Tutto quello che c’è da dire.

12 marzo 2012 da Mauro

I vecchi di città si nascondono.
Quando escono in strada muovono velocemente le gambe che gli restano e celano, ma non troppo, il disagio che li accompagnerà per tutta la durata del tragitto.
Una volta giunti al sicuro, rintanati tra le quattro mura di un alimentari, di un circolo o di casa loro, tirano il fiato, soddisfatti di essere riusciti anche stavolta a schivare le ronde nella loro testa. I vecchi di città.

I vecchi di campagna odiano le loro case e tengono sempre la luce spenta.
Hanno le facce di corteccia per tutti gli autunni a camminare per strade del paese, seduti nei bar o fermi davanti ai muri bianchi, e se non si incontrano per un giorno, dicono alla moglie chissà che fine ha fatto, quello.
I vecchi di campagna sono ovunque perché il paese è la loro abitudine.

I vecchi di città ti parlano dei figli, quelli di campagna ti raccontano di quella volta.

C’era questo vecchio di Barrea, mio padre dice che si chiamava Zi’ Palmantonio, il che dovrebbe far pensare ad una qualche forma di parentela, ma nei paesi si diventa parenti anche e soprattutto per uso capione.
E insomma, Zi’ Palmantonio era riconoscibile anche da lontanissimo, perché a causa di una super gobba esibizionista e di un minuscolo bastone da passeggio, aveva assunto le sembianze di un cerchio perfetto.
Una ruota lenta lenta che procedeva in salita e spuntava da dietro le siepi spaventando i bambini che passavano in bicicletta.
Una ruota che tutte le mattine, al sorgere del sole, se ne andava in montagna e ne riscendeva intorno a mezzogiorno, per pranzare a casa.
Una ruota che l’ultima volta che ci è passata davanti e gli abbiamo chiesto quanti anni avesse, ci rispose:

“Eh…! Dall’8 a mò.”

con il tono di chi, campando dal 1908, si scusava per aver perso il conto.

Divenne immortale soltanto qualche minuto dopo.

Lui che era appena sceso da Lago Vivo, alla semplice domanda: “E come ti senti?” sospirò per qualche secondo, sorrise riprendendo fiato, e continuando a guardarci negli occhi, rispose:

“Com’ ch”ioc’ e perd’.”

che per i non avvezzi alla soave ed armoniosa lingua abruzzese significa:

“Come chi gioca, e perde”.

Una risposta che si è tatuata da sola in ogni centimetro della mia pelle e che ha trovato una sua gemella nelle parole di Leonard Cohen intervistato nell’ultimo numero del Mucchio in merito al suo nuovo album:

“[Queste canzoni] sono nuove nell’essere sempre le stesse. Ovvero, non solo le vecchie cose che ritornano, ma nuovi sentimenti che, proprio perché l’esistenza è un tantino monotona, si mostrano simili a quelli del passato. Non vorrei nemmeno fare lo zimbello e dire che sono più giovane adesso. No, sono così vecchio da sapere che la partita è persa e voglio solo giocare ancora un po’. “

Io non lo so se in quel momento, Cohen stava guardando negli occhi i suoi intervistatori. Non so se nel suo sguardo ci fosse la stessa placida e serena constatazione dei fatti con cui ZìPalmantonio ci mostrò il futuro.

Continuare ad andare avanti, pur sapendo che non ci saranno coppe da sollevare e nessuno a festeggiarti è una consapevolezza che mi deflagra e rassicura al tempo stesso.
Porca puttana, nessuna a festeggiarci. Per fortuna, nessuna coppa da sollevare.

Menomale.

Dell’inizio e della fine, nulla importa, perché tutto quello che serve è, necessariamente, tra i due estremi, ma a differenza dello stesso Cohen, che dichiarava:

“Vorrei dire tutto quello che c’è da dire in una sola parola. Odio quello che succede tra l’inizio e la fine di una frase.”

io non riesco a smettere di metterle una dietro l’altra.

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Salutarti con un disegno brutto.

10 marzo 2012 da Mauro

Ma non per colpa tua, eri di corsa.
E non hai voluto dirmi no.

