spunta sempre Bowie.

Il sole più bello dell’anno.

4 novembre 2010 da Mauro

E così stamattina, seduto sulle scalette della posta di via Taranto, sotto questo sole che scalda soltanto, leggevo l’ultimo volumetto di Scott Pilgrim quando la riproduzione casuale dell’ipod mi ha mandato questi due brani qui:


Desire Lines dei Deer Hunter

e


Lucky number nine dei Moldy Peaches.

E la serenità è arrivata, s’è seduta vicina a me, ha preso una cuffietta per lei e mentre canticchiava, m’ha fatto notare che avevo una scarpa slacciata.

“Serenità fai come mia madre, ti faccio ascoltare qualcosa di bello e tu pensi alle scarpe slacciate.”

“E’ vero, faccio come tua madre, ti sto vicina e mi preoccupo che tu non finisca col culo per terra.”

“…”

E’ rimasta un po’ lì e poi, su un pezzo che sembrava dei flaming lips e invece era di danger mouse e sparklehorse, se n’è andata e m’ha lasciato sotto il sole più bello dell’anno.
Questo che scalda soltanto.

Scritto in me, roma | 4 commenti »

Edgar Wright non esiste.

L’ho inventato io.

L’ho inventato io che di notte sogno di essere nato nel 1974 in Inghilterra come gli Stranglers.
E che ho quest’idea di girare uno zombie movie travestito da commedia.
E di essere bello quando invece sono solo estremamente affascinante.
E di chiamare Simon Pegg per vestirlo da poliziotto e poi lasciarlo lì per andare a recitare nel moscio adattamento della Guida galattica per autostoppisti.

Edgar Wright non è nient’altro che l’avatar dietro cui si nascondono le fantasie di un giovine regista nerd nato nella provincia romana e che sogna di realizzare un film che condensi in 90 minuti TUTTO il suo immaginario di fumetti, cinema, ragazze con i capelli colorati, videogiochi, rockband, ragazze con i capelli colorati, cartoni animati giapponesi, altalene su un prato innevato, ragazze con i capelli colorati.

Decide di adattarlo da un fumetto uscito negli USA nel 2004

e lo intitola

SCOTT PILGRIM VS. THE WORLD

La logo animation della Universal in 8 bit con accompagnamento musicale in midi è una dichiarazione d’intenti. La regia, la scelta degli attori e dei musicisti, i titoli di testa, una conferma.
Signore e signori, mettetevi comodi… che indie sia!

Scott s’è appena fidanzato con una liceale lasciando di stucco i suoi compagni di band.
La spina viene attaccata. Musica maestro.


Shynola mostra i suoi muscoli al pubblico cinematografico dopo averci deliziato il palato per anni con i suoi videoclip.
Nigel Godrich appare come nume tutelare di una colonna sonora che mette insieme gente del calibro di Beck, Dan the automator, Cornelius, Frank Black e… ZELDA!, mentre la messa in scena cita apertamente Neko Case e i New Pornographers, Smashing Pumpkins, Pixies.
Ma la minorenne neofidanzata cinese (Ellen Wong) ha una rivale: la tizia sui rollerblade con i capelli rossi che appare in sogno a Scott, a colorargli e riempirgli di fumo, quel deserto arido che è la sua mente.
La tizia è Ramona Flowers, lavora come fattorina per Amazon e conoscerà fisicamente Scott ad una festa in cui il ragazzo collezionerà brutte figure e la pedinerà come l’ultimo degli stalker.

Ma la vita di Scott non è fatta di sole donne.

C’è la musica dei Sex Bob-bomb, gruppo di cui è membro fondatore e che, in attesa del contratto della vita, compete contro le altre band rivali in battaglie all’ultimo decibel, c’è Wallace, il suo coinquilino gay, (Kieran Culkin) che passa il tempo a dargli consigli e a scopare con maschi appena conosciuti. C’è Stacey, sua sorella, che passa il tempo a dargli consigli e a parlare al telefono con Wallace (quando non scopa con maschi appena conosciuti). E c’è la ragazza dai capelli rossi. Ramona Flowers.
Ramona Flowers che accetta di uscire con lui. Ramona Flowers che lo porta a casa sua. Ramona Flowers che prepara l’ultimo dei 400 tipi di tè che ha appena elencato. Ramona Flowers che porta un reggiseno nero. Ramona Flowers che lo bacia sul letto. Ramona Flowers che dorme con lui anche se ha deciso che non vuole più fare sesso ma che si riserva di cambiare idea nel corso della notte.

