Un sabato qualunque, un sabato italiano.
Ieri, la parte di mondo che ha un’idea abbastanza chiara di cosa mangerà stasera, s’è unita per manifestare la volontà di allargare i propri benefici al resto della popolazione mondiale.
Per protestare contro quell’1% che detiene ricchezze sufficienti a sfamare il restante 99.
Per dirsi indignati di quanto quotidianamente avviene, perché l’indignazione è vita laddove una falsa rassegnazione non fa che consolidare uno status che ha ampiamente mostrato – e che continua a mostrare – le sue inefficienze.
Una protesta per gridare che i re sono tutti nudi e che le crisi sono tutte reali, soprattutto quelle di cui, a quell’1% non piace parlare.
Per qui quando intorno ad ora di pranzo ricevo questo sms da mio padre: “Sto prendendo il treno per Roma… tu dove sei? Un bacione.” capisco che buon sangue non mente, finisco di sceneggiare fino a tavola 20 e lo raggiungo all’imbocco di Via Cavour.
Questa foto dovrebbe sufficientemente dimostrarvi quanto io sia bello, dimagrito e che, agli eventi importanti, mi ritrovo sempre con la stessa maglietta.
Il corteo è già bello, colorato e composto da persone di ogni età e ceto sociale.
Mio padre è tutto sorrisi e curiosità. Fotografa a destra e sinistra (e infatti non vedo l’ora di vedere cosa ha attirato la sua attenzione).
E’ contento di vedere tanti ragazzi, meno contento delle bandiere di partito che cavalcano l’onda dell’indignazione ma lo vedo sorpreso.
Erano anni che per un motivo o per l’altro seguiva le manifestazioni tramite le dirette radiofoniche e televisive e ammette che quello che lo circonda non ha niente a che vedere con quello che solitamente viene propinato dai media governativi.
Lungo Via Cavour compaiono i primi segni del passaggio dei più ottimisti tra gli indignati.
Ma sono segnali sporadici, quello che conta è il corteo.
E’ la forza con cui un fiume di persone, pacificamente, manifesta la propria volontà di un mondo diverso.
Il corteo è talmente sereno e pacifico che mi viene voglia di chiamare i miei amici (molti erano già lì), ma anche mia madre e mia sorella e partecipare con tutti loro a questa dimostrazione collettiva (dopotutto c’è anche Batman che veglia su di noi).
Vengono ricordate le parole di Gramsci.
E quelle che dovrebbero essere un obbligo per ognuno di noi.
Mi ritrovo anche, non volendo, davanti alla foto perfetta:
Aldilà del messaggio, che è divertente e raffinato, guardate tutti gli elementi che la compongono: il ragazzino uscito dalla famiglia Bradford, Lola corre, un tizio di Lost che, dalla quinta stagione, si ritrova sbalzato nella nostra epoca e ne è stupito, il suo gemello siamese malvagio che gli spunta dalla schiena, la tizia preoccupata che, invece del sistema, le abbia crashato il cellulare e la guardia svizzera in borghese alle sue spalle.
Ma sto divagando.
Torniamo al corteo, che più si muove alla volta di Via dei Fori Imperiali e più si fa corposo e colorato.
Le voci che parlano di qualche primo gesto vandalico su via Cavour erano vere
ma, a quanto pare, sono limitate soltanto all’auto di questo tizio di San Marino.
E sarebbe bello se non c’entrasse nulla con la manifestazione, e questa fosse solo la punizione per averci provato con la donna di quello parcheggiato dietro
che infatti c’ha la macchina intatta.
Comunque, solare e innamorato, il corteo procede.
Anche se le voci riguardanti quello che sta accadendo a San Giovanni si fanno sempre più preoccupanti.
Per cui decidiamo di tagliare per via degli Annibaldi e andiamo a vedere coi nostri occhi.
Dalle parti del Colosseo, la situazione è tranquillissima.
Caparezza canta dagli amplificatori,
il rosso risplende in controluce,
una piccola banda allieta il corteo con delle canzoni popolari,
dei pupazzi omaggiano altri pupazzi,
e finalmente: UN CUHULO!
