22.9.12: Radiohead live a Rock in Roma.

27 settembre 2012 da Mauro

La prima volta che ho visto i Radiohead dal vivo era il 22 giugno del 2000.
Ero il più piccolo di una macchina che conteneva donne capaci di pisciare ad ogni autogrill, la direzione era Firenze, la piazza Santa Croce e il tour quello di Kid A.
Nonostante fosse la prima volta che si riaffacciavano in pubblico in seguito al successo mondiale di Ok Computer, la scelta di suonare soltanto in caratteristici luoghi d’arte, permise giusto a qualche migliaia di persone di gustarsi il concerto.

La scaletta fu questa:

Optimistic
Bones
Karma Police
Morning Bell
How to Disappear Completely
Street Spirit (Fade Out)
Talk Show Host
The National Anthem
My Iron Lung
In Limbo
No Surprises
Climbing Up the Walls
Fake Plastic Trees
Exit Music (for a Film)
Airbag
Just
Everything In Its Right Place

Encore:
Lucky
Pyramid Song
The Tourist
Paranoid Android

Encore 2:
Bullet Proof..I Wish I Was

ed io rimasi folgorato per l’eternità.

Da quel momento in poi, risposi alla chiamata ogni qual volta si presentarono in suolo italico (per non parlare di quando, per puro caso, mi ritrovai a vederli suonare a Londra) e acquistai qualsiasi bootleg si affacciasse sul mercato, anche solo timidamente.

Tutto questo non per dare un’improvvisa svolta hipster a questo blog e dire che i veri Radiohead li ho visti solo io e non voi che siete accorsi a Roma qualche giorno fa.
Nossignore. Ci mancherebbe. Ho una reputazione da rispettare, io.

Tutto questo per dire, invece, che ho esperienza sufficiente per poter affermare, senza timore di smentita, che il loro concerto del ventiduesettembreduemiladodici è stato in assoluto il migliore tra tutti quelli a cui ho assistito. E se voi c’eravate, avete fatto gran bene.

Ma andiamo con ordine.
Uscito The King of Limbs io feci: mh.

Anzi, più che Mh era: Mh. Mh. Mh. Con piccolissime pause, uno dietro l’altro, e l’espressione pensosa.
Non fraintendetemi, non sono un reduce di The Bends, di ascoltare l’ennesima riproposizione di Creep mi vengono le bolle e non rimpiango assolutamente i tempi di Ok Computer, anzi, per sgombrare subito qualsiasi dubbio, sappiate che il mio album preferito dei Radiohead è In Rainbows.

Detto ciò, The King of Limbs mi lasciò perplesso.

Discontinuo e troppo legato agli interessi dubstep di Thom Yorke, l’ottavo album in studio del collettivo inglese mi sembrava più il nuovo lavoro solista del loro cantante che l’espressione artistica di un gruppo coeso.
Questa sensazione era talmente forte che ne presi istintivamente le distanze, salvo poi iniziare a ripensarci dopo aver letto alcune dichiarazioni dei membri della band.

Mentre Thom lo definiva: “un ‘espressione di puri movimenti fisici e selvaggi”,  Jonny Greenwood dichiarò a Rolling Stones che non aveva più voglia di imbracciare chitarre e mettersi a comporre con le corde.
“Non vogliamo neanche sederci di fronte a un computer. Quello che vogliamo è una terza ipotesi che includa suonare e allo stesso tempo sperimentare programmando nuovi software.”
Gli fece eco il chitarrista Ed O’ Brien che dichiarò che per loro fu come tornare bambini in un asilo. Dimenticare quello che sapevano e ricominciare da capo, giocando.

E dimenticare ciò che si è diventati per ricominciare da zero è il leit-motiv di una band che ha fatto del non sedersi sulle proprie conquiste, la propria ragione d’essere.

Ma trasformare quelle composizioni in materiale riproducibile dal vivo non dev’essere stato facile. Sei mesi, ha rivelato lo stesso Yorke. Sei mesi chiusi nel loro studio per tirare fuori delle versioni capaci di rappresentare e svelare il vertice del loro percorso più recente. Sei mesi e la scelta necessaria di inserire nell’organico un secondo batterista, quel Cleave Deamer che già s’era fatto notare nell’ultima tourné dei Portishead.

Ed è proprio con lui che hanno dato via al loro tour.