C’è Ramona Flowers che ora è sua.

E qui cominciano i problemi.

Perché per qualcuno quest’unione non s’ha da fare. E questo qualcuno sono i suoi sette ex malvagi.
I sette stronzi che Ramona ha avuto prima di incontrare Scott e che ora lo sfidano in deliranti battaglie capaci di mettere sullo stesso piano i picchiaduro anni 90, guitar hero e yattaman, concludendosi tutte con la vittoria di tante monetine quanta era la difficoltà del match.

Con una regia divertente e pulita, sempre attenta a non cadere dal filo dello strafare, una serie di dialoghi che online sono già diventati meme, Scott Pilgrim è la favola indie degli orfani del Gondry di Eternal Sunshine (si, ammetto che il paragone è impietoso nei confronti dell’onesto Wright, ma concedetemelo) che ci racconta che per conquistare quella che è oggi Ramona Flowers bisogna fare i conti con quello che Ramona Flowers è stata… senza mai mettere da parte noi stessi.

Una favola nerd che riesce nel difficile compito di non risultare mai falsa né piaciona verso il proprio pubblico di riferimento, concedendo sempre quello che vuole concedere ma sempre in modo da agevolare la narrazione piuttosto che inficiarla.

Michael Cera (orma icona indipendente per eccellenza) perfettamente in parte, mentre Mary Elizabeth Winstead è una splendida Ramona Flowers ma, in fase di scrittura, troppo algida rispetto al fumetto.


Non ci fa innamorare di lei come nelle pagine disegnate da O’ Malley e forse questo è l’unico vero difetto di un film che veleggia comunque verso quei lidi che spostano ancora un pochino più in là la percezione del pubblico verso quella forma di cinema ibrido che sta prendendo sempre più piede.

Un cinema la cui identità è nascosta tra pieghe occidentali, europee ed orientali.
Un cinema in cui gli effetti visivi non vengono usati per rappresentare la realtà ma per stravolgerla e mostrarsi fieramente in tutta la loro plasticosa bellezza.
Così come la pittura da figurativa s’è lentamente trasformata in concettuale, anche la forma visiva di quel meraviglioso strumento che è la CGI sta attraversando una fase transitoria in cui i confini tra cinema tradizionale e animato si mescolano rivoluzionando il concetto di digitale.

Speed Racer, Scott pilgrim, lo Yattaman di Miike (e il prossimo SuckerPunch di Snyder) sono film che utilizzano il linguaggio e la forma del cartone animato e del videogioco così come Avatar è un cartone animato che si traveste da film con attori in carne ed ossa.
La differenza tra ciò che è reale e ciò che viene solo percepito come tale non solo è sempre meno distinguibile,  ma è un concetto che perde importanza ogni giorno di più.

Quando la forma sarà al totale servizio del contenuto, il potere dell’immagine sarà totale.
Secondo solo all’emozione che riuscirà a veicolare.

E ora dedichiamoci ai coretti e facciamo all’amore tutt’insieme:

Stellette? 8 su 10

Inizia col passo lento del vice sceriffo Rick Grimes l’adattamento televisivo del più premiato Fumetto Con Zombi di sempre.
Ed è lo stesso passo cadenzato che detta la misura della scrittura e della regia di Frank Darabont.

Pur strizzando l’occhio alle suggestioni zombesche di Snyder (l’incipit con la bimba) e Boyle (ok, qui diciamo che gli occhi li schiaccia anche tutti e due), Darabont dice no al linguaggio filmico degli zombi d’inizio millennio, affidandosi a quella regia invisibile e puntuale che ha caratterizzato suoi, ottimi, precedenti lavori come Le ali della libertà e Il miglio verde.
Scelta che si adatta così bene alla visione antisensazionalistica, antispettacolare che Kirkman ha instillato nel mondo di Walking Dead da creare una perfetta e misurata amalgama di forma e contenuto.

