Venezia 69 – Giorno 1 – Kitano & Mordini.
Per i motivi precedentemente elencati in questo post, sono arrivato a Venezia soltanto il 3 settembre, perdendomi così i due film dei nomoni del festival: The Master di Paul Thomas Anderson e To the Wonder di Thomas Malick.
Poco male (non è vero), tutta roba (bestemmio forte) comunque recuperabile (seeee, si dice sempre così!) in seguito nelle sale cinematografiche (che le fiamme dell’apocalisse vi avvolgano tutti).
Per cui, effettuato l’abbonamento per le navette, ritirati gli accrediti, eccomi pronto a spararmi il nuovo Kitano.
Outrage Beyond
di Takeshi Kitano
Il più recente tassello del grande affresco sulla nuova Yakuza realizzato dal maestro giapponese, si differenzia dal precedente capitolo soprattutto per il fatto che il primo sono riuscito a vederlo mentre questo no.
Troppo tardi.
La porta della Sala Grande si è chiusa proprio davanti ai nostri sogni di bambini e ha lasciato me e Martina sotto la pioggia, esposti, al vento, alle intemperie e all’Acciaio.
E quindi, per l’appunto:
Acciaio
di Stefano Mordini
Si sa che chi ben comincia è a metà dell’opera ma non è questo il caso: qui siamo lontani sia dalla metà che dall’opera.
Mordini, alle prese con un materiale narrativo trasgressivo come un 3×2 in corsia di autogrill, e impegnato come il mio status su Skype quando guardo le signorine nude, realizza, fuori tempo massimo, un film nato già vecchio.
Vecchio e deciso a non rischiare mai troppo né quando prova a titillarci con le due minorenni figlie di youtube, della prima serata di Canile 5 e dell’irrequietezza tipica dei loro thirteen e fourteen, né nel limitarsi a voler tratteggiare l’acciaieria con la pretesa di qualche dettaglio significativo come un fegatello.
Vecchio e prevedibile nella scelta della colonna sonora post grunge e delicatamente new wave (per quanto sia sempre detto grazie ogni volta che qualcuno utilizza la voce di Hope Sandoval) e nel maldestro tentativo di denuncia sociale delle condizioni dei poveri lavoratori della fabbrica.
Vecchio e involontariamente comico nella messa in scena di un tipo di lavoro distante anni luce da quella che è la realtà degli operai e in quella che dovrebbe essere il momento tragedia del film e che invece ci colpisce al cuore come uno spot della wind di Aldo, Giovanni e Giacomo.
Nonostante le buone interpretazioni del cast, l’ottima fotografia, il sapiente uso del montaggio e alcune brillanti intuizioni registiche (motivo per cui spero al più presto di poter vedere nuovi lavori di Mordini), Acciaio è un film che non parte, che non prende, che non tocca nonostante i temi siano di facilissima e immediata presa pop e che, soprattutto, non lascia nulla dopo la visione se non un fastidioso sapore di furbetto.
Stellette? 4 su 10
THOMAS Malick???
THOMAS, Uzze’?
Per il resto, grazie dei godibilissimi e immaginifici [cioè, ci stanno un sacco di foto, no?] post
Niente Malick! Lo recupero a Roma!
Sissì, ho capito… trattasi di strascichi da overdose da festival.
Ripeto, pianopiano.
Tu segui il labiale: Thomas Malick?
Sicuro che il nome di Malick sia Thomas, Uzze’?
Sicuro che si chiama come Thomas Hill, quello che lo chiamavano Trinità e ora Donmatteo?
😉