A quel punto, solleticata anche dallo splendido documento King of the Limbs: live from the basement, la mia curiosità era alle stelle.

I biglietti per le date italiane uscirono online mentre ero impegnato a tenere una lezione di regia, e bastò una ricreazione anticipata di dieci minuti per permettermi di accaparrarmeli immediatamente.

Ma ci si mise di mezzo il fato, il crollo di un palco, la triste morte di Scott Johnson e tutto slittò di qualche mese.

ci dissero loro. “Di nulla”, rispondiamo noi che ci presentiamo in massa alle porte di Capannelle.

Ora, se c’è un posto dove fa schifo vedere un concerto è proprio Capannelle.
Ok sì, fa schifo anche l’Atlantico, ma Capannelle è quel posto dove c’è sempre qualcuno che sta ballando la salsa alle tue spalle e per questo merita di sprofondare primo tra i primi.

Ma stavolta qualcosa è cambiato e io e gli altri 24998 presenti ce ne accorgiamo perché veniamo dirottati qualche migliaio di metri più in giù (scusate se non parlo del traffico surreale e delle due ore che ci volevano per arrivare perché io sono arrivato comodamente in scooter alla facciaccia vostra).
E “più in giù” voleva dire lontano da tutto ciò che rende Capannelle un posto osceno e molto vicino a quella che potrebbe essere la location ideale per questo tipo di eventi.

Giusto il tempo di comprare un paio di magliette (di rito) di abbeverarci e di imbatterci per puro caso in una collinetta che permetterà anche a Marti di gustarsi per bene il concerto, ecco che salgono sul palco Caribou e la sua allegra cricca.

Provo talmente tanto tanto tanto tanto amore per la creatura di Daniel Victor Snaith che non mi passa neanche per la mente di fare video e mi abballo che è una meraviglia tutti i pezzi.
Marti, tra un ballo e l’altro, trova il tempo di fare le due foto che vedete qui intorno.

Io invece vi segnalo la scaletta del miniset

Kaili
It’s a Crime (Virgo Four cover)
Leave House
Bowls
Jamelia
Odessa
Sun

e vi faccio sentire due dei miei brani preferiti tra quelli che hanno eseguito:

Odessa

e Sun

che se nella versione ufficiale dura quei 4 minuti scarsi, dal vivo vi porterà a ballare per un buon quarto d’ora.

Tutti contenti. Applausi applausi. Buio. Musica.

Sul palco salgono i tecnici e per la prima volta li vedo indossare tutti il completino a norma. L’esperienza, quindi, insegna.

Poi di nuovo buio.
Di nuovo applausi.
Ed ecco salire sul palco i protagonisti della serata.

Raccolgo ogni emozione nel polpastrello del mio pollice destro e premo REC.

http://www.youtube.com/watch?v=fdnOpdyFOqM

Con Lotus Flower, l’unico singolo (anche se vero singolo non è) estratto da King of Limbs danno inizio alla loro esibizione.
Il palco è una giostra di luci, colori, schermi, proiezioni e azzeccate regie e contribuisce a creare, insieme alla musica, un unicum emotivo che durerà per l’intera durata del concerto.

Il secondo brano in scaletta, Bloom, è quello che ha avuto l’onore di aprire il loro ultimo album in studio e. nella versione live, vede addirittura Johnny Greenwood unirsi ai due batteristi per sporcare con una rabbia quasi tribale, la controllata precisione di Selway & Deamer.

La scenografia trasforma il palco in un abbraccio liquido in cui perdersi senza alcuna rassicurazione.

http://www.youtube.com/watch?v=01BFeDgzwdM

Thom Yorke ci chiede in italiano se va tutto bene, e al nostro urlo di risposta inizia a ballare e a cantare sulle note di 15 Step.

http://www.youtube.com/watch?v=FW-aJ52Xev0&feature=relmfu

Con questa canzone che inizia a prendere corpo la forma di un concerto che alternerà momenti riflessivi ad altri in cui il carismatico frontman si mostrerà decisamente più a suo agio di quanto lascia solitamente trasparire.

Ed O’Brien si toglie la maschera di reduce di una boyband anni ’90 e insieme al più irrequieto dei fratelli Greenwood pennella il tappeto sono di Weird fishes / Arpeggi

http://www.youtube.com/watch?v=rBbyL1AT2rc

che ci riporta nel passato di recente di In Rainbows.

