Ant-Man – Recensione.
Non scrivo recensioni da queste parti da quando ho cominciato ad andare in giro per i festival cinematografici come inviato di La Repubblica – XL.
Non è una cosa voluta, eh! E’ accaduta per caso e me ne rendo conto soltanto adesso, per questo motivo, l’uscita di Ant-Man mi sembra una buona scusa per ricominciare a farlo, perché è un film che si racconta meglio parlandone che recensendolo.
Partiamo facili, da quello che dovete sapere per far finta di aver visto il film se per caso vi trovaste a una cena circondati da gente che ne parla.
Ormai i nerd, o quelli che si professano tali, sono ovunque, quindi il rischio c’è.
Ant-Man è il nuovo film del cinematic universe della Marvel, l’ultimo della cosiddetta “Fase Due”.
Cosa voglia dire Fase Due, cosa sia la Fase Uno e cosa aspettarsi per la Fase Tre, credetemi, non v’interessa realmente, prendetelo come l’ultimo tassello di un percorso che ne anticipa un altro ancora più maestoso e più non dimandate.
Come tutti i film prodotti dai Marvel Studios, Ant-Man è un eroe che nasce su carta grazie alla fantasia di Stan Lee e Jack Kirby, e nonostante gli scemotti presupposti di base è sulla scena da più di cinquant’anni. Per Scemotti Presupposti di Base intendo che Ant-Man (letteralmente Uomo Formica) non ha la forza di Superman o di Hulk, né la fighezza assoluta di un Batman o di un Iron Man, ma è un supereroe che può rimpicciolire e controllare mentalmente le formiche.
Rimpicciolire. E. Controllare. Mentalmente. Le. Formiche.
Dico davvero.
Ma per quanto tutto questo possa sembrare naif, è innegabile che alla fine, l’omino che rimpicciolisce e si confronta con la maestosità – e i pericoli – di quel mondo che, pur essendo sotto i nostri occhi tutti i giorni, è troppo piccolo per attirare la nostra attenzione, nasconde un fascino irresistibile.
Ce l’aveva già insegnato Richard Matheson nell’imprescindibile romanzo Tre Millimetri al giorno
e l’aveva ribadito Jake Arnold nello strepitoso film The Incredible Shrinking Man
tratto proprio dal racconto di Matheson che, oltretutto, ne firmò pure la sceneggiatura.
(Momento ridiamo: in Italiano il film venne insensatamente intitolato Radiazioni BX Distruzione Uomo.)
(fine momento ridiamo)
Ma lo stesso presupposto di base ha ispirato negli anni decine di adattamenti che ad esempio, nella rappresentazione fumettistica di casa nostra, hanno raggiunto vette di eccellenza assoluta tra le pagine di Zagor
o tra quelle di Martin Mystere, il Detective dell’Impossibile inventato da Alfredo Castelli.
In ognuna di queste storie, la componente scenica e avventurosa la fa chiaramente da padrona.
Come sprecare un’occasione simile senza mostrare combattimenti con ragni e insetti giganti? Lotte nella polvere dei pavimenti o la paura di essere calpestati dai grossi piedi di umani colossali?
Ma curiosamente interviene, in ognuna di queste storie, una riflessione, affatto scontata, sulla piccolezza dell’uomo rispetto alla maestosità del mondo che lo circonda. Quanto alla fine, tutti gli struggimenti e le battaglie che compiamo, viste da un occhio altro, possano risultare movimenti quasi impercettibili.
La possibilità quindi, di coniugare avventura, action, divertimento, e qualche sprazzo di riflessione antropologica, dev’esser stata la molla che ha fatto scattare nella testolina del sommo Edgar Wright (L’alba dei morti dementi, Hot Fuzz, Scott Pilgrim, La fine del mondo) l’idea di fare un film su Ant-Man.
E attenzione, non è che al sommo Wright l’idea sia venuta un paio d’anni fa in piena cinecomics mania, nossignore.
Wright e il suo socio Cornish scrivono il primo trattamento di un film di Ant-Man dodici anni fa, nel 2003.
Nel 2006 la Marvel se ne accorge e porta Wright a parlare di Ant-Man al Comic-Con di San Diego, l’idea è quella di farne un film, per l’appunto, piccolino, ma che contenesse in sé parecchi elementi tanto di comedy quanto di action.
Qui potete vedere la presentazione dello stesso Wright
Mentre qui potete vedere il promo, diretto da Wright, che venne proiettato proprio al Comic-Con
L’idea risulta vincente e il progetto, contrariamente al suo protagonista, cresce, cresce, cresce.
