Tuk-tuk. Assolutamente.
A Bangkok i taxi sono rosa o verdi e gialli.
Ma non è un motivo sufficiente per usarli come mezzi di spostamento.
Perché Bangkok è una città trafficata (in agosto, devo dire che in questo periodo le strade sono vuote) e piena di cose da vedere quindi, a meno che non vi stiate spostando a piedi, la parola d’ordine è muoversi velocemente.
Tanto velocemente. Velocemente al punto di temere di ribaltarvi da un momento all’altro.
E’ questo quello che si prova a bordo di un Tuk-tuk.
Una sorta di apetto ultramodificato
che prende il suo nome dal rumore assordante che emette sfrecciando tra le vie cittadine.
Il tuk-tuk è una filosofia di vita e il tuktukkaro colui a cui affidarsi ciecamente.
O quasi.
Il contatto è facile e avviene in questo modo.
Il Tuktukkaro vi avvista. Siete le sue prede. Vi chiama.
Vi chiede dove andate.
Voi a questo punto glielo dite in un inglese impeccabile.
Il tuktukkaro solitamente parla un inglese composto da 13 vocaboli tra cui, sicuramente, non c’è quello che avete utilizzato voi.
Quindi aprite la cartina e, anche grazie all’aiuto di altri mastri tuktukkari, individuate il posto che dovete raggiungere.
A questo punto arriva la parte divertente: la contrattazione.
Il tuktukkaro partirà subito all’attacco chiedendovi una cifra che, per gli standard occidentali, vi sembrerà onesta.
Diciamo che per andare dall’altra parte della città vi chiederà 500 baht (poco più di 10 euro).
In paragone con i taxi italiani sembra una pacchia, ma in realtà la cifra che vi ha chiesto è delirantemente alta.
A questo punto fate appello alle vostre migliori qualità recitative e scoppiate a ridere, dite di no e fate finta di andarvene.
Lui vi dirà di fermarvi e vi chiederà quanto volete pagare.
Voi a questo punto dovrete fare il suo stesso gioco (se lo aspetta e vi rispetterà maggiormente) proponendogli una cifra delirantemente bassa.
“Posso darti al massimo 30 baht (poco meno di 1 euro)!”
Lui farà appello alle sue migliori qualità recitative, scoppierà a piangere, dirà di no e farà finta di andarsene.
Voi gli chiederete di fare il suo prezzo e questo gioco finirà con lui che accetterà ben volentieri di portarvi dove volete per 100 baht.
Ma il tuktukkaro a questo punto si ferma. Vi guarda dritto negli occhi e proprio mentre state per pagarlo vi dirà: “Wait!”
E vi farà un’offerta che non potrete rifiutare.
Vi proporrà di portarvi dove volete per soli 50 baht se accetterete di fermarvi cinque minuti nel negozio di un suo amico che tanto è di strada.
Il negozio solitamente è di stoffe, vestiti o gioielli tipici e il suo amico è in realtà uno con cui ha fatto accordi per farsi dare un’ampia mancia (e non una percentuale sul venduto, per questo al tuktukkaro non interessa che voi compriate o meno, anzi, sarà lui stesso a dirvi di stare lì dentro solo qualche minuto per non perdere tempo).
Vi consiglio di accettare, in questo modo il costo della vostra corsa è coperto dal negoziante, voi vi sposterete praticamente gratis per tutta la città e vi ritroverete davanti ad uno spaccato di umanità particolarmente interessante.
Ai tuktukkari appartengono diverse categorie sociali, per la maggior parte molto basse o provenienti dalle campagne circostanti (molti, tra di loro, presero parte alla “guerra civile” che infiammò Bangkok ad aprile dello scorso anno e oggi non ne parlano volentieri), ex carcerati alla ricerca di una nuova vita spirituale
e giovani universitari.
Gli unici che tempestano di domande gli occidentali, curiosi del loro punto di vista sulla città, sulla Thailandia in genere e su come si vive dall’altra parte del mondo.
Eddie l’ho conosciuto due anni fa, in occasione del mio primo viaggio a Bangkok.
Vietnamita, prima di finire a Bangkok a guidare Tuk-tuk se ne stava in Corea, dove aveva conosciuto un cuoco italiano che lo aveva preso a lavorare nel suo ristorante, insegnandogli tutti i trucchi del mestiere.
Mi disse che se avessi voluto assaggiare la migliore carbonara della mia vita avrei dovuto provare la sua.
Poi al primo semaforo si voltò verso di me e aggiunse: “Se vuoi veramente conoscere la cucina italiana, devi assaggiare i miei spaghetti alla pescatora.”
L’ho cercato quest’anno, ma finora non l’ho mai incontrato, neanche chiedendo di lui.
Sono convinto abbia aperto il miglior ristorante italiano di tutta Bangkok.
[…] This post was mentioned on Twitter by stefano stravato. stefano stravato said: Tuk-tuk. Assolutamente. http://ff.im/-wpZMM […]
Eddie, un gran personaggio… ci ha svoltaato un sacco di situazioni due anni fa…dovresti avere il suo cellulare da qualche parte… 🙂
L’hai fatto di nuovo. Leggevo il post e pensavo che fossero una serie di appunti di viaggio. Ottimo. Li segno perché sai mai che prima o poi un viaggio in Thailandia riesco a farlo anch’io.
Invece no. Invece dovevi farlo.
Dovevi raccontare quel frammento di storia, di ricerca che trasforma tutto quello che hai scritto prima in pretesto. Il pretesto di raccontare qualcos’altro. Sbaglio forse?