Cari maschietti che per settimane avete raccontato a quella organizzatrice di eventi conosciuta su facebook che come cucinate voi non cucina nessuno. Voi che siete nel panico più completo perché stasera lei, proprio lei, verrà a casa vostra e vi ha già sottolineato che prima del sesso vuole assaggiare uno dei vostri tanto decantati manicaretti…

Care femminucce iscritte a scienze della comunicazione, che avete trascorso gli ultimi 10 anni a fotografarvi di 3/4 dall’alto, con le labbra a bacetto e la tettina pushata. Sì, voi che avete fatto installare dal vostro coinquilino un palo da lapdance nella vostra cameretta – valutando che la quantità di materia cerebrale che avreste lasciato sugli spigoli delle mensole sarebbe stata, comunque, infinitesimale – per essere più speciale in webcam.  Proprio voi, che non sapete cosa rispondere all’sms dall’assistente del Prof. di Storia del Teatro che ha accettato il vostro invito a cena per parlare di Drammaturgia e della vostra propensione ad esibirvi per un pubblico…

NONTISTAVOMANGIANDO – E’ – LA – RUBRICA – CHE – FA – PER – VOI

Inginocchiatevi al motto del famoso cuoco francese Auguste Gusteau: “Chiunque può cucinare”, e ringraziate  NONTISTAVOMANGIANDO che è qui per salvarvi le chiappe!

E’ evidente che la fase del cibarsi sarà solo una leggera parentesi della vostra serata bollente, ma sottovalutarla sarebbe da folli.
Il piatto che servirete a tavola sarà infatti – al pari di una camicetta scollata al terzo bottone o della rivelazione che state recuperando in questi giorni il sofferto rapporto con vostro padre – il biglietto da visita che stabilirà quante consumazioni omaggio, l’altro/a, sarà disposto a sganciarvi.

NONTISTAVOMANGIANDO vi insegnerà quindi a preparare piatti realizzabili in mezz’ora (sappiamo benissimo che la vostra concentrazione, più di tanto…) che, col minimo sforzo, vi garantiranno una perfetta frode ai danni del vostro ospite, che si leccherà i baffi cullato nella erronea convinzione che voi sappiate, realmente, il fatto vostro.

Nella prima lezione, come – forse – avrete intuito dal titolo del post e dalla foto in alto, prepareremo un ottimo:

PESTO ALLA GENOVESE

Talmente ottimo che anche la vostra integralista e spaccapalle amica genovese dai capelli rossi sarà costretta ad ammettere che sì, insomma, dai, voglio dire, ci può stare.

Entrino in campo gli ingredienti:

– Basilico – in quantità infinita. Nel senso che se siete in due ne basta tanto. In più di due, tantissimo. Tanto il basilico costa sempre meno di quanto vi aspettereste.
Per procurarlo, fossi in voi, eviterei di infilarmi nudo in un orto e andrei al supermercato più vicino. Di mattina, preferibilmente, che di solito, già dopo le due, la lobby del basilico l’ha fatto sparire da tutti gli scaffali.
E quello che raramente si riesce a trovare di sera sfoggia i rassicuranti colori dell’asfalto della Roma/L’aquila.

– Uno spicchio d’aglio se siete in due. Più spicchi d’aglio se uno dei due è Adriano.

– Parmigiano, finché non ti stanchi di grattarlo.

– Pecorino, metà del parmigiano.

– Due confezioni di pinoli. Questi, sì, vi consiglio di rubarli, che costano come il pranzo di battesimo di un piccolo Casamonica.

– Olio d’oliva extravergine. Per le ragazze: tranquille, l’olio dev’essere extravergine, voi potete continuare a leggere serenamente, senza pentirvi.

– Pasta. C’è chi vi dirà che la pasta più indicata siano gli spaghetti o le linguine, ma è opinione di chi scrive che le linguine siano la punizione mandata da dio agli uomini per la sparizione di Melita Toniolo dalle tv italiane.
Dovessi consigliarvi, vi direi di puntare sulla pasta corta. Trofie e strozzapreti vanno benissimo, meglio se comprate in quei posti stretti e bianchissimi in cui li fanno a mano.

Una volta ottenuti questi ingredienti, vi toccherà rimediare un mortaio.

Conoscendovi, vi state già fiondando nel primo “Tutto a un euLo” che avete sotto casa, ma io ve lo impedisco fisicamente, e con una buona dialettica vi convinco a farvelo prestare dalla vicina anziana.

Ora che avete tutto, possiamo cominciare.

Riempite la pentola di acqua

e mettetela sul fuoco, tenendolo al massimo consentito dalla vostra cucina.

