Speciale BURIED – 2 di 4 – A tu per tu col regista.
(per la prima parte di questo speciale, clicca qui!)
Dopo la conferenza e in attesa della proiezione del film c’è un aperitivo col regista.
Una cosa riservata, dicono.
Vedo facce da marketing, da produzione e da distribuzione. Nessuno sceneggiatore, nessun regista oltre a Rodrigo Cortés.
Bene, sono l’unico che realmente merita di farci una chiacchierata.
Mi riconosce per via della domanda che gli avevo fatto pochi minuti prima, mi chiede come mai lì e di cosa mi interesso (lui mi chiede di cosa mi interesso, gesto raro e prezioso).
Glielo dico, è sorpreso e risponde “cool” con il tono degli spagnoli nei film degli americani.
Gli dico Cortés, dimmi una cosa, hai 37 anni ed è il tuo secondo film, io mi frustro perché ne ho 31 e tutti a dirmi sei giovane, che corri a fare, che fretta hai. A te com’è andata? Hai parlato della Spagna nello stesso modo in cui io potrei parlare dell’Italia, quindi forse anche tu ti sei trovato in una situazione simile?
Scavalla la gamba, si poggia sui gomiti e afferra con due dita qualcosa dell’aperitivo, fresco nonostante le apparenze.
Mi risponde che gli è successa la stessa identica cosa.
Ha cominciato a 14 anni con l’ossessione di raccontare con la videocamera, prima con gli amici, poi con gli attori, insistendo, insistendo per arrivare a realizzare le prime cose, i primi corti, i primissimi spot per emittenti locali e poi per la tv generalista. E in Spagna tutti a dirgli che era giovane, facendogli capire che buttarlo giù era quasi un test per verificare se fosse in grado di proseguire. Di meritare di proseguire.
Racconta che qualche settimana prima, un ragazzo gli ha chiesto se aveva qualche consiglio da dargli.
Gli ha risposto che poteva dargliene tre.
– Non fare il regista.
– Cercarsi un altro lavoro.
– Se non si riescono ad accettare i punti 1 e 2… provarci.
Provarci quando capisci che non puoi fare altro nella vita che raccontare storie in questo modo.
Mi dice del paese di provincia da cui proviene in cui non c’era neanche il cinema, figlio di due persone senza giusti cognomi.
C’ha provato lo stesso, ha fatto un sacco di merda e poi qualcosa ha funzionato.
Le cose hanno cominciato a girare.
Gli hanno subito proposto di girare Paranormal Activity 2 ma non era quello che voleva.
Gli hanno risposto “Ma come… è interessato Brian De Palma e tu rifiuti?” e lui ha ribattuto con un “Non credo l’abbia fatto ma se si è mostrato interessato è segno che non ha più molte cose da dire, buon per voi, no?”
Mi consiglia di non accettare tutto quello che penso possa servirmi per fare carriera ma di avvicinarmi il più possibile alla strada che voglio percorrere.
Gli parlo della condizione attuale del cinema italiano e della difficoltà di creare un fenomeno esportabile e lui mi dice: “Anche il cinema spagnolo è incartato, per la maggior parte dei casi, nelle solite storie legate alla guerra civile e ai melodrammi esistenziali. Poi ogni tanto spunta qualche Amenabar che fa prendere un colpo a tutti, fomenta e vira improvvisamente il genere.
Crea un fenomeno.
Ma quel fenomeno non è mai qualcosa di calcolato. L’hype è qualcosa che è difficile prevedere e costruire in un posto come la Spagna.”
Cita come esempio Horphanage, a cui nessuno stava puntando e per cui nessuno immaginava un successo mondiale.
Gli chiedo: E tu? Ti ci vedi a far parte di un successo mondiale?
Prima che possa rispondermi si avvicina il suo agente (o qualcuno che per me avrebbe potuto benissimo interpretare il ruolo del suo agente) ma lui gli dice di aspettare un attimo.
Mi risponde: “Sono arrivato in America dopo aver girato ovunque. Ho parlato con produttori europei, cinesi, australiani, sudamericani. Niente da fare, tutti mi dicevano la stessa cosa: il film è ingirabile.
Finchè non ne ho trovato uno che ci ha creduto.
Ma il massimo che sono riuscito a ottenere è stato tenermi la creatività interna.
Ricordatelo, in qualsiasi lavoro t’imbatterai la creatività deve rimanere tua, non perderla altrimenti perderai anche la tua libertà.
Se la creatività resterà tua, avrai mantenuto l’elemento più importante. E soprattutto ti rispetteranno.
Finisce di parlare mentre già si sta alzando per le foto di rito. E’ quasi di spalle quando mi fa: Ci vediamo in sala? Vieni a vedere il film?”
Gli rispondo di si.
“Spero ti piaccia”, mi dice.
Gran bell’intervista. E sul discorso creatività nei processi produttivi in Italia ci sarebbe veramente da scrivere e da dire tanto.
Anche perché è l’unico modo vero che ha questo paese per cominciare a trovare linguaggi e prodotti di nuovo esportabili e non ombelicali come la maggior parte di quello che viene prodotto dalle nostre parti purtroppo.
Fa bene leggere queste cose. Ora sono ancora più convinto di vedere questo film.
Davvero una bella intervista!
Uè grazie! A domani per la terza parte!
Devo dire che le prime due parti di questo speciale sono ottime, grande Mauro! Peccato che io abbia visto il film stasera al cinema e mi sia sentito solamente preso in giro. Aspetto la tua recensione e poi mi piacerebbe parlarne tra commenti del blog / skype / fb.
Preso in giro per cosa? A me è piaciuto parecchio. Comunque oggi dovrei postare la recensione 😉
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