Un sabato qualunque, un sabato italiano.

16 ottobre 2011 da Mauro

Ieri, la parte di mondo che ha un’idea abbastanza chiara di cosa mangerà stasera, s’è unita per manifestare la volontà di allargare i propri benefici al resto della popolazione mondiale.
Per protestare contro quell’1% che detiene ricchezze sufficienti a sfamare il restante 99.
Per dirsi indignati di quanto quotidianamente avviene, perché l’indignazione è vita laddove una falsa rassegnazione non fa che consolidare uno status che ha ampiamente mostrato – e che continua a mostrare – le sue inefficienze.
Una protesta per gridare che i re sono tutti nudi e che le crisi sono tutte reali, soprattutto quelle di cui, a quell’1% non piace parlare.

Per qui quando intorno ad ora di pranzo ricevo questo sms da mio padre: “Sto prendendo il treno per Roma… tu dove sei? Un bacione.” capisco che buon sangue non mente, finisco di sceneggiare fino a tavola 20 e lo raggiungo all’imbocco di Via Cavour.

Questa foto dovrebbe sufficientemente dimostrarvi quanto io sia bello, dimagrito e che, agli eventi importanti, mi ritrovo sempre con la stessa maglietta.

Il corteo è già bello, colorato e composto da persone di ogni età e ceto sociale.

Mio padre è tutto sorrisi e curiosità. Fotografa a destra e sinistra (e infatti non vedo l’ora di vedere cosa ha attirato la sua attenzione).

E’ contento di vedere tanti ragazzi, meno contento delle bandiere di partito che cavalcano l’onda dell’indignazione ma lo vedo sorpreso.
Erano anni che per un motivo o per l’altro seguiva le manifestazioni tramite le dirette radiofoniche e televisive e ammette che quello che lo circonda non ha niente a che vedere con quello che solitamente viene propinato dai media governativi.

Lungo Via Cavour compaiono i primi segni del passaggio dei più ottimisti tra gli indignati.

Ma sono segnali sporadici, quello che conta è il corteo.

E’ la forza con cui un fiume di persone, pacificamente, manifesta la propria volontà di un mondo diverso.

Il corteo è talmente sereno e pacifico che mi viene voglia di chiamare i miei amici (molti erano già lì), ma anche mia madre e mia sorella e partecipare con tutti loro a questa dimostrazione collettiva (dopotutto c’è anche Batman che veglia su di noi).

Vengono ricordate le parole di Gramsci.

E quelle che dovrebbero essere un obbligo per ognuno di noi.

Mi ritrovo anche, non volendo, davanti alla foto perfetta:

Aldilà del messaggio, che è divertente e raffinato, guardate tutti gli elementi che la compongono: il ragazzino uscito dalla famiglia Bradford, Lola corre, un tizio di Lost che, dalla quinta stagione, si ritrova sbalzato nella nostra epoca e ne è stupito, il suo gemello siamese malvagio che gli spunta dalla schiena, la tizia preoccupata che, invece del sistema, le abbia crashato il cellulare e la guardia svizzera in borghese alle sue spalle.

Ma sto divagando.

Torniamo al corteo, che più si muove alla volta di Via dei Fori Imperiali e più si fa corposo e colorato.

Le voci che parlano di qualche primo gesto vandalico su via Cavour erano vere

ma, a quanto pare, sono limitate soltanto all’auto di questo tizio di San Marino.
E sarebbe bello se non c’entrasse nulla con la manifestazione, e questa fosse solo la punizione per averci provato con la donna di quello parcheggiato dietro

che infatti c’ha la macchina intatta.

Comunque, solare e innamorato, il corteo procede.

Anche se le voci riguardanti quello che sta accadendo a San Giovanni si fanno sempre più preoccupanti.

Per cui decidiamo di tagliare per via degli Annibaldi e andiamo a vedere coi nostri occhi.
Dalle parti del Colosseo, la situazione è tranquillissima.

Caparezza canta dagli amplificatori,

il rosso risplende in controluce,

una piccola banda allieta il corteo con delle canzoni popolari,

dei pupazzi omaggiano altri pupazzi,

e finalmente: UN CUHULO!

(anzi, tre)

Peccato che gli intenti comunicativi delle tre fanciulle siano del tutto mandati all’aria dal photobomber alle loro spalle, preso nel momento più felice della sua vita!

Nel mezzo di via Labicana, la musica, purtroppo, inizia a cambiare.

E le facce, colorate di festa e partecipazione, iniziano ad incupirsi.

Vetrine sfondate, cassonetti in fiamme, auto carbonizzate, caserme incendiate.

E quello che è un proclama decisamente chiaro.

Il corteo inizia a fermarsi. A chiedere.

All’imbocco con via Merulana appaiono i primi ragazzi incappucciati e armati. Vengono insultati dalle frange pacifiste del corteo

che si precipitano a chiedere agli squadroni di Polizia perché li facciano proseguire indisturbati verso il piazzale di San Giovanni.
Dalle guardie, nessuna risposta.

Passano ambulanze e camioncini che trasportano alcuni feriti verso il vicino ospedale e, arrivati al piazzale di cui stanno parlando tutti i Tg, questo è lo scenario:

Confusi, tra decine di curiosi, un centinaio (due centinaia?) di incappucciati urla e lancia sassi verso le camionette di polizia parcheggiate sull’appia.

L’intervento della polizia si limita a un costante e continuo lancio di lacrimogeni.

che effettivamente, ammetto che nel mio curriculum mancavano.

