Mi ricordo di discorsi belli tondi e ragionevoli.
Ci risiamo.
Nuove dichiarazioni pubbliche di Giovanni Lindo Ferretti e nuovo sconcerto da parte di chi ne è fan o di chi lo è stato.
Tutto già visto, tutto già successo, e se stavolta l’occasione l’ha offerta la festa dei giovani fascistelli amici della Meloni il risultato non è dissimile da quanto emerso dalla famosa intervista di Giuliano Ferrara o nella pubblica manifestazione anti-abortista del 2008 o quando nel 2010 dichiarò di votare Lega Nord.
Ma andiamo con ordine e godetevi tutti l’ultima chicca:
“Succede, è successo, si sgretola e via.
(“Narko’$”)
Succederà di nuovo e nuovamente ci si traccerà le vesti:
“Giovanni Lindo Ferretti s’è bevuto il cervello.”
“Brucerò tutti i dischi dei CCCP!”
“Io pure quelli dei C.S.I.”
“Ormai è un cazzo di prete fascista!”
E l’immancabile, la mia preferita:
“Il roipnol fa un casino, se mescolato all’alcool.”
Grazie ai social sono anni che non solo percepisco il sentimento di rabbia dei delusi dal frontman di CCCP/CSI/PGR ma riesco a toccarlo con mano. Leggo le loro invettive, i modi in cui spiegano la loro delusione, il loro rifiuto a qualcosa che non riescono a spiegarsi perché percepito come un vero e proprio tradimento da parte di colui che ritenevano un punto fermo delle loro vite.
E poco importa se già nel 1985, prima ancora di pubblicare il suo primo LP, G.L.F. li metteva in guardia cantando:
“Non sono un punto fermo, né una realtà di base, né un dato di fatto.”
(“Sono come tu mi vuoi”)
Poco importa se otto anni dopo, archiviata la pratica C.C.C.P. la nascita dei C.S.I. veniva celebrata da questo vero e proprio manifesto programmatico:
“Non fare di me un idolo, lo brucerò. Trasformami in megafono, mi incepperò. Cosa fare o non fare, non lo so.”
(“A tratti”)
I fan di Lindo lo vogliono anticlericale, ancora iscritto a Lotta Continua e, possibilmente, con la cresta.
Fanculo Ratzinger, fanculo la Lega, fanculo pure i cavalli e le montagne.
Tutto ciò mi lascia perplesso.
Perché se è verissimo che nobilitare personaggi politicamente osceni come Salvini, Berlusconi, Bossi e la Meloni è imperdonabile da qualsiasi punto di vista, è anche vero che il Ferretti che molti si sono costruiti nelle loro menti è parecchio distante da quello realmente esistente.
Osservando con attenzione tutto il suo percorso artistico e umano è impossibile, infatti, non riscontrare una coerenza rara, sempre ostentata con coraggio, onestà senza mai cedere al timore di mostrarsi lontanissimo da quel che era, sentendosi invece vicinissimo a quel che è sempre stato.
Prendendo spunto dal titolo del live dei C.S.I. “La Terra, la Guerra, una questione Privata” provo a riassumere questo percorso dividendolo in tre semplici macroaree e sperando di fare chiarezza su alcuni aspetti che, evidentemente, non sono così noti anche ai suoi stessi fan.
Una questione privata: G.L.F. e la religione.
Ferretti nasce cattolico, cresciuto da donne devote e una volta lontano da casa, ha sempre affrontato il mondo alla ricerca di una religione cui aderire completamente.
Cos’erano il suo filosovietismo e il suo legarsi a Lotta Continua se non il modo più fideistico di promuovere un’ideale artistico e politico? Se non il modo più forte e allo stesso semplice di trovare il proprio posto all’interno di una società, per sua natura, respingente?
La prima volta che con Zamboni parlammo dell’allora recente “conversione” (vedremo poi che non si trattò affatto di una conversione), mi disse:
“Giovanni ha trovato un’altra droga. Per lui credere in qualcosa è una droga. Crederci con tutto sé stesso, il massimo dello sballo.”
In Reduce, pubblicato nel 2006 da Mondadori, Ferretti si mostra fin dalla copertina con addosso un saio da frate e racconta il suo buon ritorno a Cerreto come la riscoperta di quella terra e di quella religione in seno a cui era nato e a cui ha sempre sentito di appartenere.