Nel pieno rispetto della materia narrata nella serie a fumetti e senza mai sembrarne un derivato, Darabont non si limita ad adattarla per il nuovo media, bensì la amplia arricchendo ciò che finora era stato semplicemente accennato.
Il fulcro dell’attenzione è sempre e ancora più forte, l’uomo.
L’uomo che scappa, l’uomo che si rialza, l’uomo ignaro, l’uomo che combatte, l’uomo che uccide, l’uomo che salva.
L’uomo che ha bisogno della sua famiglia e l’uomo che la cerca in quella degli altri.
L’uomo che nonostante abbia tutto il mondo contro cerca in tutti i modi di trovare la strada verso la serenità.

E, dall’altra parte, lo zombi.
Lo zombi lento e che non dice cervello. Lo zombi che ciondola fedele al Romero di ieri e cerca di tornare a casa in linea col Romero di oggi.
Il non morto come metafora di malinconico non vivo, di rimpianto, di inesorabilità.

Tutto intorno a loro: l’ambiente.
L’habitat che ricorda cosa si era e mette in guardia su cosa si rischia di diventare.
L’ambiente che continua a vivere e a far crescere le piante anche se l’umanità si sta estinguendo.
L’ambiente che se ne frega eppure è ancora una volta l’unica madre in grado di proteggere.

E se questo è Walking Dead sul piano più concettuale, è difficile non restare sorpresi dalla qualità degli effetti visivi e dalla realizzazione delle creature (la zombi della bicicletta è uno dei migliori esempi di sempre), così come dalla messa in scena che fa di necessità virtù ,utilizzando così bene e a proprio vantaggio i limiti di budget, da far pensare che quella delle serie tv sia veramente un’alternativa preferibile a quella cinematografica.

Ogni attore è perfettamente in parte, la qualità del sound effect è alle stelle (la sequenza con la macchina dei rapinatori che vola e si schianta è ancora ben presente nelle mie orecchie), la colonna sonora accompagna senza preoccuparsi di farci saltare sulla sedia e la fotografia viaggia sulle sue gambe senza risultare schiava delle saturazioni delle color correction modaiole.

Quindi, per quanto mi riguarda, la mia opinione sulla prima puntata di The Walking Dead, è perfettamente in linea col pensiero dei Radiohead: Everything IS in it’s right place.

Attendo, con fiducia, le prossime puntate.
Soprattutto la quarta in cui sarà lo stesso Kirkman a sceneggiare l’episodio!

Stellette? 7 su 10

Sei episodi.

Il primo, scritto e diretto da Frank Darabont (Roberto Kirkman sceneggerà personalmente il quarto) sta per andare in onda e per solleticare un po’ la curiosità, ecco cosa ci aspetta:

E se non vi basta, andate a spulciarvi il sito e la pagina blog che contiene tantissimo materiale, sia video che scritto.

Io, per riuscirne a sapere più di tutti, ho accettato ben volentieri di farmi mangiare vivo…

… due volte.

Quindi, quando mi vedrete avvicinarmi troppo… mirate alla testa, mi raccomando.

Quando all’inferno non ci sarà più posto… i morti cammineranno sulla terra.

Da quanto si vede in giro allora… direi che è tutto esaurito!

Queste le città dove sono state registrate invasioni

New York City, USA

Washington DC, USA

Boston, USA

Chicago, USA

San Francisco, USA

Los Angeles, USA

Taipei, Taiwan

Hong Kong

Istanbul, Turchia

Atene, Grecia
Sofia, Bulgaria

Tallinn, Estonia
Belgrado, Serbia

Monaco, Germania
Madrid, Spagna

Roma, Italia

Johannesburg, S. Africa

London, UK

Lisbona, Portogallo
San Paolo, Brasile

Buenos Aires, Argentina

Santiago, Cile
Caracas, Venezuela
Bogota, Colombia

Città del Messico, Messico

Città del Guatemala, Guatemala

Se qualcuno di voi è in ascolto, raccolga dei viveri e scappi verso le campagne.

Le campagne sono più sicure.

Per quei sei che non lo sanno, The Walking Dead è l’equivalente fumettistico della sacra zombitrilogia romeriana.