Avevo letto tante cose in merito, ma devo dire che trovarcisi in mezzo è un’altra storia.
Gli occhi iniziano a lacrimare e le palpebre bruciano come l’inferno.
La gola improvvisamente si secca, sparisce la salivazione e arriva una sensazione forte di vomito che porta ad accasciarti.

A meno che tu non sia munito delle necessarie attrezzature per resistere.

La polizia prova a disperdere la folla con i getti d’acqua

ma ottiene soltanto il risultato di disperderne una parte. Il corteo, che nel frattempo prende coraggio, si dirige verso le forze armate, con le mani alzate e le bandiere della pace, a sottolineare che non è una guerra.
La polizia reagisce sparando altri lacrimogeni.

Scappiamo a destra, a sinistra. Dopo aver incassato i primi, adesso i miei occhi sono molto più sensibili e bruciano immediatamente.
Vedo un movimento in aria, credo siano altri fumogeni. Scatto.

Erano tre gabbiani. Bene. E un elicottero. Male.

Ci rintaniamo in un angolo per cercare di capire se è possibile proseguire sull’appia, ma lì la situazione è anche peggiore.

Capiamo di aver fatto una cazzata. Credevamo di rintanarci in un angolo tranquillo e invece il vento è a nostro sfavore e ci trascina tutto il fumo dei lacrimogeni nella nostra direzione.

Iniziamo a tossire e a non vedere più nulla, finché non ci accorgiamo che il cancello dell’Università Lateranense è stato aperto e un piccolo gruppo di suore e preti sta aiutando i ragazzi offrendo acqua, asciugamani e accoglienza.

Mentre ringraziamo, due ragazzi alle nostre spalle, prendono l’acqua e scherzando tra di loro, e facendo molta attenzione a farsi sentire chiaramente, si dicono: “Ma è vero che tutti i preti sono froci?” E io in quel momento provo un moto di tale rabbia che viene alleggerito soltanto dall’arrivo di Pasquale, un seminarista che ci racconta un po’ del suo percorso in Italia e di quante volte si è trovato in situazioni simili a quelle visto che anche lui è stato per anni un manifestante.

Ci indica una strada per lasciare la piazza senza dover tornare in mezzo al delirio ma la volontà di documentare quello che accade – e di vederlo attraverso i propri, bruciati, occhi, è più forte, per cui usciamo di nuovo dal cancello, proprio nel momento in cui:

La polizia parte con la sua carica. (cliccate per ingrandire)

Gli incappucciati scappano tornando a piazzale laterano e la maggior parte delle persone che restano sono fotografi, giornalisti, e curiosi con le mani alzate.

La polizia carica lo stesso.

Finché non accade qualcosa di inaspettato. La polizia, divisa per raggiungere più persone possibili, sfalda il suo gruppo e si trova impreparata davanti all’avanzata di alcuni manifestanti a braccia alzate in segno di resa.

Per un attimo, i due schieramenti non sanno cosa fare.

E sul ritirarsi delle forze armate parte un lungo applauso.

Non dura molto.
Gli incappucciati lasciati indisturbati a piazzale Laterano hanno preso d’assalto delle camionette di polizia e carabinieri

mettendole in fuga sotto una fitta sassaiola

(vale sempre il discorso di cliccare e ingrandire)

I manifestanti fischiano e urlano contro gli incappucciati, affermando che anche loro fanno parte di quell’un per cento a cui non vogliono appartenere.

Ma ricomincia il lancio di lacrimogeni.

Proprio mentre la – ormai famosa – camionetta dei carabinieri viene data alle fiamme.

E alla vostra destra, potete ammirare il palazzo della Scala Santa.

Nel piazzale San Giovanni invece sembra essere tornata un’apparente calma.
Degli incappucciati non c’è traccia.

Un gruppo di pacifici manifestanti attua un sit-in davanti alle forze di polizia schierate.

E mentre dalle parti di San giovanni in laterano continuano gli scontri

Una squadra da una parte, una squadra dall’altra, la signora di spalle come arbitro, iniziano a giocare a rubabandiera.

“Coloooor… colooooor….”

Lasciamo la piazza proseguendo per via appia, in direzione di San Lorenzo.

Questo è quello che resta degli scontri

Questi i volti

queste le macerie

Appare anche il sacro spirito della Patata ma dico che, per il momento, è più utile altrove.

Mi risponde che invece sarebbe stata utilissima qui, prima, e che è arrivata in ritardo.
Come darle torto.

I romani iniziano a scendere in strada chiedendosi il perché delle cose

e tornando a litigare su uno stato in cui non esiste un’opposizione valida capace di far sloggiare quel manipolo di criminali.
Uno stato in cui l’opposizione siamo noi, che non riesciamo a fare muro comune per mandarli via.
E iniziamo a litigare e a insultarci, perché la pensiamo diversamente.

mentre a piazzale laterano continuano gli scontri tra le forze di polizia e un manipolo di delinquenti cui, come al solito, viene sempre lasciata la possibilità di creare quel caos che finirà per tenerci tutti buoni.

E il cielo è sempre meno blu.