(anzi, tre)
Peccato che gli intenti comunicativi delle tre fanciulle siano del tutto mandati all’aria dal photobomber alle loro spalle, preso nel momento più felice della sua vita!
Nel mezzo di via Labicana, la musica, purtroppo, inizia a cambiare.
E le facce, colorate di festa e partecipazione, iniziano ad incupirsi.
Vetrine sfondate, cassonetti in fiamme, auto carbonizzate, caserme incendiate.
E quello che è un proclama decisamente chiaro.
Il corteo inizia a fermarsi. A chiedere.
All’imbocco con via Merulana appaiono i primi ragazzi incappucciati e armati. Vengono insultati dalle frange pacifiste del corteo
che si precipitano a chiedere agli squadroni di Polizia perché li facciano proseguire indisturbati verso il piazzale di San Giovanni.
Dalle guardie, nessuna risposta.
Passano ambulanze e camioncini che trasportano alcuni feriti verso il vicino ospedale e, arrivati al piazzale di cui stanno parlando tutti i Tg, questo è lo scenario:
Confusi, tra decine di curiosi, un centinaio (due centinaia?) di incappucciati urla e lancia sassi verso le camionette di polizia parcheggiate sull’appia.
L’intervento della polizia si limita a un costante e continuo lancio di lacrimogeni.
che effettivamente, ammetto che nel mio curriculum mancavano.
Avevo letto tante cose in merito, ma devo dire che trovarcisi in mezzo è un’altra storia.
Gli occhi iniziano a lacrimare e le palpebre bruciano come l’inferno.
La gola improvvisamente si secca, sparisce la salivazione e arriva una sensazione forte di vomito che porta ad accasciarti.
A meno che tu non sia munito delle necessarie attrezzature per resistere.
La polizia prova a disperdere la folla con i getti d’acqua
ma ottiene soltanto il risultato di disperderne una parte. Il corteo, che nel frattempo prende coraggio, si dirige verso le forze armate, con le mani alzate e le bandiere della pace, a sottolineare che non è una guerra.
La polizia reagisce sparando altri lacrimogeni.
Scappiamo a destra, a sinistra. Dopo aver incassato i primi, adesso i miei occhi sono molto più sensibili e bruciano immediatamente.
Vedo un movimento in aria, credo siano altri fumogeni. Scatto.
Erano tre gabbiani. Bene. E un elicottero. Male.
Ci rintaniamo in un angolo per cercare di capire se è possibile proseguire sull’appia, ma lì la situazione è anche peggiore.
Capiamo di aver fatto una cazzata. Credevamo di rintanarci in un angolo tranquillo e invece il vento è a nostro sfavore e ci trascina tutto il fumo dei lacrimogeni nella nostra direzione.
Iniziamo a tossire e a non vedere più nulla, finché non ci accorgiamo che il cancello dell’Università Lateranense è stato aperto e un piccolo gruppo di suore e preti sta aiutando i ragazzi offrendo acqua, asciugamani e accoglienza.
Mentre ringraziamo, due ragazzi alle nostre spalle, prendono l’acqua e scherzando tra di loro, e facendo molta attenzione a farsi sentire chiaramente, si dicono: “Ma è vero che tutti i preti sono froci?” E io in quel momento provo un moto di tale rabbia che viene alleggerito soltanto dall’arrivo di Pasquale, un seminarista che ci racconta un po’ del suo percorso in Italia e di quante volte si è trovato in situazioni simili a quelle visto che anche lui è stato per anni un manifestante.
Ci indica una strada per lasciare la piazza senza dover tornare in mezzo al delirio ma la volontà di documentare quello che accade – e di vederlo attraverso i propri, bruciati, occhi, è più forte, per cui usciamo di nuovo dal cancello, proprio nel momento in cui:
La polizia parte con la sua carica. (cliccate per ingrandire)
Gli incappucciati scappano tornando a piazzale laterano e la maggior parte delle persone che restano sono fotografi, giornalisti, e curiosi con le mani alzate.