Coprendo la pentola con un coperchio imparerete la sacra arte del fare prima, ma quella è una discrezione vostra.
Ora tornate al vostro tavolo che c’è da cominciare a combinare gli elementi.

Prendete lo spicchio d’aglio, taglietelo a metà, annusatevi le dita come quando la fate contenta e poi mettetelo nel mortaio, insieme a qualche granello di sale grosso

direte: “Ma non è già abbastanza saporito l’aglio?”
Sì, lo è, ma non del tutto, e soprattutto, in questo caso, il sale serve anche per poter frantumare meglio l’aglio appena inizierete a pestarlo.

“Quando inizieremo a pestare?”

Ora.
Ma senza dimenticare l’aplomb inglese che solitamente vi contraddistingue.

Pestate, pestate, e fermatevi soltanto quando avrete ottenuto una pappetta simile

Congratulatevi con voi stessi per essere riusciti ad arrivare fin qua, ed inserite nel mortaio una manciata di foglie di basilico (a cui avrete prima tolto i gambi)

A questo punto sentirete il fortissimo impulso di iniziare a pestarle come delle liceali che si tengono per mano cantando le canzoni di Marco Mengoni, ma non siate frettolosi miei piccoli amici.
Cosa manca?
Bravissimi. Il sale grosso.

Soltanto adesso, e con lo stesso principio di prima, pestatele con eleganza e savoir faire

e ricordatevi: non dovete fermarvi quando inizieranno a sanguinare verde ma soltanto quando saranno ridotte in poltiglia.

Ora il gioco ricomincia, alternando la volta in cui accompagnerete le foglie con qualche granello di sale

a quella in cui le circondate di pinoli

pestando

pestando

pestando

e pestando

come non vi fosse un domani

finché non scoprirete che il frutto della vostra fatica avrà prodotto ciò

Con poco meno della metà del mortaio riempito di pappetta verde, aggiungete una manciata di parmigiano grattuggiato (una Mauro Manciata equivale ad una cucchiaiata piena)

lo infastidite con un filo d’olio

e iniziate nuovamente a pestare, ma con molta, molta, molta, calma e attenzione.

E’ in questa fase che inizia a crearsi il pappume del pesto per cui state attenti a mescolare tutto per bene senza schizzare di verde la vostra abitazione.

Procedete sicuri con il pecorino. Una Mauro Manciata.

Molestatelo con un filo d’olio…

… e mescolate con maggior attenzione di prima, che l’affare si sta ingrossando.

Siate esosi e inserite una seconda Mauro Manciata di parmigiano, sottomettetela con dell’altro olio, e rovesciate i pinoli

Mescolate ancora, impanicate con altri pinoli, sommergete il tutto di olio… et voilà!
Il Miracolo della Creazione.

Ma frenate la commozione, non è ancora arrivato il momento di recarci piacere a vicenda.
Filate a controllare l’acqua sul fuoco.
Sta bollendo?

Ok, domanda troppo complessa, riformulo.

L’acqua si sta comportando come quando siete nella vasca ed emettete certe bolle che, salendo a galla, corron sulla schiena fandovi felici, giunte in superficie non vi piaccion piu’?

Sì?

Bene! E’ arrivato il momento di metterci dentro una Mauro Manciata di sale grosso

E finalmente… di calare la pasta!

A questo punto, fatevi furbi.
La perfezione già non è di questo mondo quindi figuriamoci quanto possa latitare nella vostra cucina, per cui – astutamente – prendete una tazzina di caffè e mettetevi da parte un po’ dell’acqua salata della cottura.

In questo modo, qualora unendo e mantecando il vostro pestopappone con la pasta appena scolata, il tutto dovesse risultare un po’ secco, l’acqua di cottura che avrete tenuto da parte potrà servire, insieme all’olietto a crudo, per salvarvi in extremis e garantirvi un risultato che di certo non vi sareste mai aspettati da voi stessi.

Questo:

Non voglio neanche prendere in considerazione l’ipotesi che qualcosa possa essere andata storta, sono sicuro che il vostro pesto sarà venuto saporito e cremoso!

Siate fieri di voi, e non dimenticate, che per la consacrazione definitiva, dovrete fotografare il piatto con il programmino Instagram del vostro iPhone, e condividerlo con tutti i vostri contatti di Facebook.
Non sia mai che riusciate a convincere qualche altra gonza (o qualche affascinante stagista) della vostra bravura tra i fornelli!

Fatemi sapere se riuscite a sfangarla!