— Conclusione —-

La lascio alle parole di Zucconi e del suo editoriale di stamattina:

“Se fossi nei trombettieri del governo, andrei molto cauto nell’approfittare di questa catastrofe, come ha fatto puntualmente il solito TGUno, seguito poi dallo stesso Berlusconi con un comunicato ridicolo e offensivo, nel quale esalta proprio quelle forze dell’ordine alle quali il decreto stabilità appena varato dal Consiglio dei Ministri ha tagliato 60 milioni di Euro. Un governo che non sa garantire l’ordine e la sicurezza di una manifestazione autorizzata e pacifica nella propria capitale, che non sa prevedere e prevenire quello che tutti noi avevamo temuto, che permette a centinaia di professionisti dello sfascio di arrivare tranquillamente lungo il percorso annunciato della sfilata addirittura con “uniformi nere e maschere antigas” come dice una trafelata inviata del TGUno che si crede di essere a Kabul, dovrebbe dimettersi, invece di tentare di strumentalizzare le operazioni di questi spaccavetrine. Soprattutto se nello stesso giorno in nessun’altra capitale del mondo – nessuna – dove si sono svolte manifestazioni simili è accaduto nulla di lontanamente simile. Come ha detto il corrispondente da Londra dello stesso TGUno, Antonio Caprarica, correttamente informando e involontariamente mettendo in stato d’accusa la città e il governo italiani, “Londra non si è fatta trovare impreparata”. Roma invece sì. Completamente impreparata, nella più benevola delle ipotesi. E Roma chi è, se non chi amministra la città e governa la nazione?”

Fate il vostro gioco.

11 ottobre 2011 da Mauro

Mirate!
Questi sono solo alcuni minuscoli dettagli delle foto che i primi partecipanti al concorso “Johndoizzate il vostro desktop!”  hanno inviato all’indirizzo mail: mauro.uzzeo@gmail.com

Tra di loro ci sono affezionati lettori

tumblere scatenate

scellerati mangauomini

Studentesse desktop

noti giornalisti

esperti di photobombing

e bizzarre editor dai capelli rossi

Sfidateli!
Dimostrateci di saper fare meglio di loro e vi guadagnerete – oltre che l’ammirazione incondizionata del milione di lettori di questo blog – un disegno esclusivo realizzato dai prodi Federico Rossi EdrighiMarco Marini che, vi ricordo, sono i disegnatori del prossimo, orrorifico, albo di John Doe!

Orsù, JohnDoizzate il vostro desktop e scattate, il tempo scorre e non state diventando più giovani!

Fate il vostro gioco!

p.s.
E grazie a Marte di Comicblog che si è fatto promotore dell’iniziativa con un bell’articolo dedicato, che trovate QUI.

“Cosa dobbiamo aspettarci dal tuo prossimo John Doe?”
è la domanda che ricevo più spesso in questo periodo (seconda solo a “Come vanno le palle?”, ma questa è un’altra storia!).

Visto che mancano ancora un paio di settimane buone alla data di uscita dell’albo, ho deciso di rispondere al quesito semplicemente iniziando a farvi sbirciare lo splendido lavoro fatto da Federico Rossi Edrighi e Marco Marini.

Cosa dovete aspettarvi dal prossimo John Doe?

Questo:


(cliccate, cliccate, che si vede meglio!)

E molto altro.

Quindi, care amebe, se siete fan del personaggio (come non esserlo?) questo è il giorno giusto per brindare!
I vostri amatissimi sceneggiatori e disegnatori di quartiere hanno infatti deciso che era il momento di premiarvi con il WALLPAPER UFFICIALE dell’albo in questione, col quale potrete abbellire i vostri stanchi e avviliti desktop e allo stesso tempo fare un figurone con la darkettina che state sbirciando da quando si è seduta accanto a voi.

Per darvi una veloce dimostrazione pratica di QUANTO diventeranno più belli i vostri computer, guardate come risplendono quelli del nostro studio!

Non male, no? (Ehi, abbiamo anche pensato a lasciarvi lo spazio in alto per le icone, chi – diteci chi – più di noi, si preoccupa dei vostri bisogni?)

E come diceva il compianto Corrado (zombi anche lui, per restare in tema): Non finisce mica qui!

Nei prossimi giorni troverete dei poster promozionali che riveleranno quali personaggi accompagneranno John in questo viaggio, e la solita, richiestissima, caterva di backstage.

Stay tuned!

AGGIORNAMENTO CONCORSIFERO:

Inviate al mio indirizzo e-mail: mauro.uzzeo@gmail.com le foto in cui dimostrate di aver JohnDoizzato il vostro desktop.
L’autore (o l’autrice) della foto più bella, riceverà un disegno realizzato appositamente ed esclusivamente per voi dai prodi Federico e Marco e siglato da tutti e tre.

Ovviamente, giudici valutatori della bellezza della foto vincitrice saremo sempre noi stessi medesimi.
Stupiteci!

Quello che voglio per te.

8 ottobre 2011 da Mauro

http://www.youtube.com/watch?v=xr1NQ3uHz6I

You are my sister, we were born
So innocent, so full of need
There were times we were friends but times I was so cruel
Each night I’d ask for you to watch me as I sleep
I was so afraid of the night
You seemed to move through the places that I feared
You lived inside my world so softly
Protected only by the kindness of your nature

You are my sister
And I love you
May all of your dreams come true

We felt so differently then
So similar over the years
The way we laugh the way we experience pain
So many memories
But there’s nothing left to gain from remembering
Faces and worlds that no one else will ever know

You are my sister
And I love you
May all of your dreams come true
I want this for you

They’re gonna come true (gonna come true)

Tu sei mia sorella, e  noi siamo nati
Così innocenti, così pieni di bisogni
Ci sono state volte in cui siamo stati amici, ma altre sono stato crudele
Ogni notte ti chiedevo di vegliarmi nel sonno
Ero così spaventato della notte
e tu riuscivi invece ad attraversare i posti che io temevo.
Vivevi nel mio mondo così dolcemente
Protetta solo dalla gentilezza della tua natura.

Tu sei mia sorella
E io ti amo
Che tutti i tuoi sogni possano avverarsi

Ci sentivamo così diversi da piccoli
Ma poi negli anni sempre più simili
Il modo in cui ridiamo o in cui esprimiamo il dolore.
Così tanti ricordi
Ma dai ricordi non si può ottenere niente di più.
Volti e mondi che nessun altro conoscerà mai.