Riassume la sua vita come un lungo viaggio servito per riappacificarsi con sé stesso, iniziato col suo addio ai monti, affrontato come una terapia contro la rabbia e la confusione sin dai tempi dei live dei CCCP, approdato a nuove forme musicali che gli hanno fatto conoscere prima il Mediterraneo, poi l’Europa e infine le vastità dell’Asia, alle prese con le differenti visioni di Sè stesso al cospetto degli altri, e poi, finalmente il ritorno. Il ritorno a sua madre, ai suoi parenti, ai suoi cavalli, ai suoi concittadini.
E in tutto questo lungo viaggio, la sola e unica costante è sempre stata la presenza del sacro, del Dio.
Chi si stupisce oggi delle sue dichiarazioni in merito al divino, non ha mai ascoltato con attenzione i suoi album.
Già nel 1987, all’interno del secondo LP dei CCCP, trova posto il requiem di LIBERA ME DOMINE, un’invocazione al Signore per essere liberato dalla morte eterna nel giorno tremendo in cui la terra e il cielo tremeranno.
Due anni dopo canterà:
“Madre di Dio e dei suoi figli, Madre dei padri e delle madri. Madre, …oh madre o Madre mia, l’anima mia si volge a te.”
(“Madre”)
All’interno di un album che vede pubblicata all’interno una lettera scritta a “Sua Santità Paolo VI”, che in copertina mostra una vergine Maria col Bambino e che s’intitola Canzoni, preghiere, danze del II millennio sezione Europa.
Uscirà solo un altro album a nome C.C.C.P., l’ultimo, l’anno successivo.
Si intitola Epica. Etica. Etnica. Pathos e al suo interno Ferretti canta:
“Misericordioso Dio, Giusto Clemente Dio, Onnipotente Iddio, L’unico Dio che io Adoro.”
(Paxo De Jerusalem”)
E siamo solo al 1990, eh! Sedici anni prima di quella “conversione” che indignerà tanti dei suoi fan.
Nel frattempo arriveranno i C.S.I., cambierà il genere e l’approccio musicale, cambierà la formazione, ma indovinate un po’ cosa rimarrà come costante assoluta?
Esattamente!
Tutto Ko De Mondo e Linea Gotica sono stracolmi di invocazioni a Dio.
All’interno di Linea Gotica, in particolare, Ferretti si lascia scappare un:
“Non sono scrupoloso al riguardo di dio, è a nostra immagine e somiglianza”
(“Millenni”)
ma nelle note presenti all’interno dell’album specificherà: “Sia chiaro, ciò non farà di me un anticlericale, di tutte le sette la più sciocca”, per poi aggiungere, fregandoci un’altra volta: “…anche se di questi tempi, la meno pericolosa.”
La “miracolosa” guarigione dal cancro alla pleura, lo convince di aver ricevuto una grazia e proprio Per Grazia Ricevuta chiama il suo nuovo progetto musicale, nato la notte del 29 giugno 2001 a Montesole in un concerto con alcuni dei suoi compagni ex-CSI e celebrato in memoria di Don Massetti, il prete protagonista del movimento cattolico del dopoguerra, nonché padre della Costituzione.
Tra le canzoni del live, di nuovo quella “Madre” che Ferretti dichiarerà di non eseguire mai durante le prove:
“Non si provano le preghiere. E’ assurdo. Preferisco stonarla. Ma come diceva Dio a Davide quando suonava e ballava: “Danza per me, non per la qualità della tua danza!”
Il ché, dovrebbe ricordarvi un’altra famosissima canzone dei CCCP che magari, adesso, avrà ai vostri occhi un altro significato.
Nel 2004 arriverà l’album “Litania”, in cui insieme a Ambrogio Sparagna, G.L.F. proporrà delle nuove versioni dei vecchi brani dei CCCP, accostate, guarda un po’, a delle preghiere tradizionali, e solo nel 2006 arriverà finalmente quel libro “Reduce”, e con lui, tutto quello stuolo d’interviste grazie a cui, finalmente, i suoi “fan” scopriranno che Giovanni Lindo Ferretti sta leggermente in fissa con la religione cattolica.
E pensare che erano solo ventidue anni che provava a farlo capire a tutti.
La guerra: fedeli alla linea, la linea non c’è.
Le idee politiche di Giovanni Lindo Ferretti sono SEMPRE state estreme, è il punk che è sempre stato una scusa.
Gli stessi CCCP venivano considerati dei “venduti” da tutti quei “fedeli alla linea” che, incazzati perché la band emiliana aveva firmato un mega contratto con una major come la Virgin, li accoglievano ai concerti con degli striscioni che mostravano la scritta “Fedeli alla lira”.