Memento.

2 marzo 2012 da Mauro

http://www.youtube.com/watch?v=eMeu5ESlS1A

Con un giorno di ritardo.
Altrimenti non sarebbe stata la mia vita.

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Yoko O-no!

29 febbraio 2012 da Mauro

Appena entrato nella stanza che i valenti organizzatori di Mantova Comics & Games hanno riservato per me ed Emiliano capisco che andrò incontro a due giorni indimenticabili.
Le pareti bianche, i mobili di design, il bagno trasparente, ma soprattutto la palestra in stanza, ne fanno la perfetta location per un film porno anni ’90.

Ne approfittiamo immediatamente.

Emiliano è già nella parte

ed io ho la mia videocamerina che scalpita

sotto gli occhi di Yoko

che documenta la scena, deridendoci.

Già, Yoko.
La mia amica Yoko.
La mia amica pazza Yoko.
La mia amica pazza – a cui chiedo se vuole riprendere la conferenza sulla Blog Generation con DrManhattanFarenzWillWoosh – Yoko.
La mia amica pazza – a cui chiedo se vuole riprendere la conferenza sulla Blog Generation con DrManhattanFarenzWillWoosh, E LEI ACCETTA – Yoko.

Vabbé, dai, Fantasma del Natale Futuro, perché devi essere così negativo!
Secondo me Yoko farà un buonissimo lavoro.

Vero, Farenz e Dr Manhattan? Diteglielo anche voi!
Vero che Yoko farà un buonissimo lavoro?

Dai, almeno voi abbiate fiducia!
E lì che sta studiando i settaggi della video camera, le impostazioni migliori per la luce e la messa a fuoco!

“Ehm… Mauro…”
“Dimmi, Manhattan!”
“C’è Yoko che chiede se le puoi fare una foto mentre studia i settaggi.”

Ok, ma io ho fiducia.

Sono stato chiarissimo sull’inquadratura, sui movimenti lenti e leggeri, sull’accompagnare lo sguardo dello spettatore, e lei mi ha ascoltato con attenzione.

Sono sicuro che Yoko farà un lavoro eccezionale.

Un

lavoro

eccezionale.

http://www.youtube.com/watch?v=xDWxQUjDF8I

Se dopo la visione di questi trenta secondi di puro cinema sperimentale slovacco mixato con i turbamenti della giovane Samara, siete ancora in piedi, adesso sapete perché non sono ancora riuscito a mettere il video online.

Ma il mio amore per te, Yoko, non è assolutamente variato, anzi!, Volevo approfittarne per prenotarmi come regista del filmino del tuo matrimonio.
Ho già qualche idea per un uso sperimentale delle fiamme e dell’invasione di cavallette.

A Mantova Comics & Games! Con moderazione.

24 febbraio 2012 da Mauro

Questo fine settimana, l’italico mondo del fumetto, si muoverà in massa verso la Lombardia e, con locustiana sensibilità, prenderà possesso di Mantova fino alle ultime luci di Domenica 26 febbraio.

Chi siete voi per tirarvi fuori da questa mattanza?

E soprattutto con quale coscienza vi perdereste il match del secolo?

Lontani dagli schermi in cui siete abituati a leggerli/guardarli/ascoltarli, appariranno come per magia davanti ai vostri occhi:

Il Dr. Manhattan


(tranquilli, non quello del film di Snyder, ma quello fico dell’Antro Atomico!)

Farenz


(perché NESSUNO può mettere Farenz in un Angolo!)

e Willwoosh


(Avanti, su! E’ più famoso di Gesù, cosa posso dirvi io che già non sapete?)

che vi parleranno della loro esperienza come rappresentanti della Blog Generation.

Il tutto avverrà dalle 12.00 alle 13.30 di Domenica 26, sul Palchetto Foyer e l’incontro sarà presentato e moderato dalla sottoscritta personalità di spicco dell’intrattenimento a 360°.

Questa, la reazione di Jerry Calà:

Da parte mia, vi prometto che farò di tutto per impedire che il Doc si presenti in pubblico come l’ultima volta:

che farò incazzare Farenz come una bestia pur di fargli fare questa espressione ad uso e consumo dei desktop dei vostri cellulari:

e che non indosserò la stessa gonna di Willwoosh

‘chè l’ultima volta me ne ha dette di ogni.

Venite, venite, venite.
E portate dolcetti.

Zagor è il nuovo rosa.