Tu sei mia sorella
E ti amo
Che tutti i tuoi sogni possano avverarsi
È quello che voglio per te

Si avvereranno (si avvereranno)

E’ un video che ho fatto l’altra sera e durante questa canzone ti ho pensata ininterrottamente.

Tanti auguri sorellina.

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Di tutta l’uva, un fascio.

3 ottobre 2011 da Mauro

Prima domenica d’ottobre: sagra dell’uva di Marino.
Non si discute.
Non si discute soprattutto con mia nonna, che se salto il sacro pranzo della sagra rischierei di cadere vittima del “non mi vuoi più bene” per qualche mesata.

Per cui, si diceva, sagra dell’uva di Marino.

Per rivedere mia sorella e i ragazzi del Bosco delle Fate e Marco col colbacco.
Per incontrare Ea come al solito.
Per bere fino a notte fonda, che ti accorgi che si sono fatte le due dal rintocco delle teste dei punkettoni che prendono la rincorsa e si lanciano ad ariete contro i bagni chimici (true story).
Per dimostrare a Martina che quella di Velletri al confronto  è scamuffa come la riproduzione del colosseo che ti misura la temperatura.

Sagra dell’uva, quindi.

E il solito boato di gente ma proprio così tanta che non si può passare e allora per arrivare da A e B ti fai tutto l’alfabeto accostando ad ogni lettera la sua giusta divinità da condannare.
Ma alla fine guadagni la piazza lo stesso.
I ragazzi della sicurezza, addetti alla scottante responsabilità del tenere la gente ai lati della strada per il passaggio del corteo, li riconosci subito: tendenzialmente grassi, tendenzialmente pelati, tendenzialmente col pizzo fino, tendenzialmente tatuati, tendenzialmente incazzati, tendenzialmente fasci.

Il che, se consideriamo che Marino è diventato negli ultimi anni l’ultimo avamposto del castelli romani del centrodestra, grazie a quel 62% che è impossibile dimenticare, non dovremmo stupirci più di tanto.

E quindi, quando uno tendenzialmente grasso, tendenzialmente pelato, tendenzialmente col pizzo fino, tendenzialmente incazzato mi ha fatto notare che non potevo passare per quella stradina, afferrandomi e buttandomi di lato, non l’ho presa male. Dopotutto questi sono abituati così.
E gli ho detto: “Perdonami, devo arrivare lì, ci lavora mia sorella, il corteo è anche parecchio lontano, posso passare, esattamente come stanno facendo quelle persone?”
Lui le guarda, guarda me e vinco un: “Tu non ti muovi. Non si può passare.”

Mi ripeto tra me e me che il dialogo tutto può e tutto deve: “Il corteo è ancora nell’altra piazza e io devo arrivare semplicemente lì, esattamente come stanno facendo quelli, vedi?”

Mi rimette le mani addosso e mi dice: “Tu stai qui.”

Martina interviene chiedendogli spiegazioni, io ribatto che è assurdo e che non capisco perché sto tipo, vestito di una semplice maglietta nera e senza mostrare alcun tesserino né una semplice maglia del servizio d’ordine, quindi semplicemente un tizio con una maglietta nera, mi stia dicendo cosa devo fare, per di più mettendomi le mani addosso.

Lui la prende bene e mi chiede i documenti.
Rispondo che non vedo alcun motivo per darglieli.
Mi chiede di seguirlo.
Rispondo che non esiste. Effettivamente, ammetto d’esser stato maleducato, testualmente gli ho detto: “Ma che cazzo vuoi? Mi spingi da una parte per due volte e io ti devo pure seguire?”

Lui che, evidentemente, odia la maleducazione, mi dà una cinquina in faccia.

Martina che si scaglia a fermargli il braccio, ne riceve una pure lei.
In faccia.

A quel punto io mi giro verso le 50.000 persone che erano assiepate dietro di me e che iniziano a inveire verso il tipo e chiedo: “Avete visto tutti che cazzo ha fatt…”
Interrompo la mia frase senza concluderla esattamente come fa Cattivik, ma non per imitarlo, semplicemente perché il tipo mi sferra un calcio nel coglioni con quelle sue belle scarpette rinforzate.

Colpa mia. Ho detto di nuovo: “cazzo”.

E a quel punto, visto che mi ci trovo, ne aggiungo anche altri, condendo il tutto con: “Adesso ti faccio fare il culo dalla polizia.”
Interviene un tizio del servizio d’ordine, ci divide e mi dice nell’orecchio di non insistere, che quel tipo è pericoloso.
Il tendenzialmente stronzo ride come i cattivi dei fumetti della E.C. Comics e conclude con: “Vai, vacci dalla polizia, che ci facciamo quattro risate.”

Io vado, incitato dalla gente, ma prima decido di dare le spalle al mondo e, schiacciandomi contro un muro,  controllo che le mie palle siano sempre due e non un unico LocoRoco gigante e canterino.

E a quel punto avviene uno degli enne dialoghi grotteschi che vivrò nelle prossime ore:

“No, Mauro, lì no!”
“Eh! Ah! Ciao Carla, cosa no?”
“Non puoi farlo!”
“Ma m’ha preso a calci alle palle, mi fa male e voglio controllare!”
“Ah, credevo volessi pisciare sul muro di casa mia.”

Riesco contemporaneamente a sgranare un occhio e a socchiuderne un altro (la mia faccia doveva essere pressapoco una cosa così: o_O ) e, verificato che Paola & Chiara si trovano al posto giusto, corro a raccattare qualche guardia.