Kid A è invece la filastrocca sghemba per i bambini di Akira che ci ricorda dell’album omonimo.

http://www.youtube.com/watch?v=meIYh7mvXbo

Morning Mr Magpie

http://www.youtube.com/watch?v=b44p9pC2L74

è una finestra (con un panorama molto più interessante di quanto sembrasse su album) che si apre sul loro percorso più recente, mentre

There There

http://www.youtube.com/watch?v=tXeUQyEge0Y

e The Gloaming

http://www.youtube.com/watch?v=cHa797qEUiI

aggiornano le diapositive del periodo Hail to the thief.

Terminati i convenevoli si entra nella seconda parte del concerto. Venticinque minuti sospesi tra le proiezioni più sognanti del loro repertorio più o meno recente.

Si parte con Separator

http://www.youtube.com/watch?v=SZi0LCsz3r0

si continua con Pyramid Song

http://www.youtube.com/watch?v=ofrsQIb1esM

affidata per una buona metà ai soli Thom Yorke e Johnny Greenwood.
Il primo al piano e alla voce, il secondo, novello Jonsi, intento a far suonare la sua chitarra come un canto di gabbiani ,sfiorandola appena con l’arco di un violino.

Il vertice emotivo del concerto, per chi scrive, si tocca con Nude, sulla quale Yorke torna a dedicarsi soltanto al bel ballo e alla voce, poggiandola sull’ipnotico loop creato dal Greenwood invisibile.

http://www.youtube.com/watch?v=efQoLZzly4w

Lo stesso Greenwood che, per la prima volta dall’inizio della sua carriera, muta la sua solita espressione passando da catatonico a basito

probabilmente per la visione improvvisa delle tette di qualcuna in prima fila.

Ma salutiamo Ultimate Greenwood, che Nude si è conclusa e possiamo goderci il rilassamento post-orgasmico, sulle note di Staircase.

http://www.youtube.com/watch?v=GtHDrPl4Tt4

La nostra sveglia buona. Quella che si può rimandare, e rimandare, e rimandare ma che a un certo punto ti convince ad alzarti e a muoverti.

E poco importa che il risveglio sia affidato al rock recente di I might be wrong

http://www.youtube.com/watch?v=0vEGY3lC6cU

a quello passato di Planet Telex

(“a very old, old, song” ripescata per questo tour e che infatti mostra tutto il tempo passato dagli esordi ad oggi)

http://www.youtube.com/watch?v=hTA277Hfyag

O all’elettronica selvaggia e allo stesso tempo minimale di Feral

e dell’immancabile Idioteque

http://www.youtube.com/watch?v=kXs-QL-18v8

in seguito alla quale, la band fa un lungo inchino e ci saluta tra gli applausi della folla che già pregusta il loro rientro in scena.

Il primo encore è affidato alla piccola tragedia per voce, chitarra e valvole di

Exit music (for a film)

http://www.youtube.com/watch?v=AZWushqZurs

che, non è stata rovinata nonostante l’impegno di alcuni simpatici urlatori tra il pubblico.
Ma gioite, se tutto è andato come doveva andare, ossia se almeno metà delle mie maledizioni è andata in porto, adesso stanno serenamente continuando a urlare nel reparto di Estroflessione Anale del Gemelli.

House of cards è una carezza autunnale

http://www.youtube.com/watch?v=Nl-xpvKKbF4

e The daily mail

http://www.youtube.com/watch?v=2u0G2GguwWY

una lettera sarcastica dedicata, tra sorrisi e applausi, al nostro ex presidente del consiglio.

Sulla furia viscerale di Myxomatosis

http://www.youtube.com/watch?v=GcQzvPScZWU

Thom Yorke urla, rappa e balla coinvolgendo tutto il pubblico e preparandolo all’arrivo del momento che tutti stanno sperando e aspettando.

Paranoid Android

http://www.youtube.com/watch?v=nhNZo63D_LM

La Happiness is a warm gun dei Radiohead, presenza costante di ogni loro concerto dal 1997 a ieri sera, non smette di emozionare e coinvolgere un pubblico adorante che, per la prima volta durante tutto il concerto,  spezza la coltre di silenziosa devozione e si lancia in un coro unanime di 25.000 voci che ne fanno una sola insieme a quella di Thom Yorke.

E’ il momento del secondo saluto.
Il concerto sta per finire, molti sono addirittura convinti che sia appena concluso, ma non è così.

