Esce oggi in tutt’Italia il film che i fan dell’Indagatore dell’incubo aspettano e temono da più di due decenni.
Nei mesi passati ho guardato con curiosità a tutto quello che in un modo o nell’altro sbucava dal set del film.
Dalle prime clip che mostravano uno shooting provvisorio, ancor privo di post produzione, trovate nei forum americani dedicati ai vfx, passando per i teaser, le featurette, i poster e arrivando fino ai trailer.
Di volta in volta le perplessità aumentavano e diminuivano a seconda di quello che sfuggiva alla segretezza della produzione.
Ed ecco così che si arrivava a scoprire che Dylan sarebbe stato interpretato da Superman, che ci sarebbe stato il galeone ma non Groucho, che la pistola era ok ma il maggiolone diventava nero, che di Bloch neanche l’ombra e che Londra era diventata New Orleans.
Il che, non necessariamente sarebbe stato un male.
I film tratti da fumetti/libri di culto si trovano solitamente davanti al dilemma delle aspettative del fan che è pronto a scagliarsi contro qualsiasi differenza possa rilevare nel passaggio da un media all’altro.
Per cui, questi poveri registi/adattatori, hanno davanti a loro un certo numero di strade da percorrere:
La riproposizione pedissequa.
Ma Sin City ha dimostrato che certe idee sarebbe meglio non farsele proprio venire in mente.
Un adattamento ai tempi e ai contenuti.
E Spiderman, x-men, v for vendetta e watchmen hanno dimostrato che poteva essere una strada percorribile.
Una trasposizione fedele del mood e delle dinamiche nel rispetto del fumetto e delle specificità del nuovo media.
E questo, finora, l’hanno fatto egregiamente soltanto 300 e Scott Pilgrim.
In quale di queste tre categorie si va ad inserire il film di Dylan Dog?
Nella quarta.
Quella del film che non ha nulla a che vedere col fumetto originale ma ne compra il nome per evitare possibili cause (“ehi, c’è bel tenebroso che risolve casi legati al mondo dell’esoterismo accompagnato da una spalla comica! Dove l’ho già visto?“) e per giocarsi il brand nella frase di lancio “Tratto dalla più venduta graphic novel…” che oggi tira più di un pelo di “Tratto da una storia vera”.
Dylan Dog Film ha qualcosa a che fare con Dylan Dog Fumetto?
No.
Ha dei punti in comune? Il fan ritroverà quello che ben conosce del suo personaggio?
Si.
E queste, paradossalmente, sono le cose che più fanno incazzare.
In “Dead of night” tutti gli elementi che rimandano in qualche modo al personaggio di Sclavi sono del tutto insulsi, fuori luogo ed immotivati in termini narrativi.
Alcuni esempi.
Il vestito.
Dylan inizialmente si veste con camicia giallina. Nel momento in cui decide di entrare in azione apre il suo armadio. Appeso, tra altri abiti diversi, c’è il classico completo rosso e nero che lui decide di usare con la musica rockona di sotto fondo. Perché lo indossa? A cosa serve che lo indossi ora?
Nel fumetto Dylan veste SOLO in quel modo e nel suo armadio ci sono SOLO quei vestiti lì. Tutti uguali. Non porta la camicia rossa con la giacca nera per “entrare in azione”.
Il galeone.
C’è ed è sulla scrivania.
Perchè? Perchè Dylan nel fumetto lo costruisce per rilassarsi mentre pensa. E per tutti gli altri motivi esistenziali e metaforici.
Nel film non si sa. Si vede due volte ed è sempre già lì, senza MAI venir utilizzato.
Il clarinetto.
C’è. Dylan lo usa una volta. Per suonare When the saints go marchin’in. E poi scompare.
Non esiste caraterizzazione per nessuno di questi aspetti. Immotivato il vestito, immotivato il galeone, immotivato il clarinetto.
Ok, non disperiamo, qual è l’aspetto più importante di Dylan Dog?
Cos’è Dylan Dog aldilà di tutte le sotto e sovrastrutture?
Dylan Dog è un fumetto che utilizza l’orrore come metafora del sociale, dimostrando che gli unici mostri che esistono realmente sono le persone che perdono la loro umanità.
Cosa c’è di tutto questo in Dead of Night?
Niente.
Talmente niente che la GRANDE idea di partenza del film è che il mondo sia tranquillamente popolato di vampiri, licantropi e zombi perfettamente integrati nella società con le loro abitudini, i loro negozi e i loro locali.
Che dell'”uomo” non ci sia traccia.
Del Dylan romantico, fragile, incredulo davanti a ciò che lo circonda, incapace di affrontare le situazioni che lo sovrastano, non rimane niente, sostituito da una montagna di muscoli armata fino ai denti con pistole dai più diversi e variopinti proiettili e che dice di non avere bisogno di un piano ma di pistole più grosse.