C’è la camionetta ferma dietro le transenne ma, a quanto capisco, i poliziotti all’interno stanno vivendo un momento particolare.
Hanno fermato un tizio che a una prima occhiata risulta fatto (tanto) e ubriaco (tanto) e in cinque faticano a gestirlo.
Io attiro l’attenzione con dei gesti moderati.
Sono uno “Scusi” vivente di un metro e novantatre per centootto chili (sono dimagrito, ah!) e alla fine un tipo arriva.

Chiamiamolo Pietro Numero Uno visto che è il più veloce a palesarsi.
E’ bassetto e guarda sempre a destra o a sinistra e questo mi porta a spostarmi mentre parlo come Will Smith in Alì.
Gli spiego cos’è successo e mi dice che dovrei lasciar perdere. Mi chiede se sò il nome del tipo. Gli dico no. Ripete di lasciar perdere e mi dice che in finale non è successo niente.

Provo a spiegargli che spinte, schiaffi a me, schiaffi a martina e calci nelle palle non li definirei proprio “niente”, ma lui mi spiega che intende “niente” nel senso di “niente”.

Gli dico che è ok e che quindi ho capito che mi sta consigliando di chiamare due amici e di andare a cominciare una bella rissa per modificare “niente” in “qualcosa di utile per cui intervenire” e lui dice che no, non ha detto questo, ma se ne va.
Parlotta un po’ con tipo numero 2, che noi adesso chiamiamo Poliziotto Francesco, e nel mentre, succede un’altra di quelle cose che gli americani definirebbero WTF!

Vi ricordate del tizio di prima? Quello ultrambriaco e ultrafatto?
Ecco, quello viene lasciato momentaneamente incustodito nella camionetta e, mentre tutti i poliziotti sono impegnati a sfidarsi a quel gioco in cui dici “Solleva l’indice!” ma in realtà stai sollevando il pollice e vuoi vedere quanti ci cascano, il tizio, del tutto indisturbato, apre il finestrino della camionetta e… scappa!
Scappa passando dal finestrino e fuggendo dall’altro lato della camionetta come in un film di Totò e Peppino. O di Alberto Sordi, per restare in tema.

I pulismani se ne accorgono e, sollevando il pollice, corrono a riprenderlo.

Io resto solo con Poliziotto Francesco, bel tipotto in borghese, tendenzialmente grasso, tendenzialmente col pizzo, ma anche tendenzialmente tranquillo, che mi chiede di ri-spiegare cosa succede.

Io gli dico che è semplice e che avrei solo bisogno che uno di loro mi accompagnasse dal tizio, che sta presidiando la piazzetta vicino, a prendere le sue generalità.
Mi risponde che non può e, mettendo una faccia serissima aggiunge: “Perché come hai potuto notare, c’è un’emergenza in corso.”

Evito di fargli notare che l’emergenza in corso sembra uscita da un albo di Topolino e che già su MicheyMouseMisteryMagazine avrebbe fatto fatica a trovare posto e gli rispiego tutto.

Lui ascolta attentamente e mi dice di descrivergli il tipo che così, poi ci pensa lui a cercare di rintracciarlo.
A questo punto interviene Martina, sfastidita, e dà il via al dialogo più bello della giornata. Anzi, più bello del mese, dell’anno, del millennio:

Martina: “Ma a cosa serve descriverglielo quando è lì, a 200 metri, e potrebbe tranquillamente venire con noi a identificarlo?”
Poliziotto Francesco: “Signorina, non posso muovermi da qui, volete descrivermelo?
Mauro: “Altezza media, moro, tendenzialmente grasso, tendenzialmente col pizzo, e con una gran faccia da stronzo.”
Martina (che non ha ascoltato con attenzione tutta la mia frase): “Ecco vede, a che serve? Potrebbe tranquillamente essere la sua descrizione!”
Poliziotto Francesco: … la mia?
Martina: Si.
Mauro (sguardo abbassato): Ehm… eccetto… forse… per la faccia da stronzo.
Poliziotto Francesco: “Ma m’ha detto comunque che sono ciccione.”
Mauro: “Lo dice anche di se stessa, lasci correre”.
Martina: “Chi ha la faccia da stronzo?”

Dopo cinque minuti riusciamo ad uscirne e Poliziotto Francesco, che vede che siamo tipi a posto, ci dice: “Sentite, dai, ma veramente volete proseguire con questa denuncia? Ma se mi date uno schiaffone a me, può andare bene come scusa?”

Non credendo alle nostre orecchie rispondiamo in coro: “Eh?”
E lui ribadisce: “Dai, date un pizzone a me e va bene così, senza che proseguiamo.”

In quel momento s’avvicina Giampaolo, il proprietario del ristorante dove s’andava sempre a fare le cene Animantis, con quel ragù di tacchinella che signora mia non ha idea, e mi chiede che succede.
Glielo spiego io e glielo spiegano anche una decina delle persone che hanno assistito al fattaccio e che si sono spontaneamente presentate a testimoniare proprio in quel momento.

Poliziotto Francesco non ce la fa più a provare a dissuaderci e quindi si mette a compilare la denuncia in perfetto denunziese e finalmente possiamo salutarci ben sapendo che ci rivedremo martedì, giorno in cui andrò a confermare la denuncia al commissariato.

Non facciamo che tre passi, quando ci raggiunge un terzo poliziotto, che aveva sentito tutto, e che ci sussurra di andare di corsa all’ospedale per aggiungere, alla denuncia, anche il referto delle percosse prese.
A me non va molto di aggiungerci questa cosa, quindi lo ringraziamo e ci gettiamo nella folla per trovare il tizio del servizio d’ordine che era intervenuto prima in mio aiuto.

