Nel segno del padre.
Sulla scia dei festeggiamenti per i 50 anni di Zagor,
ho deciso di riprendere in mano tutta la mia collezione e rileggerli dal numero 1.
Chi mi conosce bene sa quanti ricordi possa scatenare in me una cosa del genere, perché Zagor fu il primo fumetto che comprai, coscientemente e attivamente, dopo aver visto la pubblicità della novella TuttoZagor, sulla quarta di copertina di un Tex di mio padre.
La pubblicità del numero 2, per essere precisi: “Terrore”.
Era il luglio del 1986, dovevo ancora compiere 7 anni ma avevo appena trovato il modo di appagare il bisogno di condividere una passione con mio padre senza essere costretto a leggere Tex (che all’epoca trovavo terribilmente noioso).
Zagor sembrava nato per quell’esatto motivo.
Assolutamente perfetto.
Non una roba da bambini come Topolino, no, no signori miei! Qui abbiamo tanto di divisa rossa e gialla con simbolo di aquila stilizzata, nome esotico e titolo minaccioso, cosa desiderare di più?
Già dalla copertina era chiaro che mi trovavo davanti a qualcosa di molto più emozionante di un furto di bestiame in un ranch dell’Arizona.
Per non parlare dell’anteprima del numero successivo:
Fu amore a prima vista e a partire da quell’albo lì, io e mio padre saremmo andati ogni mese in edicola insieme e ne saremmo usciti, soddisfatti, ognuno col suo fumetto preferito.
Nei prossimi giorni approfondirò il discorso, dimostrandovi che se è vero che è grazie a Zagor che oggi scrivo fumetti, inizialmente la mia carriera sembrava più dirottata verso un futuro leggermente diverso.
Per il momento però, l’evento importante da fermare nella memoria per i posteri, è che questa domenica ho letto Zagor nel mio letto, appena svegliato.
L’ho letto spaparanzato sul divano dopo aver bevuto il caffè (si, l’ho letto anche, subito dopo, sulla tazza, ma quella foto ve la risparmio!).
L’ho letto sul terrazzo, col sole sulle pagine.
L’ho letto sul lettone di mia nonna, col venticello fresco dalla finestra mentre lei era seduta vicina a me.
L’ho letto nei momenti tra una cosa e l’altra
E leggere Zagor di domenica è ciò che più riesco ad associare al concetto di serenità.
Riprendendo in mano questi albi mi ha colpito il carattere di Cico, menefreghista, ladro, bugiardo e spesso risolutivo!
Mi ha colpito l’odore della carta, che ad ogni giro di pagina è stata una cosa tipo:
E mi ha colpito constatare, con un occhio più attento rispetto alla prima volta che ho letto queste storie, il modo in cui la leggenda è nata.
Sergio Bonelli racconta spesso che alle origini di Zagor c’era la voglia di impiegare a lungo termine il talento di Gallieno Ferri, per non farselo sfuggire oltralpe (terra dove aveva già mietuto i suoi primi successi), ma nella gestione della casa editrice c’era poco tempo per dedicarsi a tempo pieno al nuovo personaggio.
Per questo dopo le primissime storie, lo scettro delle sceneggiatore passò da Guido Nolitta (pseudonimo di Sergio Bonelli), direttamente allo stesso Ferri per poi arrivare nelle mani, più salde, di papà Gianluigi.
E il suo arrivo ha la potenza di un bulldozer e la riconoscibilità stilistica di un veterano.
Voglio dire, c’era bisogno di riportare il nome dell’autore per indovinare chi poteva avere scritto questo dialogo?
Al momento sono nel bel mezzo del ciclo narrativo di Bonelli Senior e, pur godendomelo da matti (è qui che riesce a sbandierare palesemente il suo amore verso Dumas!), non vedo l’ora di ritrovarmi davanti alle storie in cui Nolitta riprenderà in mano il personaggio con la ferrea volontà di allontanarsi dal segno del padre, alla ricerca di una voce personale che ribadisca tanto una distanza dalle sue radici quanto un’appartenenza.
Quella che ogni figlio dovrebbe cercare e fare propria.