Da filmetto indipendente diventa una proprietà importante dell’universo cinematografico che la Marvel stava iniziando a costruire, al punto da renderlo la base di partenza della Fase Tre che, nelle intenzioni dei Marvel Studios, sarà la più imponente invasione di cinecomics mai vista finora.
Ma più il progetto cresce e più il film di Wright inizia a subire pressioni.
Troppe voci intervengono a dire la loro, troppi interessi si sommano su un’unica pellicola, troppe tensioni vengono mal gestite e quindi, nonostante una sceneggiatura definitiva consegnata e nonostante alcune riprese già effettuate – e mostrate pubblicamente – il 23 Maggio 2014, Wright abbandona il progetto per “divergenze creative” con i Marvel Studios.
Se quel giorno avete sentito un gigantesco NOOOOOOOOOOOOOOOOO! gridato dalle parti di Roma, ero io.
Sì perché l’unico con l’intelligenza adatta a manovrare una materia così delicata in bilico tra ironia, azione e filosofeggiamenti vari era il sommo Edgar Wright, senza di lui, si poteva solo prevedere il peggio.
E il peggio, puntuale come un crash di word senza aver salvato, avviene.
Al suo posto viene chiamato il regista de “Il ritorno del maggiolino tutto matto”, “Abbasso l’amore” e “Ti odio, ti lascio, ti…” e la sua sceneggiatura originale inizia a essere rimaneggiata dall’universo.
La riscrive Adam McKay, la riscrive Paul Rudd (sì, l’attore protagonista) e la riscrivono anche gli altri due attori co-protagonisti, Evangeline Lily e Corey Stoll.
E si sa che quando le sceneggiature vengono riscritte dagli attori l’abominio è dietro l’angolo.
Direte: “Cristo, peggio di così?”
Sì.
Anche Gabriel Ferrari (lo sceneggiatore del prossimo Transformer) e Andrew Barrer (lo sceneggiatore dell’orrido Haunt) vengono chiamati per apportare ulteriori revisioni su una sceneggiatura ormai allo sbando.
I fan protestano e si fanno esplodere in pubblica piazza, i Marvel Studios assicurano che nulla è stato toccato della sceneggiatura di Wright, ma ci pensa Evangeline Lily a metterci una pezza a fine 2014 annunciando:
“Ho visto con i miei occhi come la Marvel abbia trasposto la sceneggiatura di Wright nel loro mondo. Hanno creato questo universo, e tutti quanti si aspettano un certo tipo di film. E quello che Edgar aveva creato era più nello stile di Edgar Wright. Erano molto differenti. E ho pensato che se la Marvel avesse permesso a Edgar di creare la sua incredibile visione – che sarebbe stata molto simile ai fumetti classici – sarebbe stato folle da girare e divertentissimo da guardare. Ma non sarebbe stato adatto all’universo Marvel”.
Nell’aprile del 2015, Joss Whedon, regista dei due Avengers e vera e propria mente creativa dietro tutto ciò che di buono hanno iniziato a fare i Marvel Studios dichiara:
“Io non ho ancora capito. Non solo pensavo che lo script di Edgar Wright e Joe Cornish fosse il migliore mai fatto per un film dei Marvel Studios: era anche quello più “Marvel”, nel vero senso della parola, che avessi mai letto. Non avevo alcun interesse in Ant-Man. Poi lessi lo script e mi sono detto: ma certo! È fantastico! Mi aveva ricordato i fumetti di Ant-Man, quando li avevo letti. Irrivetente, divertente, poteva rendere enorme ciò che era minuscolo e vice versa. Non so in che momento le cose siano andate storte. Ma la cosa mi ha fortemente intristito. Pensavo: questo sarà un successo. Questa è la Marvel che fa qualcosa di completamente giusto. Qualsiasi dissonanza si sia creata, qualsiasi cosa sia successa, non capisco perché abbiano pensato che fosse più importante di un matrimonio che sembrava così perfetto.”
Potete immaginare quanto, a quel punto, il mio interesse per il film fosse totalmente svanito.
L’uscita di un trailer miniaturizzato
ridestò la mia attenzione fin quando, cinque minuti dopo, lo stesso trailer non venne riproposto a grandezza naturale
e la sua completa inutilità fu la mia personale pietra tombale su tutto il progetto.
Quando sono stato invitato all’anteprima, il mio primo desiderio era quello di lasciar perdere.
Voglio dire, è il 22 luglio, fa caldissimo, c’è il mare, c’è Martina, c’è mio figlio, ma perché devo andare a vedere quello che già lo so che sarà un filmaccio?