Lo incontriamo e mi premuro di ringraziarlo dicendogli, per testare la sua reazione, che l’ho anche citato nel verbale per ringraziarlo di essere lanciato in mia difesa.

A questo punto il mio difensore vacilla, si preoccupa e mi specifica che lui non è assolutamente intervenuto in mia difesa ma stava soltanto cercando di placare gli animi.
Gli ricordo che l’animo del tizio era calmissimo mentre mi prendeva a calci nelle palle e che lui era stato testimone di questa cosa.
Lui mi risponde: “Si, ma ho sentito anche te che gli dicevi le parolacce!”
Ribadisco che era perché avevamo preso pizze in faccia sia io che la mia donna. Ribatte che comunque le parolacce non si dicono.

Come dargli torto.

Mi sento come finito dentro Brazil ma senza l’angelo ma non ho tempo di crogiolarmici abbastanza: le palle hanno iniziato a farmi male.

[ Ok, ora voglio tranquillizzare le mie 30.000 lettrici che saranno svenute immantinente, rassicurandole con un sereno flashforward: nessuna palla è stata definitivamente danneggiata nella realizzazione di questo post e tutto è già come nuovo. Ok, non come nuovo, ma comunque stiamo parlando di usato sicuro.
Adesso torniamo alla narrazione in tempo reale.]

Chiamo mio cugino che è il Dio degli Infermieri e lui, al semplice guardare come cammino, sentenzia: Pronto Soccorso dell’ospedale di Frascati.

Balziamo in auto, che in scooter ho capito che non se ne parla.
Sale Cristiano, sale Rossana, sale la mia palla sinistra, la mia palla destra, e qualche minuto dopo e con molta calma, io.

Al pronto soccorso troviamo i partecipanti al G8. No, non quelli che stavano dentro, tutti quelli rimasti fuori, ma riesco comunque a farmi strada.
Dopo quaranta minuti d’attesa, la signorina dell’accettazione mi chiede di gridare cosa ho.
Io, notoriamente morigerato, chiedo di poter entrare dalla porticina di lato per spiegare.
Urla che non posso entrare e mi chiede cosa ho.
Urlo moderatamente che ho subito un aggressione.
Mi guarda in cerca di tracce.
Indico il centro alto dei pantaloni.
“Ah.” mima lei dall’altra parte del vetro.

Chiedo anche analisi del sangue per dimostrare che ero l’unico sfigato che non ha toccato un sorso di vino in tutta la sagra (non vorrei che il tizio si difendesse dicendo che era intervenuto a placare un ubriacone) e mi siedo in attesa.
E attendo, attendo, attendo.
Poi mi chiamano.

In una bianca stanzetta, due signorine di bianco vestite mi scrutano il basso ventre e io, che ho visto un sacco di .avi cominciare in questo modo, non sto a disagio più di tanto.
Certo, mi toccano come se fossero alle prese con un cachi di dubbia provenienza ma va anche bene. E’ gratis.

Suona il telefonino, numero che non conosco.
Ipotizzo sia Poliziotto Francesco che m’aveva detto che in caso avessero individuato il tizio mi avrebbe chiamato subito e chiedo di poter rispondere.
Le studiose di cachi acconsentono ed io inizio a parlare al cellulare mentre loro soppesano senza pietà alcuna.

Non è Poliziotto Francesco, è Giampaolo.
Quello del ragù di tacchinella, che fermati.

“Giampà, dimmi! No, no, non mi disturbi, tranquillo. Si. No, non sto più a Marino, sto all’ospedale di Frascati. Ah, Eh, mi vuoi parlare ora? Dove? No, non torno a Marino. Ma hai capito chi è? Eh, no dai, Giampà, al massimo se vuoi parlare vieni qui che tanto io starò ancora due ore qui all’ospedale. Ok, ok, ok, dai, a tra poco.”

Attacco con una sensazione di fastidio, e non è legata al fatto che le due abbiano smesso e si siano tolte i guanti.
Mi dicono di aspettare i risultati fuori e appena esco trovo Martina che mi chiede com’è andata: “Bene”, rispondo, “Erano in due e con un tocco leggerissimo.”

Sogghigniamo entrambi come due dementi e poi gli dico della telefonata di Giampaolo.
E’ chiaro che se viene fin qui vuole farmi ritirare la denuncia. Aspettiamo a vediamo come va.

Mi chiamano per ritirare le analisi e sparisco.

Martina, ritrovandosi sola si avvicina alla ragazza che è stata portata sulla barella poco prima e che piange.
Vedendola, la tipa le chiede di aiutarla a morire e di farla scendere dalla barella.
Martina le risponde che non può aiutarla per nessuna delle due cose e che se è stata messa su quella barella, un motivo ci sarà.
La ragazza non se lo ricorda ma ad occhio sembra abbia a che fare con qualche acido di troppo.

Poco importa perché Martina, in quel momento, si sente chiamare e nel corridoio si palesano Giampaolo, Poliziotto Francesco e Pietro Numero Uno.

Al loro passaggio, la cantante dei Prozac + allunga il braccio verso Poliziotto Francesco chiedendogli di aiutarla a morire e di farla scendere dalla barella.
L’implacabile difensore della pace la prende con le sue forti braccia e la mette in piedi in men che non si dica.
E in men che non si dica arrivano anche le urla della dottoressa che caccia Poliziotto Francesco dal corridoio, insultandolo.

E’ in quell’istante arrivo io godendomi solo la parte finale della scena.