Una serie scritta ed ideata da quel genio di Robert Kirkman per i disegni di Tony Moore che dal 2003 propone, a cadenza mensile, un’attenta analisi della figura dello zombie e delle reazioni dell’uomo alla sua presenza.

Come lo stesso Kirkman non manca mai di sottolineare, quello che gli interessa non è terrorizzare o mostrare sequenze splatter, bensì: “…indagare i modi in cui le persone reagiscono di fronte alle situazioni estreme e come ne escono cambiate.”

L’uomo, infatti, è al centro del racconto.
L’uomo e il suo bisogno di sopravvivere anche quando tutto il resto del mondo prova a dimostrargli il contrario.

Premiata in tutto il mondo e pubblicata in Italia in una edizione qualitativamente superiore a quella originale grazie alla cura e all’attenzione della Saldapress dell’ottimo Andrea Ciccarelli, The Walkin Dead ha impiegato poco tempo per attirare produttori televisivi e cinematografici che gli si sono gettati sopra come mosche sulla testa di un nonmorto.

Il risultato è una ambiziosa serie televisiva composta da sei episodi scritti e diretti dal grande Frank Darabont (robetta come Le ali della Libertà e Il miglio Verde tra le sue regie…) che debutta oggi stesso in Italia, alle ore 22-45 su Fox (canale 110 di Sky) a sole 24 ore dalla messa in onda originale.

La campagna di promozione virale messa su dalla Fox è senza precedenti.
Incredibili Zombie Walk sono state organizzate nelle maggiori città del globo e il risultato è talmente sorprendente che ho deciso di dividerlo in più parti, cominciando da una selezione delle foto che ho preferito, per rendervi la vita facile.

Eccovi le prove: l’invasione è cominciata!

Atene. Poliziotti perplessi.

Belgrado

buenos aires

Buenos Aires

Caracas

Caracas

Caracas

Hong Kong - la mia preferita in assoluto!

Hong Kong

Johannesburg - la mia seconda in classifica!

Londra

Londra - terza classificata!

Londra - Mind the gap!

Messico - Quarta classificata!!!

Messico

Roma - Stadio Olimpico - Lazio vs Cagliari!

Roma - Stadio Olimpico - Lazio vs Cagliari

Taipei

Nel prossimo post… i video!

Al tappeto!

29 ottobre 2010 da Mauro

Anche se il cocktail letale composto da un terzo di clima infame più due terzi di condizionatore dietro la schiena in ufficio ha fatto si che io oggi abbia il naso tappato (e per uno con il MIO naso, averlo tappato vuol dire impazzire) a un giorno dalla Lucca in cui dovrò parlare, parlare, parlare… non mi arrendo e non vado a tappeto.

O meglio, ci vado al tappeto ma a quello rosso del Festival del Cinema di Roma.

Quindi, se volete lanciarmi pomodori o spararmi con le nerf o, semplicemente, restare sconvolti dallo spettacolo di Mauro con indosso un elegante completo, sappiate che alle 15.00 di quest’oggi mi vedrete passeggiare su quella passerella in compagnia di tanta bella gente e (temo) un cavallo alato.

Alle 15.30 invece ci sarà l’anteprima del film a cui ho lavorato negli ultimi anni e che ormai sapete benissimo come si intitola.

In sala anche Straffi e buona parte della Rainbow, un migliaio di fan e soprattutto mia madre e mio padre.
Emozione.

Francesco Mastrofini, amministratore responsabile di Rainbow Cgi, nasce trentotto anni fa nella stessa città in cui ha compiuto ogni sua impresa e dove tutt’ora vive: Roma.
Lo guardo dalla porta a vetri della sua stanza qui in Rainbow CGI.
E’ al telefono.
Vuole che si percepisca che non ha segreti, quella della porta a vetri è la sua trasparenza e mi fa cenno di aspettare un minuto e sarà da me.

Nella stessa telefonata sorride e s’incazza, si preoccupa e tranquillizza. Gestisce e media, poi attacca.

Mediazione. Una parola che ricorrerà altre volte nell’intervista è che è il dogma su cui Francesco ha impostato la sua carriera. E’ lui che dovete ringraziare quando non vi mando affanculo. Me l’ha insegnato lui.