E invece vado.
Vado pentendomene a ogni passo e pensando a quante cose potrei fare nelle due ore che sto andando a sprecare.
Voglio dire, in due ore ci vado a Napoli, mangio una pizza da Pellone e torno.
In due ore posso scrivere le più belle pagine della mia vita, posso finire almeno un paio dei sette libri che ho iniziato, sudare sul corpo della mia donna, vedere GZ tentare il suicidio quattordici volte, dormire.
Dormire.
Aspettate, in due ore posso dormire!
Con questa consapevolezza vado al cinema sereno.
Se il film fa schifo, semplicemente, dormirò.
E avere due ore di sonno gratis, al fresco, di questi tempi non è affatto poco.
Mi siedo. Sono circondato di amici bellissimi e il film comincia.
Malissimo.
Il film comincia malissimo con un prologo che regala una regia televisiva, la fotografia di Duccio Patané, degli attori che danno meno del minimo sindacale e uno script pessimo.
Sorrido soddisfatto, sistemo meglio il culo sulla poltroncina, vado per chiudere gli occhi, quando… entra in scena Paul Rudd nel ruolo di Scott Lang, il protagonista!
Inizio a sorridere. Le sue battute non sono geniali, ma ammetto che fanno sorridere. Le scenette che lo vedono impegnato non sono la grande commedia americana ma sono costruite benino, e migliorano.
Migliorano.
Nel giro di venti minuti non voglio più dormire e sono in mano al film.
Nonostante lo stia vedendo in doppiaggiano e nonostante sia in 3d (i due motivi principali per cui ormai odio andare al cinema) sono completamente nelle mani del film.
Scoppio a ridere una volta. Due. TRE.
In un caso rido più forte di quando Giacomo e Riccardo hanno visto il nano.
Rido e mi esalto e per la prima volta non accuso la lunghezza di un film Marvel ma ne vorrei ancora e ancora e quando esco dalla sala sono decisamente soddisfatto.
Cosa è successo, quindi?
I Marvel Studios senza Edgar Wright sono riusciti lo stesso a realizzare un gran film?
No.
Adesso non esageriamo.
Il film buca terribilmente tutti i momenti emotivi e tutta la costruzione drammaturgia dei personaggi. Tutti, senza scampo.
Evangeline Lily a inizio film sembra del tutto fuori ruolo mentre Michael Douglas lo resterà per tutta la durata della pellicola.
Ma quello che in Ant-Man è incredibilmente azzeccato sono tutti i momenti divertenti e esaltanti.
Paul Rudd, il protagonista. Tutti i personaggi secondari (su cui svetta, comune, assoluto e incontrastato: Michael Peña). Le gag. Le scene di combattimento. Le scene col personaggio rimpicciolito al cospetto col mondo e il suo rapporto con le formiche (sì, ehm, con le formiche), e anche il modo in cui, rispettando ormai la regola non scritta di questo piccolo sottogenere, anche in questo caso venga sottolineato quanto siano piccole queste grandi battaglie e come possano essere, allo stesso tempo, enormi.
Non viene dimenticata neanche la chicca dell’approfondimento filosofeggiante che, in questa occasione, viene impreziosito da un’originale e inaspettata scelta di rappresentazione visiva, per una volta, valorizzata dalla visione stereoscopica.
Quindi, cos’è Ant-Man?
Un oggetto che dimostra – e adesso ne abbiamo una prova in più – quanto nelle mani di Wright sarebbe stato qualcosa di immortale ma che riesce, comunque, a intrattenere alla grande senza annoiare e senza insultare i nostri pollici opponibili.
E’ un film perfettamente inserito all’interno della continuity Marvel – la sua “sfida” agli Avengers vi regalerà più di una risata (non vi dico contro chi lo vedrete combattere) e , proprio come l’odiatissimo (dai nerd) Iron Man 3, si distingue dalla cialtroneria imperante degli altri cinecomics mostrando più d’uno sprazzo di, preziosissima, personalità.
Oltretutto, contrariamente agli altri film dei Marvel Studios che, dopo una prima parte esaltante, muoiono nel secondo tempo, Ant-Man offre una seconda parte molto più interessante della prima.
E questo è assolutamente un bene.
In sala uscirà il 12 agosto e io ve lo consiglio.
Fa ridere e vi porterà a tifare per delle formiche e una banda di scemi.
Poi, oh, alle brutte, potrete sempre dormire.
Che due ore di sonno al fresco, di questi tempi, non sono affatto poco.