Mi accomodo fuori dall’ospedale insieme alla combriccola del blasco e Pietro Numero Uno esordisce con: “Mauro, immagino tu sappia il motivo per cui siamo qui, vero?”

Io ribatto con: “Certo, siete venuti per avvertirmi che il tizio non era un poliziotto in borghese come invece m’avete fatto pensare per tutto l’impegno che c’avete messo a non farmi fare la denuncia e che comunque l’avete identificato e fermato. Giusto?”

I solerti tutori dell’ordine si producono in un coro di “Ehm…” perfettamente a tempo (me ne congratulo) ed è Giampaolo a prendere la parola e a dirmi che il tizio che me le ha date era, effettivamente, un poliziotto in borghese e che è una persona a cui tengono molto.

Mi dicono delle frasi a cui voi non crederete ma che non sono state minimamente romanzate (e alle brutte, potrete chiedere conferma alla velletrana che ama interrompere i flussi narrativi), eccole:

– “E’ una persona che sta passando un momento difficile.”
– “Ti chiediamo di metterti una mano sulla coscienza.”
– “Per venire qui a scusarci a nome suo abbiamo dovuto ingoiare bei barattoli di merda”
– “E’ uno che ha dato tanto all’arma, non sarebbe giusto adesso, punirlo così tanto.”
– “Ha problemi con la moglie.”
– “Ha problemi di tiroide, è ingrassato un sacco”.

Io, a questi appunti, ribatto tutto quello che spesso hai voglia di chiedere a un poliziotto ma poi ti dici che è meglio non farlo.

Gli chiedo perché mettere uno che sta passando una fase problematica della sua vita, a gestire l’ordine in una situazione potenzialmente esplosiva.
Gli chiedo perché vengono da me a chiedermi di ritirare la denuncia quando persone come quella gettano fango sulla divisa che loro stessi indossano e che loro dovrebbero essere i primi a voler tenere pulita.
Gli chiedo perché sin da subito hanno coperto un loro collega visto che hanno ostruito qualsiasi tentativo di prendere il tizio in flagrante.
Gli chiedo cosa accadrebbe se io domani sera prendessi a calci nelle palle un agente e poi un mio collega (giovà, vacci tu!) si presentasse in caserma per dirgli che comunque l’ho fatto solo perché sto passando un brutto periodo.

Loro rispondono sempre nello stesso modo: “Si, tu c’hai ragione, però…”

Gli dico che non credo che sia un caso isolato, perché quel tizio ha allungato le mani e le gambe negli unici 3 momenti in cui io non lo guardavo direttamente e che quelle sono tattiche da picchiatore navigato.
Gli dico che non m’interessa “punirlo” per quanto fatto a me, ma mi interessa non farla fare franca a un tipo di comportamento ormai sempre più frequente.
Gli dico che se io non vado avanti con la causa e se quest’individuo domani ammazza di botte un altro, io non saprei come perdonarmelo.
Gli dico che hanno rotto il cazzo, che qualche tempo fa un poliziotto mi pedina la donna per provare a rimorchiarsela su Fb e adesso un altro mi prende a calci nelle palle.
Gli dico, soprattutto, che adesso sarà impossibile convincere Martina che la sagra dell’uva di Marino sia meglio di quella di Velletri.

Gli dico che ho tre mesi per fare questa denuncia, e che voglio verificare come intende muoversi la polizia di Marino nei confronti di questo elemento.
Gli dico, quindi, che hanno tre mesi per dimostrare che sono state prese delle misure e che questa persona non venga messa in condizione di sfogare le sue frustrazioni sulla gente, per strada.

Acconsentono. Lo trovano ragionevole.

Siamo rimasti d’accordo che andrò a incontrare questa persona la settimana prossima.
Voglio parlargli e voglio chiedergli delle cose.

Perché parlare di una società che diventa sempre più fascista è facile.
La “società” è un concetto davanti agli occhi di tutti e quindi, come direbbe Poe, quello meglio nascosto.

Vorrei parlare con questo tizio e ascoltare le sue ragioni se è vero che ne ha riconosciuto i torti.
E vedere se riesce a spiegarmi un po’ cosa si prova ad emozionarsi nel ruolo più eccitante della legge.
Quello che non protegge.

Uff.
In tutto ciò, neanche una ciambella al mosto.
Adrià, ci pensi tu?
‘raaaaaaaazie.

Stampata per regalartela.

26 settembre 2011 da Mauro

E’ la pagina 1 di un volume in cui tu ci sei fin dalla prima vignetta.

La lascio a Nolitta.
Di lui, fortunatamente, non ho sentito brutte notizie.

Addio e grazie di tutto.

Soltanto dopo aver agito.

25 settembre 2011 da Mauro

“In altre parole, salire gli scalini della professione grazie alle proprie capacità artistiche, tracciare da soli lo schema del proprio destino e realizzare i propri sogni, tutto ciò ha una fortissima impronta romantica.
Per me, che desideravo diventare un artista, Asakusa era il posto ideale.
Avevo compreso che lì, in ogni situazione, nulla avrebbe potuto sostituire la pratica.
La forma e la teoria vengono sempre dopo.
Salire sulla scena, riflettere, ma soltanto dopo aver agito, questo corrispondeva perfettamente alla mia sensibilità.
Secondo la concezione dell’arte dei comici di Asakusa, le indecisioni non importavano nel momento in cui si recitava davanti ad un pubblico. “

Takeshi Kitano – Asakusa Kid.

Dodici motivi, più uno nascosto.

