Cinque passi con John Doe.
Primo passo.
Il più difficile e quindi il più cauto.
Ho scritto questa storia con l’unica intenzione di dimostrare il mio amore per il personaggio inventato da Roberto e Lorenzo e l’ho fatto in punta di piedi.
Volevo che editore, ideatori e lettori avessero la netta e chiara sensazione che il nuovo arrivato fosse lì semplicemente per raccontare storie di John e non per mettersi in mostra esibendosi su un palco non suo.
E l’ho fatto parlando di cinema e di rapporto coi padri: i due argomenti più importanti della mia vita.
Dopotutto, fu proprio il consiglio di Roberto di scrivere sempre e soltanto di ciò che conosco a farmi passare la paura del debutto.
Il risultato è stato una storia di John Doe indirizzata a tutti.
A chi non ne aveva mai sentito parlare e a chi, dell’uomo che era stato Morte, prima di diventare Dio, conosceva ogni particolare.
Ai disegni: il solido e rassicurante Luca Maresca, una garanzia.
Secondo passo.
Negazione, e quindi conferma, del primo.
L’intenzione era quella di muoversi in direzione ostinata e contraria rispetto alla prova precedente.
Una storia indirizzata soprattutto ai lettori hardcore del personaggio ma che potesse incuriosire anche i nuovi arrivati.
Lo scopo, come al solito, era scoprire ciò che non si conosce.
E io volevo scoprire alcuni lati di John che avevo intravisto ma di cui volevo essere sicuro.
A volte, ciò che vediamo negli altri – reali o meno – non è altro che il nostro riflesso e mi interessava infilarmi nelle pieghe per escludermi e toccare qualche nervo.
John di fronte ai diversi sé di diversi momenti della sua vita e davanti ad una donna a cui, per la prima volta, non poteva mentire.
La contraddizione di credere in un unico dio quando lo sappiamo essere espressione di una moltitudine.
Una storia grande fatta di minuscole storie brevi. Un’esperimento vecchio ma sempre imprevedibile.
Ai disegni: Una valanga di esordi variegati e difficilmente convogliabili. A Valerio Schiti la parte del leone, e poi Valerio Nizi, Manolo Morrone, Federico Rossi Edrighi e Marco Marini.
Talenti inaspettati per un seriale da edicola perché è questo che John Doe fa e ha sempre fatto: colpire forte e duro portando ciò che sta sotto, davanti agli occhi di tutti.
Terzo passo.
Giocare col genere nella piena libertà della prima e dell’ultima storia di John Doe, fumetto horror.
Appena John venne punito con la Prigione dei Generi Narrativi, chiesi subito di poter fare un racconto dell’orrore.
L’orrore di essere gli Ultimi, che in comune con i Primi hanno soltanto il privilegio di essere Unici e quindi Soli.
Una storia d’amore, fin dalla copertina. E una storia di zombi.
Ma anche un omaggio sincero al fumetto popolare italiano – a partire dall’inchino iniziale a Dylan Dog, di cui John Doe è stato per diversi motivi, figlio – che viene mostrato alla stregua di un mondo di morti viventi in cui, ad oggi, riescono a sopravvivere soltanto le icone ben riconoscibili di un imbattibile Cowboy, di una Ladra compagna di un ladro che non sbaglia un colpo, un Topolino, e un adolescente irrequieto, forse troppo preso dal suo ombelico (come troppi autori contemporanei) per pensare al resto.
Un sottotesto fin troppo celato, al servizio di una storia che raggiunge la sua conclusione lieta nella pace della fine.
Non nella ribellione che rifiuterebbe un diverso ordine delle cose, ma nell’accettazione di uno status nuovo.
Ai disegni: Federico e Marco. Due fratelli. Due geni assoluti. Due persone con cui vivo e lavoro da anni tra cinema e fumetti indipendenti.
Finalmente, la loro bravura, in edicola e a portata di tutti.
Quarto passo.
Lavorare a quattro mani, per la precisa volontà di farlo.
Ogni mia sceneggiatura di John Doe è stata supervisionata da Roberto.
Mi ha aiutato sui dialoghi, a volte ha migliorato una regia, altre ha eliminato inutili voci fuori campo, spesso ha lasciato le cose com’erano.
Poi c’è venuta voglia di lavorare insieme.
Come per Dylan Dog, le idee si sono rimbalzate da una parte all’altra. Lì l’abominio dei talent show, qui le acrobazie, centrali e periferiche, della pornografia.
Alla fine ne è uscita la nostra storia più comica e più romantica.
Abbiamo parlato di coppie, di incontri, di incomunicabilità, di controllo, di libertà, di amore – e quindi – di morte.
Lo abbiamo fatto di persona, per mail o al telefono, ridendo o scontrandoci sui vicoli ciechi ed esaltandoci per le idee quando una nuova strada annullava le precedenti.
Abbiamo riconosciuto, guardandoci bene, il meglio dell’altro e abbiamo provato a metterlo su carta.
Se ci siamo riusciti, o meno, è poco importante. A noi è servito.
Ai disegni: Flaviano Armentaro. L’unico che col suo stile dinamico, cartoon, sexy e stilosissimo, poteva dare corpo ad una storia simile rendendola sempre credibile e divertente. Un altro incredibile talento che dall’animazione e dal sottobosco fumettoso è approdato in edicola, dimostrando che la linfa nuova è ovunque intorno a noi. Bisogna soltanto riconoscerla.