Il risultato?
“Fedeli alla lira” divenne una delle loro canzoni più suonate ai concerti e l’ira dei fan iniziò a essere messa a durissima prova in una serie di provocazione continue che trovarono il loro zenith nel capolavoro avvenuto durante Arezzo Wave, in cui i CCCP saliti sul palco, si limitarono a declamare l’ormai famoso slogan:
“Arezzo mi attrezzo per il tuo disprezzo!”
e iniziarono a eseguire esclusivamente vecchie canzoni alpine, di guerra o religiose senza sfiorare minimamente il loro repertorio.
Si salvarono dal linciaggio solo perché vennero scortati via dal palco dal servizio d’ordine.
Ma mentre il placido Zamboni (lui sì, vero uomo di sinistra) non l’ha mai voluto, quel disprezzo, Ferretti ci ha sempre sguazzato.
“Invece di pensare, continua a salmodiare”
(“Punk Islam”)
cantava negli stessi concerti in cui chiedeva una mano per incendiare il piano padano anche se, col senno di poi, forse i versi più programmatici erano quelli in cui gridava al suo pubblico:
“Affrettati fa presto, il gioco volge al termine, punta sul rosso, punta sul nero, punta di più. Il gioco è fatto e la posta sei tu.”
(“Tu Menti”)
E lui lo sa bene, perché sul rosso ci ha puntato per tanto tempo e ora non è chiaro se stia puntando sul nero o di più, ma è sicuro che la posta in gioco sia sempre lui.
Ora che è un sessantenne ritirato nel suo paesino tra i monti, completamente chiuso nel suo mondo fatto di albe, cavalli, orti e qualche uscita giusto per qualche tour alimentare, io pur continuando a non condividerlo, arrivo quasi a capirli i motivi dietro il suo arrivare ad abbracciare delle tesi conservatrici. Di protezione del territorio. Di nutrire i propri anziani nel tempo di morire, invece di abbandonarli per preoccuparsi di chi vive dall’altra parte del mondo.
E quando lo sentiamo inneggiare a gente tipo la Meloni però, non dobbiamo pensare che sia una bizzarra presa di posizione attuale perché vorrebbe dire dimenticare che già negli anni d’oro lo abbiamo sentito esprimersi a favore di personaggi imbarazzanti come Gheddafi e che rese protagonista di una delle sue canzoni più famose, proprio quello Jurij Vladimirovič Andropov che nel 1983, per errore “sparò” a un aereo di linea Coreano, scambiandolo per un aereo spia americano, e causando così la morte di 269 civili innocenti.
“Spara Jurij spara!”
(“Spara Jurij!”)
cantava Ferretti e chissà quanti dei suoi fan avevano davvero capito a cosa si riferisse.
Ferretti di sinistra, Ferretti di destra, dite.
Ma ve lo ricordate chi era il vero protagonista di quel baraccone felliniano che erano i live dei CCCP?
Danilo Fatur, spogliarellista omosessuale, “artista del popolo”, SUPER fascista che votava M.S.I.
Ferretti di sinistra, Ferretti di destra, dite.
Io in un Ferretti che non reputi più la Meloni “un leader credibile”, non ci credo, e ormai neanche ci spero più di tanto.
Si è sempre dichiarato, furbescamente, un “pre-politico”, e voglio illudermi che alla base di queste sue recenti affermazioni, al netto di una – comunque probabile – demenza senile – ce ne sia una coerente con quanto dichiarò ormai tanto tempo fa:
“A volte si rimane fedeli a una causa solo per il fatto che gli avversari di essa non cessano di essere insulsi.”
La terra: Il ritorno a casa.
“Solo dopo i trenta avvenne che, non contento di me, tornai a casa senza legami e senza giuramenti a chicchessia che venga a reclamare alcunché.
Cammino nei castagni tra faggi e cerri sotto cieli spaziali attraverso le radure. Mi intrigano le felici in rovi, inciampo e s’apre di spine e cardi la mia pelle. Scopre la mano mia durezze nuove, lava i pensieri miei la pioggia dura, li attutisce la neve, la nebbia li rischiaccia, li strizza il sole. Li accende il fuoco, li consuma, poi.”
