Café de Flore – Recensione.

3 settembre 2011 da Mauro

Jean Marc Vallée gioca con lo spettatore per tutta la durata del suo film.
Non si limita a seminare aspettative o a intessere microtrame tra le trame, ma instilla, sin dal principio, un senso di attesa, tra l’angoscia e la meraviglia, dell’attimo in cui tutto deflaglerà.
Conduce la narrazione esattamente come Antoine (l’esordiente Kevin Parent) alterna il passaggio tra un brano musicale e l’altro nelle sue serate da DJ.

Interrompendolo.
Attirando l’attenzione del pubblico.
Lanciando il nuovo dal punto in cui più fomenterà la sala.
Rischiando i fischi e raccogliendo applausi.

Quelli che, a sei anni da C.R.A.Z.Y. Vallée torna a raccogliere al Lido, che premia con una emozionata standing ovation i 129′ di Café de Flore.

Poco più di due ore per raccontare le vite parallele di Antoine e Jaqueline.

Il primo è l’uomo che ha tutto: lanciatissimo nella sua carriera in campo musicale, felicemente innamorato – e ricambiato – dalla sua anima gemella, due figlie che lo adorano, genitori ancora in vita.

La seconda (una straordinaria Vanessa Paradis), dopo aver dato alla luce un figlio affetto da sindrome di Down decide di dedicare ogni suo sforzo nell’impresa di fargli vivere una vita normale.

Il primo vive a Montreal ma viaggia da un continente all’altro per far ballare il mondo.

La seconda vive nella parigi del 1969.

Tra di loro, l’amore di due adolescenti della seconda metà degli anni ’80.
Due ragazzi consacrati alla musica – in particolare alla new wave inglese – e a quello che provano l’uno verso l’altra.

E la musica, quella suonata da Antoine, cantata da Jaqueline e ascoltata dai due ragazzi, accompagna la scansione narrativa dei loro rispettivi percorsi.

La musica che è nel titolo e nei titoli.

Nei dialoghi, nella diegesi anche quando accompagna solo gli spettatori, la musica che detta i tempi al racconto.

Rallentandolo. Facendolo strofa, strofa, ritornello e di nuovo strofa col fondamentale apporto di un montaggio perfetto (ad opera, sempre, di Vallée) al servizio di una regia che alterna i diversi piani fondendoli in maniera dinamica ed elegante.

Café del Flore ha l’immenso pregio, soprattutto, di smarcarsi da tutti quei vicoli ciechi che si potrebbero ipotizzare alla visione del trailer

(il pietismo verso la malattia, l’epica dell’amore adolescente, l’ameliesmo del personaggio di Jaqueline, l’autorialismo francese) trasformandoli nell’unica strada percorribile per raggiungere quella serenità a cui tutti ambiamo, di cui tutti abbiamo bisogno.

Quella serenità che può sembrare necessità di assoluzione ma è solo richiesta di pace.

Stellette? 8 su 10. Forse anche 9, ma io sono un esaltato.

P.s.
Al momento ignoro se ne esiste già una distribuzione italiana, io il mio l’ho fatto caldeggiandolo fortemente a due tra i più importanti distributori nostrani.
In caso non dovesse uscire dalle nostre parti, recuperatelo comunque e guardatelo col volume alto.
E la porta e la finestra aperta per creare una leggera corrente.

4 commenti

  1. Fab -

    Davvero c’era Breathe??? I pf sono famosi per non aver mai consentito a nessuno l’utilizzo dei loro brani in colonne sonore (se non quando gli è stato chiesto di scriverne una originale, in 3 occasioni, e per il film di the wall… ma in quel caso è comprensibile)

  2. Pao -

    C.R.A.Z.Y. per me era un cinque e mezzo/sei meno. Ma se mi capiterà di incrociare questo nuovo film cercherò di ricordarmi che ti ha tanto esaltato.

  3. Ivan -

    è il trailer più bello di sempre!

  4. chino -

    Sembra decisamente gustoso. Vedrò di procurarmelo.

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