La polizia carica lo stesso.
Finché non accade qualcosa di inaspettato. La polizia, divisa per raggiungere più persone possibili, sfalda il suo gruppo e si trova impreparata davanti all’avanzata di alcuni manifestanti a braccia alzate in segno di resa.
Per un attimo, i due schieramenti non sanno cosa fare.
E sul ritirarsi delle forze armate parte un lungo applauso.
Non dura molto.
Gli incappucciati lasciati indisturbati a piazzale Laterano hanno preso d’assalto delle camionette di polizia e carabinieri
mettendole in fuga sotto una fitta sassaiola
(vale sempre il discorso di cliccare e ingrandire)
I manifestanti fischiano e urlano contro gli incappucciati, affermando che anche loro fanno parte di quell’un per cento a cui non vogliono appartenere.
Ma ricomincia il lancio di lacrimogeni.
Proprio mentre la – ormai famosa – camionetta dei carabinieri viene data alle fiamme.
E alla vostra destra, potete ammirare il palazzo della Scala Santa.
Nel piazzale San Giovanni invece sembra essere tornata un’apparente calma.
Degli incappucciati non c’è traccia.
Un gruppo di pacifici manifestanti attua un sit-in davanti alle forze di polizia schierate.
E mentre dalle parti di San giovanni in laterano continuano gli scontri
Una squadra da una parte, una squadra dall’altra, la signora di spalle come arbitro, iniziano a giocare a rubabandiera.
“Coloooor… colooooor….”
Lasciamo la piazza proseguendo per via appia, in direzione di San Lorenzo.
Questo è quello che resta degli scontri
Questi i volti
queste le macerie
Appare anche il sacro spirito della Patata ma dico che, per il momento, è più utile altrove.
Mi risponde che invece sarebbe stata utilissima qui, prima, e che è arrivata in ritardo.
Come darle torto.
I romani iniziano a scendere in strada chiedendosi il perché delle cose
e tornando a litigare su uno stato in cui non esiste un’opposizione valida capace di far sloggiare quel manipolo di criminali.
Uno stato in cui l’opposizione siamo noi, che non riesciamo a fare muro comune per mandarli via.
E iniziamo a litigare e a insultarci, perché la pensiamo diversamente.
mentre a piazzale laterano continuano gli scontri tra le forze di polizia e un manipolo di delinquenti cui, come al solito, viene sempre lasciata la possibilità di creare quel caos che finirà per tenerci tutti buoni.
E il cielo è sempre meno blu.
— Conclusione —-
La lascio alle parole di Zucconi e del suo editoriale di stamattina:
“Se fossi nei trombettieri del governo, andrei molto cauto nell’approfittare di questa catastrofe, come ha fatto puntualmente il solito TGUno, seguito poi dallo stesso Berlusconi con un comunicato ridicolo e offensivo, nel quale esalta proprio quelle forze dell’ordine alle quali il decreto stabilità appena varato dal Consiglio dei Ministri ha tagliato 60 milioni di Euro. Un governo che non sa garantire l’ordine e la sicurezza di una manifestazione autorizzata e pacifica nella propria capitale, che non sa prevedere e prevenire quello che tutti noi avevamo temuto, che permette a centinaia di professionisti dello sfascio di arrivare tranquillamente lungo il percorso annunciato della sfilata addirittura con “uniformi nere e maschere antigas” come dice una trafelata inviata del TGUno che si crede di essere a Kabul, dovrebbe dimettersi, invece di tentare di strumentalizzare le operazioni di questi spaccavetrine. Soprattutto se nello stesso giorno in nessun’altra capitale del mondo – nessuna – dove si sono svolte manifestazioni simili è accaduto nulla di lontanamente simile. Come ha detto il corrispondente da Londra dello stesso TGUno, Antonio Caprarica, correttamente informando e involontariamente mettendo in stato d’accusa la città e il governo italiani, “Londra non si è fatta trovare impreparata”. Roma invece sì. Completamente impreparata, nella più benevola delle ipotesi. E Roma chi è, se non chi amministra la città e governa la nazione?”