(Palpitazione tenue)
La fuga dai monti natii, la fuga dall’ospedale psichiatrico in cui aveva lavorato per 5 anni, la fuga da Berlino in cui aveva conosciuto la persona più importante della sua vita: l’amico Massimo Zamboni, con cui capirà come dare vita al suo fuoco interiore, la fuga dall’Italia coi CCCP, la fuga da Mosca coi semi dei CSI, la fuga dall’Emilia, la fuga dalla Francia, la fuga dall’Italia che resiste, la fuga dai Balcani e le loro guerre continue che rivelarono le guerre che ognuno di loro portava dentro senza neanche saperlo, la fuga dalla Mongolia che doveva rinsaldare un’amicizia che invece venne distrutta completamente, la fuga da quella Berlino dove tutto era cominciato e dove tutto finiva tra parole che presero fuoco come micce e che mettevano paura.
La musica come momento solitario. Il cancro. Montesole. Il ritorno a casa. La morte della Madre. Del cavallo Tancredi. La necessità di ricominciare dove tutto era cominciato. Rinchiudersi nel nido perché è l’unico posto sicuro dove guardare il mondo con l’occhio lineare dell’animale che non sa capire.
Quando ci si chiede come mai un uomo come Ferretti, un ex punkettone che ha girato il mondo, parli in termini così entusiastici della montagna e del suo rapporto coi cavalli, basta leggergli le cicatrici sul volto.
Basta vedere tutte le volte che è morto per capire quel bisogno di risorgere in pace.
“Un freddo più pungente, accordi secchi e tesi, segnalano il tuo ingresso nella mia memoria.”
(“Emilia Paranoica”)
Così comincia quella che è forse la canzone simbolo dei CCCP. La scrive Ferretti per Zamboni. A Zamboni.
E’ il suo modo di fermare su carta e di cantare con voce il primo momento che ha dato inizio a tutto.
E’ il suo modo di sottolineare quanto per lui sia stato fondamentale conoscere Massimo.
La loro storia arriverà a corrodersi al punto che, anche il tentativo di riappacificazione che faranno a Berlino quindici anni dopo, finirà in una canzone. Di Zamboni, stavolta, che parlando dell’ultima discussione avuta con l’ex amico, la racconterà così:
“Parole che dette travolgono i tramonti
il battere del polso sul mercurio
Rumori, calori, sudori, timori, tremori.
Si complica l’elenco degli errori,
Si complica l’elenco degli errori e dei legami intelligenti
intransigenti.
Miccia prende fuoco per la gola.
Miccia prende fuoco per la gola.
Miccia prende fuoco per la gola
e straccia il cuore.
Miccia prende fuoco per la gola
e straccia un cuore che
non conta niente ormai
niente di niente ormai
Niente più niente, di niente, ormai.”
(“Miccia prende fuoco”)
Un dolore così umano e penetrante da meritare nuove fughe e nuove ricostruzioni e che invece si trova davanti la necessità di affrontare un tumore e la morte degli affetti più cari.
Niente di più ovvio che la strada più luminosa fosse sembrata quella di casa.
“Questo non è il migliore mondo possibile, ma è vero. Assolutamente vero. Questo è assolutamente vero. Vero. Vero.”
Ferretti è sempre stato un solitario alla ricerca della famiglia.
Quando quella famiglia non è più stata presente è stato necessario trovare un rifugio.
E’ quello che avrebbe fatto ogni reduce.
E non è un caso se il tour che porta avanti ormai da quattro anni ha sempre lo stesso nome: “A cuor contento”.
Perché c’è voluto tempo, ma è riuscito, grazie alla sua terra, a riappacificarsi col passato perso, giusto in tempo per poterlo ritrovare.
Non più solo una terapia, ma la possibilità di cantare col sorriso, guardando il proprio pubblico.
C’è una vecchia fotografia, presente in quello che apparentemente è l’ultimo album dei CCCP ma già nasconde il primo dei CSI, e racconta questo gruppo di persone straordinarie meglio di quanto potrà fare ognuno di noi che li segue da tanto.
Ci sono tutti loro, da una parte, e Giovanni in un’altra.
Con lui soltanto un cane.
Tutti sorridono e ci guardano.
Ognuno al posto suo.
Il mio post si chiude su quell’immagine, e non ho molto altro da aggiungere.
Se invece vi interessa approfondire, vi consiglio di recuperare, tra i tanti che sono stati scritti, almeno questi due libri: il vecchissimo “Fedeli alla Linea”
e il recente “Quello che deve Accadere, accade”.
Entrambi editi da Giunti.
E il bel documentario di Germano Maccioni
di cui vi mostro un trailer:
che difficilmente vi lascerà indifferenti.