Si, mi sta sollevando!

Entra nella nostra sala riunioni (anche quella completamente a vista) si siede di fianco a me, mi dice che deve farmi vedere le nuove foto che ha fatto.
Saranno tramonti e paesaggi. Francesco fotografa tramonti e paesaggi talmente bene che riesce a farli sembrare interessanti persino a me.

Frà ti rendi conto che il tuo nome è l’unico comun denominatore di tutta l’animazione cgi cinematografica italiana?

Beh dai non è proprio l’unico! In Italia esistano tantissimi ragazzi e notevoli talenti che posso vantare una tale qualifica.
Forse quello che mi differenzia rispetto ad altri è che fin da ragazzino invece di vedere me come centro del mio lavoro, mi sono sempre visto capace di dare il mio contributo stando al centro del lavoro di altri.
E per quanto lavori con la grafica da sempre, non credo di avere neanche il 5% delle capacità in CGI dell’ultimo degli artisti che lavorano con me oggi.

Le leggende narrano di un ragazzino che vendeva per strada giochi piratati del commodore 64 e che oggi si ritrova ad amministrare la più importante realtà italiana di cinema d’animazione.
Ci racconti un po’ chi è Francesco Mastrofini?

Che gran macchina che era il C64!
Credo di essere stato uno dei primi che vendeva giochi pirata, quando i pirati erano ancora quelli con le bende sull’occhio, la spada e la barba lunga.
Saltando i particolari che potrebbero farmi finire dentro, ti dico solamente che a 13 anni avevo due collaboratori che coordinavo per la produzione delle compilation di giochi, che vendevamo rimorchiando coetanei all’entrata dei negozi dove si vendevano gli originali.

Bei tempi quelli, per i nostalgici erano giorni in cui i giochi si registravano grazie a dei folli che su delle frequenze radio (baracchini e simili)  trasmettevano un rumore incomprensibile che, una volta registrato su una semplice cassetta musicale ti permetteva di ottenere la copia del gioco.
Fantascienza? Mica tanto!, la vera fantascienza era quando dovevi cercare di allineare la cassetta nel registratore del C64 mettendogli sotto degli spessori di carta mentre era in play!
Io avevo una scatola di scarpe con tutti gli spessori possibili, fatti con giornali, riviste cartoncini di ogni tipo, e non poteva quindi mancare il cartoncino preferito, quello che faceva funzionare ogni cosa, fatto con il cartone della base della confezione delle girelle motta! Pagherei oro per riavere quel cartoncino e una girella di quei tempi!

Come si suol dire… meglio fare delle proprie virtù un’ occasione… credo che le mie virtù siano legate alla capacità organizzativa, la visione dell’insieme, la programmaticità e l’indubbia predisposizione alla mediazione. Che noia, vè?
Invece no, questa predisposizione mi ha dato,  fin da quando avevo 18 anni, la possibilità di stare a contatto con tantissima gente, ragazzi, manager, artisti, tecnici, capi e imprenditori, politici, avvocati, aziende di ogni tipo e misura, e ogni sorta di strano figuro che possa aver vantato un intervento in questo bizzarro settore.
Mi ha offerto la possibilità di viaggiare e confrontarmi con culture professionali differenti, di litigare, di comprendere, di emozionarmi dietro le lacrime di un ragazzo che dopo tre anni di duro lavoro vedeva per la prima volta la sua fatica premiata. Tutto questo mi ha regalato un esperienza che oggi riutilizzo in qualsiasi livello della mia sfera professionale o personale.
Il mio lavoro è la gente.
E la gente mi ha fatto crescere e continua a farlo tutt’ora. Imparo continuamente da tutti quelli che hanno la voglia di confrontarsi con me, e con cui cerco di arrivare sempre un po’ oltre.

E’ per questo che rimango ancora dietro a questo tavolo, e non ho ancora mollato per il chiosco di lemoncocco alle Maldive di cui spesso parliamo!
Il confronto con chi lavora con me è la mia più grande passione, e quando alla fine di una produzione vedo tutta la gente commossa, applaudire felice per aver vinto quell’ennesima sfida, mi rivedo velocemente in tutti gli step che mi hanno portato a quel punto, da quando ad esempio stavo nel mio giardinetto con un portatile sulle gambe a fantasticare di che capperi di azienda avrei fatto se ne avessi avuto l’opportunità.
Beh, posso affermare con certezza che la Rainbow CGI è venuta un po’ meglio di un cappero!