C’è tempo per un secondo encore che si apre con la canzone di King of Limbs che più di tutte avevo sottovalutato, ma che nella sua versione live schizza in cima alle mie favorite di sempre.

Give up the ghost

http://www.youtube.com/watch?v=fvJabe80Rzg

Si continua con quella Reckoner che spesso durante questo tour è stata dedicata a Scott Johnson

http://www.youtube.com/watch?v=5ZtW0ovf8rc

e si conclude con quello che sempre più spesso è il loro saluto di rito.

Everything in it’s right place

Per l’occasione, introdotta dalle note di Small Axe di Marley, che vanno a prendere il posto di The One i Love dei R.E.M. e di After the gold rush di Neil Young con cui Thom apriva il brano quest’estate.

A questo punto, io diligentemente, spengo la videocamera, ingoio i miei principi e getto alle ortiche quel poco di dignità che mi è rimasta urlando a squarciagola “Yesterday i woke up suckin’ a lemon”.
Per questo motivo il video della loro ultima canzone (come anche quello di Feral che l’ho passata a ballare) sono andato a cercarlo sul tubo in modo da farvi gustare tutto il concerto di seguito.

Qui vi ho linkato i brani presi singolarmente, ma se volete godervi le due ore di concerto tutte di filato e in HD vi basterà premere Play sul filmato qui sotto e partirà una playlist creata appositamente!

http://www.youtube.com/watch?v=fdnOpdyFOqM&list=PL9fXiVBDG11XQSGiuymn2KTlD_OWZ66ge&feature=plpp_play_all

I Radiohead oggi sono questo.
Una band partita dall’analogico che ha trovato la sua realizzazione nella commistione col digitale e che oggi propone uno spettacolo che è l’ibrido perfetto tra i due estremi.
Vederli divertiti e concentrati a cavallo tra strumenti tradizionali e software brevettati da loro stessi è lo scherzo che svela quanto il punto d’arrivo raggiunto con Ok Computer sia tornato ad essere – oggi più che mai – nient’altro che Ok Humans.

Ieri, nella loro ultima data italiana, hanno annunciato che per un po’ non torneranno ad esibirsi nel bel paese.
Spero davvero che non ve li siate persi.

In caso contrario, rincorreteli.
Da qualche parte stanno suonando.

P.s. Tutte le foto a corredo di questo articolo sono di Martina.
Se volete vederne altre, seguitela sul suo account Instagram: mememonamu

5 commenti

  1. dora -

    Solo una parola: grazie!

  2. Raffo -

    Veramente un bel concerto. E’ valso il traffico per arrivarci.

  3. gabriele -

    Io li conosco dal 95 (avevo 13 anni… nel 2000 non riuscii a trovare i biglietti per l’arena di Verona.. poi finalmente li vidi a firenze e ferrara nel 2003.. poi londra 2005 (Koko Camden quì rimasi folgorato: Thom e Jhonny duo acustico, fu la prima volta di Cymbal Rush), milano, dublino 2008 adesso roma e fra 15 giorni amsterdam (fremo maledettamente).

    Quando leggo recensioni come la tua, oltre ad essere estremamente ben fatta, mi rendo conto che Thom e Co. hanno dato vita ad un movimento multi generazionale che è sulla stessa linea d’onda..

    Inizio a domandarmi quanto potrà ancora continuare, per quanto altro tempo ancora potranno accompagnarci e sorprenderci con le loro sonorità ricercate, sperimentazioni e nuovi stili.

    Poi vedo Yorke che si fa un Dj set con Gaslamp Killer, collabora con Modeselektor, Burial, flyng lotus, XX, progetta gli atom for a peace e sono più sereno… Quell’uomo è pazzo! si diverte come un sedicenne e come tale non ci lascerà mai.

    http://www.youtube.com/watch?v=Zo7LcblRMO4

    ps. sto cercando un biglieto per il 6 ottobre alla Manchester arena.. gabrie@gmail.com

  4. Andrea G. Ciccarelli -

    Ma ti sei registrato tutto il concerto con la videocamera?

  5. Mauro -

    @Dora
    Nonscedichè!

    @Raffo
    E anche un post così lungo?

    @Gabriele
    Condivido e ti ringrazio per le tue parole. In bocca al lupo per il biglietto!

    @Andrea
    Yep. Da fan dei video live, mi piace divulgare per chi non può assistere 🙂

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