Nella copertina di Terrore Zagor volteggia lontanissimo dai due tangheri in canoa! Non sembra neanche ce ce l’abbia con loro! Pensa che gita orrenda si ricorderanno questi due.
Il titolo infatti si riferisce al pomeriggio passato da quei due!
Ti avrei perdonato Mister No, avrei compreso appieno una passione per Ken Parker, tutto sommato avrei sorriso per un ipotetico affetto verso Blek Macigno. Ma Zagor… ZAGOR… proprio no! 🙂
Amati tutti alla follia. Ma sono segni di una maturazione successiva. Zagor è l’esempio più alto di epica pulp applicato al fumetto seriale/popolare. In quale altro potresti trovare, tranquillamente, il western, i robottoni, dracula, i samurai e tarzan?
Regalai tutta la collezione a un amico mio per far spazio alla nuova di MISTER NO. Non c’era più spazio davvero. Era il 1978 ero un adolescente con brufoli orribili sulla faccia e non sapevo di stare facendo una delle più grandi cazzate della mia vita. Avevo tutta la collezione della collana Zenith, ora dal valore quasi inestimabile… Zagor, lo spirito con la scure. Amarcord. Ok… comincio a seguirti. Kiss.
Il punto è che non ho mai trovato una virtù l’unire in un unico megamondo cose diametrali come il western, i robottoni, dracula, i samurai e tarzan.
Forse è per questo che non attribuisco un’eccessiva importanza a Tarantino.
Ma no, che c’entra Tarantino! Io mi riferivo a creatori di mondi reali, come Howard e Burroughs. Da lì, e dai giornalacci su cui pubblicavano quelle storie, spunta fuori Zagor.
E aldilà di questo, anch’io ho storto il naso le prime volte, ma credo che le gonzo, interracial, extreme, public, orgy, alla fine traggano la loro forza proprio dal meshup di mondi lontanissimi 😀
Tarantino lo citavo come altro esponente che patchworka mondi e generi, lavorando per sintesi di essi onde arrivare ad un (non) suo cinema.
Il parallelo con i generi di cinema pornografico che presenti, però, non vedo che attinenza abbiano…
tu dici: “non ho mai trovato una virtù l’unire in un unico megamondo cose diametrali come il western, i robottoni, dracula, i samurai e tarzan” e il wester, la fantascienza, l’horror ecc sono “generi” specifici che etichettano mood/ambiente/tempi/aspettative di un film. Allo stesso modo, nel porno, più che l’ambiente, i generi identificano la specificità di quanto verrà mostrato, per cui valutavo quanto il cross over abbia aiutato l’industria. 🙂
Per quanto riguarda Tarantino, credo che proprio quel mesh up generi, comunque, un “suo” cinema. Ma qui entriamo in discorsi luuuuuuuuuuuunghi!
Ok, io però non parlavo di industria, rimanevo invece ancora nel campo del ‘canale espressivo’.
Per quanto riguarda Tarantino, uno dei topic più gettonati su di lui riguarda proprio quanto il cinema che firma sia suo o non lo sia. Più che discorsi lunghi, sarebbero dunque discorsi già fatti. Interessante sarebbe piuttosto – a quel punto – dialogare andando a ctrlvuare le elucubrazioni più meritorie e pertinenti presenti sul web. 😀
Bhè, nel porno quelli sono i generi di c-anale espressivo! (scusa, dovevo dirla!)
Per quanto riguarda tarantino, io molto più prosaicamente mi baso su: “riconosco da un fotogramma che il film è suo?” “si.”
E’ cinema di tarantino.
E, fugando ogni dubbio che potrebbe far sorgere questa mia espressione, conosco anche molto bene il suo cinema di riferimento, per cui credo che ridurre il suo lavoro a “mera accozzaglia di roba altrui” sia, per l’appunto, riduttivo. E non perché credo che sia un mero plagiatore, che mette insieme alla bell’e meglio roba altrui (e apprezzerei ugualmente, voglio dire, adoro dj shadow, perché dovrebbe stranirmi tarantino?) ma proprio perché non credo che sia mero plagiatore. Mi sto annoiando a rileggermi, smetto. 🙂