Come ti sei presentato al cospetto di Iginio Straffi e, soprattutto, come hai fatto a convincerlo?

Tutto è cominciato quando ho visto in Iginio e la sua Rainbow, qualcuno da cui valeva la pena farsi conoscere, presentare la mia azienda dell’epoca…  e tutte quelle solite manfrine da fornitore che cerca disperatamente lavoro!
Io vantavo già un buon team e avevamo investito qualche bella nottata nel fare un promo, uno dei centomila promo che in Italia facciamo per dimostrare le qualità degli artisti nostrani.
Per un po’ non ottenni risposta.  A questo aggiungi, le difficoltà enormi per tenere su un azienda alla tenera età di 27 anni con una trentina di persone a stipendio, per poi prendere una sonora mazzata dal furbone di turno che arriva sempre a romperti le uova nel paniere.
Tutto verteva quindi verso il chiosco di lemoncocco quando è lo stesso Straffi a contattarmi e a propormi un incontro.
Mi parla di un film e a me non sembrava vero di avere la possibilità di rimettere su il team composto da quelle persone che stimavo profondamente e quindi, tempo 4 mesi, la Rainbow Cgi era nata, col folle obiettivo di far uscire un lungometraggio d’animazione l’anno.
Qualche telefonata, una pizza con qualche vecchio amico della passata avventura, e via per la nuova sfida!

Da li in poi c’è la storia di questa bella realtà che insieme a tutti quelli che fino ad oggi ci hanno messo anche solo un dito dentro, siamo riusciti a tirare su.
Con la speranza che il nostro condottiero Straffi ci permetta di continuare a crescere e che noi riusciremo a ripagarlo degli sforzi che sta facendo con un bel riscontro al botteghino!
Per Winx II ci siamo veramente fatti in quattro e stiamo tutti incrociando le dita.

Cosa è per te oggi la rainbow cgi?

Una seconda casa… e sicuramente il maggior risultato professionale ottenuto fino ad oggi.
Un team forte, aggressivo, tecnicamente formato e in continua evoluzione. Un management di prima scelta, formato a suon di spigoli e capace di imprese memorabili.
E non scherzo se dico che il nostro lavoro non è banale.
Siamo in trincea, bisogna avere passione e volontà. Non è facile fare quelli che inseguono gruppi internazionali di primo livello, partendo da un mercato piccolo quale è quello Italiano e con uno stato che tutto sommato non agevola molto il nostro settore.

Rainbow CGI credo sia un esempio di contrasto a tutte le lamentele che da 20anni sento in questo settore, che dimostra giorno dopo giorno che la volontà e la passione di chi ci lavora fa la differenza e non solo la disponibilità economica.
Quante aziende negli ultimi 10 anni pur partendo con ingenti capitali, sono collassate prima di far uscire i prodotti?
Non sono mai stati solo i capitali a disposizione, ma una giusta equazione fra volontà e passione a partire dal primo condottiero fino ad arrivare a chi contribuisce spazzando per terra.
Ognuno in CGI da un contributo essenziale e siamo decisamente una società meritocratica.

Che effetto ti fa sapere che Winx 2 sta per uscire in tutte le sale italiane?

Sinceramente il mio momento di massimo orgoglio è stato quando abbiamo fatto lo screening con tutto lo staff realizzativo.
E’ stato fantastico perché abbiamo riempito la sala Fellini di Cinecittà, e fino a quel momento non mi ero reso conto di quante persone avevano lavorato insieme a me.
Un applauso finale di dieci minuti, lacrime sorrisi, gioia e qualche sospiro, di quelli che sottolineano che anche questa volta, con volontà, passione e caparbietà… abbiamo chiuso questo film.