16 febbraio 2012 da Mauro

Il 16 febbraio del 1106 appare in Gran Bretagna la strepitosa cometa X/1106C1.
Una roba per cui gli storici ne hanno scritto:  “In quell’anno fu vista una stella meravigliosa da osservare, tirando via dietro di sé un raggio di luce dello spessore di un pilastro ed eccelso nello splendore, preannunciando ciò che sarà nel futuro”

Il 16 febbraio del 1804, Stephen Decatur guida una incursione per bruciare la fregata Philadelphia, catturata dai pirati.
Un roba dietro cui sono state chiaramente nascoste le secret origins del pirata LeChuck.

Il 16 febbraio del 1923, Howard Carter, lo scopritore della tomba di Tutankhamon, toglie i sigilli alla camera funeraria del faraone.
Una roba che ancora oggi alimenta leggende di ogni tipo sulla maledizione delle mummie.

Il 16 febbraio del 1945, entra in funzione ENIAC il primo computer general purpose della storia.
Una roba che appena scopro il suo significato, aggiorno il post con una didascalia che vi faccia credere che io e il general purpose siamo una cosa sola.

Il 16 febbraio del 1961 viene lanciata la sonda Explorer 9.
Una roba che letta così sembra una figata e invece poi scopri che l’Explorer 9 s’era accontentata di essere una banale sonda atmosferica


(quando invece avrebbe potuto essere la più rivoluzionaria delle palle strobo anni ’70. Quella che, soltanto con la sua presenza, avrebbe fisicamente impedito ai truzzi di ballare e a John Travolta di ammalarsi)

Il 16 febbraio del 1980 un’eclisse totale di sole fa capire al mondo che la fine è prossima.
Ma Publitalia c’entrava sicuramente più degli astri.

Il 16 febbraio del 2012, il vostro amorevole sceneggiatore di quartiere, smette di cercare su Wikipedia cosa sia successo di tanto speciale nei 16 febbraii passati e si lancia fuori di casa per

tributare il giusto riconoscimento

all’iniziativa di ristampare dal primo, mitico, episodio (e in rigoroso ordine cronologico)

le avventure del personaggio che, più di tutti, gli ha fatto nascere l’amore per i fumetti:

Una roba che quando l’edicolante mi ha detto: “Ao, oggi se stanno tutti a comprà quer giornaletto che te piasce a te!”
la mia reazione è passata da un’iniziale, intimista, virgola di commozione… fino ad arrivare al delirio di onnipotenza

http://www.youtube.com/watch?v=M5FVNMNc0T8

comprensivo di propositi per il dominio dell’universo con tanto di grida affacciato sul mio terrazzo (con Anna che ha continuato a spazzare come se niente fosse).

ZAGOR ALLEGATO A REPUBBLICA!

ZAGOR CON I SUOI CARTONATI DAVANTI AD OGNI EDICOLA!

ZAGOR  NON PIU’ NASCOSTO COME UN PORNO TRA L’INTERNAZIONALE E UNA RIVISTA DI DESIGN!

ZAGOR SFOGGIATO!
Sì, perché mentre anche il buon Tex, negli anni, è riuscito a guadagnarsi il rispetto di un pubblico eterogeneo che va dal lettore casuale da edicola, al fan hardcore, fino ai frequentatori dei salotti più radical, Zagor non è mai riuscito nel compito di diventare, allo stesso modo, un’icona trasversale.

Vuoi per il tono delle sue storie, che non si prende mai sul serio.
Vuoi per l’immaginario pop dell’avventura a 360°  che è la sua croce e la sua delizia.
Vuoi per il suo inchinarsi e immolarsi all’altare della fantasia senza limiti di luogo o di tempo.

Tutti motivi che, se da una parte hanno allontanato una certa fetta di pubblico, dall’altra hanno fatto la gioia di chi considera la narrativa, un calderone al cui interno si possano – e si debbano – frullare tutti gli elementi a nostra disposizione.

Pirati, robot, vampiri, indiani, supereroi, streghe, alieni, draghi, damigelle in pericolo, sosia, l’horror, il western e la frontiera, il fanstasy, il giallo, la fantascienza.
In Zagor c’è tutto questo, e soprattutto c’è il viaggio – come ricordato da Luca Raffaelli nel suo bell’editoriale presente nel volume – a piedi.
Perché la scoperta è parte integrante e motore attivo dell’avventura di Zagor, il cui punto di partenza fisso è sempre l’immaginaria foresta di Darkwood, ma quello d’arrivo trova la sua ragione nei personaggi che ne determinano il tono e negli ambienti che ne stabiliscono il genere.

