Liberazione.
Tre cose riescono a paralizzarmi: gli occhiali con la montatura spezzata, le afte, i momenti di non trascurabile felicità.
Per i primi due argomenti riesco ad identificarne abbastanza bene le motivazioni.
Il terzo mi è del tutto ignoto, non mi spiego le origini e finora mi sono limitato a prenderne atto.
Quando succede qualcosa che mi tocca dentro, che mi emoziona, che in un modo anche del tutto stupido o inesistente agli occhi esterni riesce a farmi contento, io mi fermo.
Come un gatto davanti ai fari di una macchina.
Come il Golem a cui viene cancellata l’ultima lettera.
Come i video dei concerti quando mi scordo di cambiare la schedina in tempo.
Immobile. Non una mossa o un gesto.
Magari posso parlarne, raccontarlo a qualcuno, condividerlo, ma non faccio nulla per relazionarmi a quella felicità come se stesse avvenendo proprio in quel momento.
La tratto, anzi, da roba passata, accaduta, successa.
Non c’è ora. C’è stata.
E quindi se mi scrive il chitarrista di quella band che adoro per dirmi che ha passato una serata splendida con noi e ci invita a casa sua a Berlino, io lo racconto a Meme, a Federico, a Marco, ma al tizio non gli rispondo. No, no. Non gliela do ‘sta soddisfazione.
Neanche una riga.
Che cazzo si scrive quella mail gentile? A me, poi. Che mi blocco.
E anche se me lo dico e me lo ridico, alla fine non faccio altro che costruirmi una baracca di scuse nella quale starmene al calduccio e rimandare il momento di una semplicissima risposta che ricambi e confermi.
Così, faccio passare tanto di quel tempo da trasformare la felicità in impaccio prima, maleducazione e fastidio poi, come se quella fosse una dimensione che riesco a gestire con più semplicità.
E il mio comportamento è costante e metodico come quello di un serial killer imbarazzato.
Una volta è il chitarrista, un’altra è quell’autore che adoro che mi chiede di collaborare per il suo prossimo progetto, un’altra ancora è l’amico che mi invita a cena da lui perché gli è successa una cosa splendida, il fratello che scrive delle righe commoventi su quanto, ancora oggi, si ricorda di come è stato bello lavorare insieme su quella storia di Dylan, le cene con i regali e il cuore, i disegni di Fede e Morini, mia madre che mi scrive un sms dolce inaspettato, le sorprese di Meme.
Non esiste distinzione tra famiglia, lavoro, amicizie, amore, o gerarchie di sorta.
Il mio blocco è democratico e assolutista e mi accompagna da sempre.
Quindi, perché parlarne ora?
Perché nel corso dell’ultimo mese Oruam si è sostituito a me più spesso di quanto avrei voluto.
Dalla metà di marzo fino a qualche giorno fa, mi sono ritrovato frullato in una gigantesca giostra di momenti e conferme riguardanti tanto la mia vita professionale quanto la mia sfera personale che ho pensato bene di reagire come Julius, il cane di Malausséne, bloccandomi sul posto e restando crisalide al terreno, riavviandomi in modalità provvisoria mentre un altro me provava a gestire il resto.
La modalità provvisoria è però, per definizione, una misura temporanea, cautelativa e controllata, che garantisce il mantenimento a patto di tenere un basso profilo. Di frenare gli slanci e settarsi sul minimo.
E quindi non ho ricambiato quello che vivevo con lo stesso entusiasmo con cui lo ricevevo.
Perché per quanto si possa pensare l’opposto, l’entusiasmo degli ottimismi è dato dalla consapevolezza che il brutto sia l’ovvia norma e il bello l’eccezione da sottolineare perché non scontato, non naturale, ma frutto di uno sforzo non dovuto, è per questo, prezioso.
E per relazionarcisi serenamente bisogna sentirsi all’altezza di quel Graal, sapere di poterlo afferrare senza scottarsi e restituirlo, dimostrando di essere più forti di quell’avidità che ce lo farebbe tenere soltanto per noi.
Voglio spaccare le sbarre di questa gabbia che mi tiene fermo, mentre un me sedato vi rivolge un tiepido grazie, e se di fronte al vostro bello, nuovamente reagissi da Shendhal, svenendo, sappiate che è solo per l’immensa felicità provata.
Che imparerò a ricambiare.
Mauro il bello
Sei un cazzone!!
Devo ammettere che ne sapete entrambi!