Per il resto incrocio tutte le dita, anche quelle dei piedi e spero piaccia, che il film trasmetta tutto quanto gli è stato messo dentro, compreso lo sforzo di Straffi che nonostante i mille impegni e l’impero da tenere, non manca mai di chiamare, mandare mail di correzioni e di intervenire fino a tarda notte.
Al di sopra di qualsiasi commento che possa arrivare sul film, lo ritengo un esempio di impegno e di passione che avrà prima o poi il suo successo anche nel cinema d’animazione.

Ok abbiamo capito da dove vieni e a che punto sei ora. Dove sarai domani?

Spero insieme a te, a Veronica e Gianni, a Gianmario, a Vinz e Iginio, a tutti quelli che non nomino ma che di diritto si sono guadagnati il rispetto reciproco e di quest’azienda e per un futuro di soddisfazioni. Poi anche al mare su una spiaggia bianca a raccogliere paguri.

Com’è la situazione dell’industria dell’animazione italiana?

Quale industria? Attualmente siamo soli!
Spero si crei mercato, competizione, perché dalla competizione si cresce. Per ora vedo noi che fatichiamo e molti che periscono.

Hai appena deciso di regalarmi un film d’animazione. Quale?

Cattivissimo me!
Ho riso dal primo titolo di testa fino all’ultimo di coda. Leggero, brillante, divertentissimo, ben curato nel design, animato benissimo, un esempio per me della fine del dominio PIXAR, non perché sia allo stesso livello tecnico (perché non lo è!), tantomeno per la storia che è decisamente meno costruita, ma uno dei primi film di animazione dove all’uscita mi sono detto “lo vado a rivedere altre tre volte”.
Il mercato internazionale sta crescendo e si stanno facendo spazio idee e progetti interessantissimi.
E’ per questo che rimango fiducioso anche per noi.

Appurato che tu ci metterai i soldi e io gestirò la clientela, quante cameriere assumiamo per il nostro chiosco di lemoncocco alle Maldive?

Fammi capire, io ci metto i soldi, quindi rischio il capitale, tu invece ti dedichi alle clienti fighe?!
Che vita da sfigatto  che mi riservi!
Io mi vedo sulla barca a vela con la benda sull’occhio con i miei bambini a giocare ai pirati.
E il chiosco di lemoncocco lo apri tu, cosi io vengo, lo saccheggio, faccio prigioniere quelle poveracce che sono cascate sotto i tuoi sproloqui e a te ti faccio camminare sul trampolino della morte… sai quello con sotto gli squali?

La mente da matematico col corpo e lo stesso taglio di capelli di Vin Diesel. Come si sposano questi due aspetti?

La mente da matematico è una tua pia illusione, io se non avessi excel sarei finito, e per capirci, alle somme e alle sottrazioni ci arrivo ma già alle divisioni mi arrendo!
Per il fisico da Vin Diesel ti ringrazio ma secondo me ci vedi male, dato che hai un naso enorme che evidentemente ti nasconde  alla vista i mie fianchi da mangiatore di girelle motta!
Per la capigliatura è semplice arrivarci, prova a lavorare come produttore esecutivo di film di animazione in Italia, popolo di scrittori e poeti, allora si che ti viene la capigliatura alla vinDiesel.

Che musica ascolti mentre ti alleni?

Tutta, senza nessun limite, cambio genere continuamente e  la cosa che faccio più spesso è intrufolarmi nelle content dei computer dei miei collaboratori e fregargli le compilation, almeno sono sicuro che vario molto.
Ecco, questo mi sa che non lo dovevo dire!
Comunque la musica energica, forte e che da scariche adrenaliniche, sai sono un po’ da sport estremi, come VinDiesel, per l’appunto!

Stasera restiamo a lavorare fino a tardi, che ci mangiamo?

Latte e nutella Mauro, basta che non mi fai bere che, come sai, finisco al pronto soccorso!

E quanto sia vera questa frase l’abbiamo scoperto insieme quattro anni fa, festeggiando l’uscita del primo teaser di Winx con un brindisi di rum e pera.
E’ bastata la quantità di uno shottino per fargli salire la febbre a quaranta e lasciarlo a casa per dieci giorni.

Quindi, per salutarti e ringraziarti di questa intervista mi limito ad offrirti una coca zero… e a dedicarti questo video, con una notevole chicca finale:

« Previous Entries Next Entries »