Ma di tutta questa roba, quando avevo sei anni, non potevo capirne molto.

Quando, nel luglio del 1986, vidi la pubblicità del secondo numero della neonata TuttoZagor, nella quarta di copertina del Tex che leggeva mio padre, rimasi folgorato.

Zagor, nella sua casacca rossa, con l’aquila sul petto, più simile a un supereroe che ai noiosi ranger o ai cowboy a cui ero abituato.
La scure al posto della pistola (da utilizzare solo per difendersi e mai per attaccare), la posa che non poteva che rimandare a Tarzan; i suoi nemici: bianchi e indiani allo stesso tempo, e il titolo, quella parolina che, da sola, riusciva a far venire un piccolo brivido sulla schiena: Terrore.
Quando mio padre si presentò con quell’albo in mano non sapevo ancora che tipo di impatto avrebbe avuto per me, né quanto la domanda: “E’ uscito Zagor?” sarebbe presto diventata una compagna mensile.

Ma stringere quel fumetto tra le mani ogni mese non era un’esperienza che si limitava alla semplice lettura.

Era forte la componente del legame che si andava a generare tra me e mio padre.
Entrambi allungati sul lettone, entrambi col proprio fumetto (e io sbirciavo tra i numeri delle pagine per vedere se ero più veloce di lui a leggere).
Entrambi uniti da un qualcosa che aveva tutto il sapore di un passaggio di consegne (che, anni dopo, si sarebbe ripetuto a ruoli invertiti!)

C’era la componente ludica, a metà tra una recita e un gioco di ruolo antelitteram, in cui io e i miei amici interpretavamo i personaggi utilizzando come copione le avventure che ci piacevano di più.
Tra le quali il posto d’onore spettava sicuramente a questa:

E questo particolare modo di giocare tra me e i miei amici è stato oltretutto rievocato da Roberto Recchioni nel n.11 di John Doe, un albo che ripercorre le vite dei suoi autori e il loro legame col fumetto.
Nella pagina sottostante, disegnata meravigliosamente da Federico Rossi Edrighi, viene offerto un quadro abbastanza chiaro di come si svolgevano gli avvenimenti, e di quanto i miei amici fossero effettivamente entusiasti di giocare con me:

Per la fantasia di un bambino di sei anni però, trenta giorni erano lunghi da passare, per cui la sorte migliore che poteva capitare a quei singoli albi era che venissero letti decine di volte, fino a decomporsi.
E questo, posso dire di averlo fatto.
Le prove?

Questo è il n.2 di TuttoZagor di cui vi parlavo prima: il mio primo fumetto.

Me lo porto dietro ovunque vada come fosse la mia coperta di Linus e gli sono affezionatissimo.

Come potete vedere, è reduce da diverse battaglie, ma è ancora tutto d’un pezzo.

Perché, vi dicevo, quella di venir letto decine di volte era decisamente la sorte migliore che potesse capire ad un fumetto nelle mani di un bambino.

La peggiore?

.

.

.

.

.

.

Ok, calmi.

Non voglio generare eccessivo panico e preferirei evitare che qualcuno di voi restasse stroncato da un infarto.

Fortunatamente, quello di Pennarello su Fumetto, è uno dei pochissimi reati di cui non potrete accusarmi e al massimo, la mia colpa, può essere quella di aver ceduto a questi qui:

Potrei dire che il bianco e nero di quelle pagine era sicuramente una calamita irresistibile per le mie remore infantili, ma basterebbe a discolparmi?
E a salvare dalla forca i miei genitori che non mi amputarono le mani prima del misfatto?

Scuse.

La realtà era che

colorare le pagine di Zagor

mi piaceva da morire

per almeno

una mezz’ora.

Poi, fortunatamente…

…ci pensava la mia pigrizia a mettere in salvo le pagine restanti!

E così, grazie a Zagor, oggi avete un colorista in meno e uno sceneggiatore in più.

Che sia stato un bene, o un male, non ci sarà dato saperlo.

La notizia positiva, è che uno Zagor tutto a colori, alla fine è arrivato lo stesso.

E io ho una nuova occasione per perdermi, dopo tanti anni, dentro queste storie a cui devo la scelta della direzione professionale intrapresa nella mia vita.