24 settembre 2011 da Mauro

Primo:

Secondo:

Terzo:

Quarto:

Quinto:

Sesto:

Settimo:

http://www.youtube.com/watch?v=9S2JQOvIe4g&feature=related

Ottavo:

Nono:

Decimo:

Undicesimo:

http://www.youtube.com/watch?v=0mzlFkYJxWI

Dodicesimo:

http://www.youtube.com/watch?v=RHKlx_fjYzg

E quello nascosto:

Per dimostrare che anche dopo vent’anni importa eccome. Altro che no!

P.S.

Luglio 1992_Ciampino.

Andrea: “Ascolta questa cassetta, ci sono i primi due album dei Nirvana, il primo non mi piace molto ma “Nevermino” è bellissimo!”

Mauro: “Nevermino?” Che vuol dire?”

Andrea: “Non lo so, ma che te frega?”

Mauro: “In effetti niente”

Well, whatever, nevermino.

“…Il presidente del consiglio invece è vittima di una giustizia borbonica che si occupa di feste nelle quali esercita il ruolo di giocoliere galante e invita a ballare o a sentire dei racconti su Putin le sue ospiti, ed eventualmente, naturalmente, fa anche esercizi di piacere tipici di tutti maschi italiani eterosessuali.”

Giuliano Ferrara
24 Settembre 2011

VOTA ROCK! VOTA ROCK! BISCOTTINA ROCK!

22 settembre 2011 da Mauro

Veronica Aliprandi è la Production Manager della Rainbow Cgi.

Questo vuol dire che il suo lavoro consiste nel litigare quotidianamente con me.
E il mio di litigare con lei.

Che nella normale ottica Reparto di produzione/Reparto artistico ci sta anche e non ci sarebbe nulla di male: ci si scanna e poi, una volta finito il film si torna serenamente ad ignorarsi fino alla prossima volta.

Con Biscottina (il nome da poliziotto cattivo dietro cui si nasconde Veronica) questo non è possibile.

Prima di tutto perché la sua parte artistica spesso emerge molto più di quella organizzativa.
Secondo poi perché avere il tuo battesimo del fuoco sul set di Mary di Abel Ferrara e sopravvivere, non è da tutti.
E infine perché siamo fottutamente amici.

Voglio dire, come si fa a non essere amici di una che s’è tatuata il T-Rex di Toy Story sull’inguine?
Di una che siccome non la facevano sposare allo Skywalker Ranch con rito Jedi ha chiamato un mago che l’ha tagliata a fette durante il matrimonio?

Di una con cui hai condiviso la trincea del periodo più cazzuto della d2b in compagnia di una squadra simile?

Di una che durante la prima partita a calcetto della sua vita ha fatto questo:

…e che dopo aver scoperto che eravamo rimasti intrappolati per tre giorni ad Hong Kong, prigionieri di due visti scaduti, mi ha portato a comprare mutande e spazzolini di fortuna  nel 7eleven sotto l’albergo

e poi a cena nel giapponese più grande del pianeta

e a bere frullati con uova di sago (?!?!)

per poi concludere il tutto trascinandomi a Disneyland Hong Kong il mattino seguente.

Di una che hai acchiappato e trascinato sul suo primo red carpet.

Che hai consolato (dopo esser stato quello che l’aveva fatta incazzare, ovvio!)

Di una che hai visto abbracciare le montagne…

e partecipare ad una festa in cui, si dice, abbia interpretato Axl Rose in piedi sul bancone del bar.

Di una che per le due settimane che precedono il natale si veste così

Di una che hai fotografato abitata

e a cui hai regalato i palloncini di Up durante la cerimonia d’assegnazione del Leone D’Oro alla carriera di John Lasseter

a cui si è presentata incintissima ma che comunque, è stata la più veloce di tutti ad alzarsi all’arrivo di George Lucas

(si, è lei la squinternata che si vede a partire da 1.57 e, come potete vedere dalla mia espressione, fino a pochi secondi prima mi stava urlando nelle orecchie)

per poi presentarsi dal creatore della sacra trilogia, pancione in vista, sperando in un autografo di clemenza e ricavandone – putroppo – la sconfitta più cocente della sua vita.

Di una che ti ha messo in braccio la sua bimba morbida e piccola.

quando non aveva che una manciata di ore e pesava poco più di un iPod.

e che l’ha fatta diventare una costante delle riunioni più deliranti in Rainbow CGI

(non come i cambi di pannolino sulle postazioni, questo è chiaro!)

Di una che, fino ad oggi, credevi non fosse più in grado di stupirti con nulla…

…e invece eccola che si presenta con questa roba qui:

http://www.youtube.com/watch?v=MGh0mabo2iA&feature=channel_video_title

Ora, che Veronica fosse una cuoca della madonnissima, non è una novità (dopotutto come cucina thailandese suo padre, nessuno al mondo) e c’è anche il suo bel blog che lo dimostra, ma che decidesse di mettersi a realizzare una serie di video in cui rivela i suoi segreti, non l’avrei ipotizzato neanche nelle mie più deviate fantasie.

Per cui vi prego, visto che sembra ci sia una specie di concorso che premia il video più visualizzato.

Guardate

http://www.youtube.com/watch?v=MGh0mabo2iA&feature=channel_video_title

questo

http://www.youtube.com/watch?v=MGh0mabo2iA&feature=channel_video_title

video

http://www.youtube.com/watch?v=MGh0mabo2iA&feature=channel_video_title

GUARDATELO TUTTI E CONVINCETELA A CONTINUARE AD UMILIARSI IN QUESTO MODO!

Pubblicizzatelo a chiunque conoscete, trasmettetelo sulle vostre pagine facebook, dai vostri cellulari, a reti unificate, fate come vi pare ma PER FAVORE non toglietemi questa fonte di risate quotidiane!
Grazie!

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