Del Groucho surreale, elemento destabilizzante che continua nei suoi sproloqui mentre intorno a lui si scatena l’apocalisse, resta una classica spalla comica hollywoodiana, tutta urletti e facce buffe.
Del Giuda Ballerino, una veloce presenza soltanto nella versione italiana, mentre per l’ideatore e l’editore, una citazione talmente trash da far risultare simpatiche quelle contenute in Daredevil.
Ma ammettiamolo.
Tutto questo, potrebbe anche non valere nulla davanti ad un buon film.
Dopotutto, se non avessi mai letto Dylan Dog e se me ne fregassi quindi dell’aderenza con l’originale potrei comunque godermi un buon film.
Ed è qui che Munroe perde la sua vera battaglia.
Dead of night è un film con uno script lacunoso e traballante che riesce a rendere confuso un plot di una banalità sconcertante.
La caratterizzazione dei personaggi (veramente troppi) è trascrivibile sulla capocchia di uno spillo.
I momenti di comicità involontaria superano di gran lunga quelli voluti.
La risoluzione finale è talmente cialtrona che dovreste ringraziarmi nel risparmiarvi la descrizione.
La regia è goffa, ma talmente goffa che nel 2011, con tutto lo stuolo di aiuti e direttori della fotografia devi VERAMENTE impegnarti per fare un film “formalmente” sbagliato, con un uso continuamente improprio ed esagerato delle tendine a scorrimento e dei primi piani di Brandon Routh basito.
Quello che Munroe mette in scena, contrariamente alle sue intenzioni, non è altro che intrattenimento televisivo pomeridiano, niente di più, niente di meno.
Quindi alla fine, di questo “kolossal USA” di cui va cianciando Claudia Morgoglione in questo articolo qui (glielo spiegate voi che Dellamorte Dellamore NON E’ una trasposizione “povera ed un po’ trash” di Dylan Dog?) di cui il soggetto e la sceneggiatura girano addirittura da 13 anni (e che il film sia vecchio è abbastanza palese) e la cui produzione è stata funestata da continui casini che ne hanno slittato la realizzazione passandola di mano di regista in regista, cosa rimane?
Una serie continua di brutte scelte.
Che non accennano a finire neanche a film chiuso e distribuito.
Davanti al fumetto che in Italia è stato un vero e proprio fenomeno di costume e che ancora oggi muove cifre da capogiro, Moviemax ha scelto di puntare su una serie di poster
locandine,
e teaser promozionali
che nel definirli dilettanteschi si passa per emuli di Mollica.
Oltretutto, preso dall’entusiasmo promozionale per l’uscita del lungometraggio, ed avendo visto come s’erano mosse altre realtà nella promozione dei loro film, gli proposi una fitta copertura online tra i blogger legati in qualche modo a Dylan (sceneggiatori, disegnatori, giornalisti) e personaggi appartenenti al mondo dell’intrattenimento e parecchio affezionati all’indagatore dell’incubo.
Il tutto, ovviamente, a titolo completamente gratuito.
Da parte loro un chiaro e diretto e, per carità, legittimo: “no”.
Ed ecco quindi che all’anteprima del festival del cinema di roma, nessun abitante della blogosfera era presente, così come nessun autore.
Ed ecco quindi che all’unica anteprima ufficiale, gli unici esclusi, erano quelli più vicini al mondo del fumetto.
Immagino, col senno di poi, che la motivazione fosse legata agli effettivi problemi qualitativi della pellicola e alla necessità di non mostrare troppo in anticipo di cosa si stava parlando per tentare di salvaguardare, comunque, gli incassi del primo weekend.
Motivazione, ripeto, assolutamente legittima, dopotutto ognuno sceglie come vendere e distribuire al meglio i propri prodotti.
Ma perdersi per strada il “popolo di internet” per timore del chiacchiericcio, non mi sembra una politica al passo coi tempi.
Ma quindi, com’è possibile che alla fine io e Giovanni Masi, siamo riusciti ad infilarci all’anteprima del film?
Semplice e paradossale allo stesso tempo: i nostri telefoni hanno squillato a distanza di 5 minuti l’uno dall’altro e la sorridente vocina che chiamava dalla Fnac nei pressi dello studio (che frequentiamo spesso) ci ha avvisati che, “in quanto buoni clienti perfettamente in target” eravamo stati selezionati per l’anteprima del film di Dylan Dog!
Accompagnati dai fidi Federico e Raffaele, potevamo considerarci vincitori, eravamo riusciti a vedere il film ben 16 ore prima della sua uscita ufficiale.
Non molto tempo… ma abbastanza per cominciare a parlarne nel peggiore dei modi.
Grazie Fnac!
Stellette? 2 su 10