Non perdetevelo, sarebbe splendido se questa iniziativa avesse il successo che merita e , come per Tex, potesse proseguire ben oltre i 30 volumi inizialmente previsti.

P.S.
Conoscendo il grande amore che nutro per il personaggio, tre amici dalle mani miracolose, mi hanno regalato le loro personali interpretazioni de Lo Spirito con la Scure.
Le condivido con voi perché so che apprezzerete.

Werther Dell’Edera:

Federico Rossi Edrighi:

Walter Venturi:

Se guardandoli, vi venisse in mente di copiare la loro idea, e inizierete a provare un forte bisogno di regalarmi una vostra interpretazione di Zagor, sentitevi pure liberi di farlo.
Io non mi offendo.

Giovanni Masi fa cose.
Il fatto che non veda gente lo aiuta parecchio, e permette a noi di risparmiare sulle cene (eccezion fatta se mai vi capitasse di invitarlo da Kyo, in tal caso, che dio abbia pena di voi).
L’elemento in comune delle cose che fa Giovanni è il suo saltellarsene allegramente per i media come fossero casa sua.


Il che non vuol dire che li riempia di polvere, fumetti, giochi di ruolo, film di dubbio gusto e pupazzetti di cartoni animati giapponesi anni ’70, ma che li usa come un pittore (pazzo) usa i propri colori.
Quindi, lì ci mette un po’ di prosa, lì una punta di fumetto, un tocco d’animazione, una spruzzata di web ed ecco fatto.


I risultati non sempre raggiungono l’altezza delle sue aspettative, ma la maggior parte delle volte accontentano pienamente quelli che hanno l’opportunità di usufruire delle sue sperimentazioni.
E’ il caso degli articoli che ha recentemente pubblicato sul SUO BLOG analizzando un aspetto dell’editoria digitale di cui siamo ubriacati di teoria ma quasi privi di risvolti pratici.

Giò ha scritto un raccontino per fatti suoi:

l’ha messo in creative commons sul suo sito e poi ha deciso di esplorare le possibilità che Apple e Amazon stanno mettendo a disposizione degli utenti per promuovere i propri materiali.
Risultato? La scusa ha scalato la classifica dell’iBook Store passando dalla centesima alla quinta posizione in una sola settimana.

Di questo, e di come capirci qualcosa in queste nuove forme di distribuzione ed autopromozione, Giovanni ne parla in quattro dettagliati post suddivisi per specifici argomenti d’interesse:

Arrivare 5° in classifica su iBook store senza fare assolutamente niente

Editoria digitale: iBook Store

Editoria digitale: Kindle Store

Editoria digitale: conclusioni in ordine sparso


Cliccando sui titoli potrete approfittare del frutto del suo lavoro e fargli il gesto dell’ombrello quando, grazie ai suoi consigli, il vostro racconto arriverà primo.
A quel punto però, non siate stronzi: offritegli una cena da Kyo.

Che sennò viene sotto casa vostra conciato così:

Innamoratevi sempre.

14 febbraio 2012 da Mauro

Ma non troppo.
Un po’.

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Celolunghismo.

5 febbraio 2012 da Mauro

Dicevamo, anzi – dicevano tutti – splendida Roma sotto la neve.
San Lorenzo imbiancata è una meraviglia (se siete su Fb, QUI trovate il mio contributo fotografico) ed io, che già ero follemente innamorato della mia casina quando sfoggiava un colore adatto a delle condizioni climatiche consone, adesso a vederla così…

…può chiedermi quello che vuole, io lo farò.

Ma ecco che immediatamente giunge un pensiero: se è conciata in questo modo la mia casetta romana…


(cliccate sul play e ascoltate la musichetta prima di leggere le prossime due righe)

…in che condizioni sarà quella in abruzzo?

IN CHE CONDIZIONI SARA’ QUELLA IN ABRUZZO?!?!!?
No, perché a Barrea, la neve ti cade sulla testa già in comodi strati di due metri e mezzo, altro che quella robetta che colpisce Fone Bone,

per cui, se anche a Roma è sceso giù dal cielo qualcosa di diverso dalla solita acqua zozza, come staranno messi lì?

Ci pensa il mio amico Giovanni Scarnecchia a rispondermi.

Casa mia:

Ecco. Hanno vinto loro.

P.S.
Il post doveva concludersi lì, ma non resisto.
Che posto da sogno è Barrea?

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