L’ultimo passo.
Una nuova storia a quattro mani, perché le sfide grosse è difficile vincerle da soli.
Per le mie ultime parole su John Doe, ho scelto una storia di super eroi e di eroi super.
Una storia che, in linea con le velleità del genere, fosse epica, gigantesca, definitiva.
Una storia, quindi, che non sarei mai stato in grado di scrivere da solo.
Solo insieme a Roberto avrei potuto maneggiare questo tipo di materia narrativa senza bruciarmi le mani.
Dalla leggerezza comica e minimale della nostra precedente collaborazione, alla cupezza crepuscolare di Flettendo i Muscoli il passo è stato più breve di quello che ci si possa aspettare.
Volevamo parlare di eroi e abbiamo parlato di quelli che ci circondano tutti i giorni.
Abbiamo riflettuto sul nostro mondo e della direzione in cui il fumetto italiano sta puntando.
Abbiamo invocato il ritorno degli eroi perché Negazione è un nemico che non muore mai.
Si nasconde nelle righe di un editor che boccia un progetto perché troppo innovativo, nelle storie mai scritte per paura o per la stanchezza di un ennesimo rifiuto.
Nell’omologazione.
Nelle teste basse.
Nella rinuncia di voler cambiare il mondo.
Nello smettere di tentare.
Negazione è un nemico enorme ma si sconfigge semplicemente rialzandosi. Applausi, e dedica finale, a chi non si è ancora stancato di farlo.
E non si stancherà.
Ai disegni: Federico Rossi Edrighi alla sua prima prova come autore completo. Novantaquattro tavole di soluzioni grafiche sorprendenti, inedite, innovative. Zero scuola, puro stile. Una potenza e un controllo tali che neppure la più ignobile delle stampe è riuscita a mettere in ombra.
Valore aggiunto: i grigi di Sabrina Ariganello che hanno evocato, per noi, le suggestioni dei colori tipici dei comics.
Cinque passi con John.
Cinque copertine di Davide De Cubellis che hanno aggiunto agli albi un valore inestimabile a prescindere di qualsiasi cosa ci fosse all’interno. Cinque immagini che hanno fissato le parole in un momento, mostrandone il loro lato migliore.
—-
Tirando una linea scopro di aver parlato principalmente di cinema, padri, religione, psicanalisi, amore, solitudine, orrore, zombi, pornografia, supereroi e fumetti.
Che in effetti, in un modo o nell’altro, sono gli argomenti che maggiormente mi hanno accompagnato negli ultimi quindici anni della mia vita.
Tirando una linea scopro di aver ammazzato John quattro volte su cinque. Tutte, tranne la prima.
Che in effetti è un bel segno di insicurezza da parte di un autore che vuole riuscire a domare una creatura senza sentirsene all’altezza.
Tirando una linea scopro di aver fatto quello che faccio sempre, circondarmi della mia famiglia.
Collaborare con nuovi artisti senza dimenticare il legame coi miei fratelli. Che il fato ha voluto fossero anche le persone più belle, pulite e talentuose che io conosca.
Tirando una linea, infine, scopro di essere soddisfatto di ogni singolo momento di questa esperienza.
Che è più di quanto si possa sperare nel conseguimento della serenità.
Tra due mesi, il gran finale.
E pur sapendo quale sarà l’ultima mossa del nostro John, me lo godrò da lettore.
Che gioia.
Grazie, veramente, a tutti.
Commovente
devo dire che entrare in corsa in un fumetto collaudato e portato avanti da due, bravi, che il fumetto l’hanno creato e cresciuto non era facile. quindi intanto coraggio.
detto questo, che mi premeva, non te la sei cavata male.
vorrei vederti indipendente da rrobe. perchè per come la dici tu non so quanto ha influito no? magari pochissimo e quindi a maggior ragione vorrei vederti solo.
belle tutte e 5 le storie, ma le ultime 2 hanno davvero esagggerato!! (bella coppia tu e il rrobe!)
P.S. è stato un piacere leggerti su john doe, spero di ritrovarti su altri albi.
Ho avuto il piacere di legger l’ultimo JDoe e la storia per l’almanacco della paura di Dylan Dog. Non deve esser facile lavorare con mostri sacri come Recchioni e Bartoli, ma per quanto riguarda Jdoe hai colto nel segno. Non hai snaturato il personaggio e ci hai regalato una bella lezione di vita.
Ne ho parlato anche qui:
http://www.compagniadeldado.it
saluti
andrea
@Marco
Grazie!
@Comativa
In effetti l’unico “posto” dove faccio tutto da solo è questo blog! o_0
Comunque appena uscirà qualcosa di solosolosolo mio, in un modo o nell’altro, te lo farò sapere!
@Bubba
Grazie mille! Sono contento che ti siano piaciute!
@Andrea
Addirittura! Commosso dalle tue parole, ti ringrazio (e ho letto anche quello che hai scritto sul blog, grazie ancora!)
Poche ciance: i tuoi JohnDoe, come ho avuto modo di scriverti recentemente, sono tutti fottuti capolavori.
I temi che tratti, come li tratti, i momenti comici e quelli emozionanti, il basso e l’alto, gli zombi e l’amore che non muore…
Oh, sarà che il personaggio si presta alle tue corde, sarà la complicità simbiotica con rRobe, saranno l’amichi fuoriclasse come MM o FRE, nzomma, tuttincoro:
BRAVO UZZEONE!
e, da lettore, thanks for the fun!