JD n.s. #7 – Intervista a Manolo Morrone.
Seconda parte delle interviste dedicate ai cinque disegnatori di questo albo di John Doe e stavolta è il turno del trentenne Manolo Morrone, anche lui al suo esordio assoluto sulla testata!
Esordio complesso in quanto gli è toccato in sorte l’episodio forse più complesso tra quelli che avvengono all’interno delle “case”.
Manolo ha dovuto rappresentare un confronto difficile sul piano della caratterizzazione espressiva in quanto le differenze tra il John della prima stagione e quello della stagione attuale sono soprattutto caratteriali e non marcatamente fisiche come per quello della seconda o della terza.
Per cui Manolo ha dovuto prestare attenzione ad ogni singola sfumatura espressiva e ad ogni posa del personaggio, lasciando che fossero i dettagli i veri protagonisti di queste tavole.
Ciao Manolo, visto? L’albo è VERAMENTE uscito in edicola, l’hai già letto?
Che effetto ti ha fatto leggerlo e trovarti lì in mezzo?
Già letto? Divorato! Non vedevo l’ora.
Non avevo letto tutta la sceneggiatura perchè non volevo sapere come andava a finire, volevo godermi l’albo,sfogliarlo avanti e indietro, leggendolo e guardando i disegni, come faccio con tutti i fumetti.
Trovarmi lì in mezzo è stato un bell’ effetto, per prima cosa ho letto i nomi dei disegnatori, c’ero anch’ io, ho sorriso e mi sono pure emozionato.
Dicci un po’ chi è Manolo Morrone e come mai un giorno ha scelto di voler fare questo lavoro.
Bimbo Manolo da grande voleva disegnare. Proprio così.
Quindi diciamo che molte delle scelte che ho fatto nella vita sono state condizionate dalla mia passione per il disegno anche se non sapevo bene quale strada percorrere.
La svolta è arrivata quando, per reagire ad un periodo in cui la vita m’ha preso un po’ a schiaffi, mi sono iscritto alla scuola di fumetto.
Il risultato è che adesso ho ancora più voglia di disegnare di quando ero bambino.
Hai frequentato una scuola di fumetti. Cosa ti è rimasto di quell’esperienza? Pregi e difetti.
Che consigli daresti ad un ragazzo che volesse frequentarne una?
La scuola di fumetti è stata molto importante, semplicemente mi ha aiutato a capire che voglio fare i fumetti, e non è poco.
Oltre a farmi crescere tecnicamente mi ha fatto comprendere quanti sono gli elementi che ci sono dietro ogni singola pagina di fumetto, e poi mi ha lasciato delle amicizie solide con persone alle quali resterò sempre legato.
Parlando dei difetti… la scuola di fumetto sa darti lezioni indispensabili e lezioni che puoi trovare del tutto inutili, proprio come ogni scuola.
Consiglio a chiunque voglia fare fumetti di frequentare una scuola cercando di capire chi può insegnarti veramente tanto e chi non può o non vuole insegnarti niente.
Qual è il fumetto che più hai amato? Quello che più hai odiato? E quello che ti sei sempre vergognato di ammettere che ti piaceva da morire?
Diciamo che sono cresciuto a pane e Conan perchè da piccolo disegnavo guardando John Buscema e Frazetta, poi sono stato un pessimo lettore di fumetti per anni finchè non ho cominciato a frequentare la scuola, a quel punto sono stato travolto da tantissimi disegnatori e sono impazzito.
La verità è che mi piacciono troppe cose, molti disegnatori americani con stili diversi, e altrettanti disegnatori italiani.
Devo molto a Stefano Caselli, è stato veramente capace di insegnarmi tanto, con lui ho capito come comunicare con il lettore.
Di solito quando sei a contatto con dei professionisti e vedi le cose che fanno ti capita o di voler piangere in un angolo pensando che non raggiungerai mai quel livello o di avere una grande voglia di disegnare, ecco a me capitano entrambe le cose in successione, troppo spesso.
Penso di essere solo all’ inizio e di poter crescere ancora tanto, ecco perchè mi appassiono a tanti stili diversi, spero che il mio stile sia sempre in evoluzione. Tutti i disegnatori che seguo con più interesse mi insegnano inconsapevolmente qualcosa, in oltre sono maestri già soltanto facendo ciò che fanno.
Ho amato molto Nextwave di Ellis e Immonen, mi ha divertito e mi ha colpito molto dal punto di vista grafico, ricordo che sull’autobus lo leggevo e ridevo da solo.
Finora non ho odiato nessun fumetto e spero di non dovermi mai vergognare di ammettere che un fumetto mi piace.
A che stai lavorando ora e come ti vedi da qui a dieci anni?
Innanzitutto spero che la mia collaborazione con John Doe non termini qui, per il resto sto cercando di fare qualcosa per il mercato americano, è un habitat che mi piace molto. Non voglio dire che non mi piacerebbe lavorare anche per altri mercati, anzi, è che mi sento a mio agio disegnando supereroi ipertrofici che fanno esplodere mille cose perchè je piace fa casino, non chiedetemi perchè.
Se potessi vedermi fra dieci anni sarei contento di scoprire una persona che ama fare il proprio lavoro, che si diverte con poco, un foglio e una matita.
E poi ovviamente ricco, famoso e grosso come The Rock.
Salutami regalandomi un film, un album musicale, un libro e un posto da vedere.
The big Lebowski
perchè vale sempre la pena rivederlo,
“Queen” dei Queen
perchè è il gruppo che mi ha preso per mano e portato verso il rock.
Il libro è ” Il più grande uomo scimmia del pleistocene”
perchè non l’ho letto e mi devi dire com’è.
Il posto è la quasi selvaggia Isola Del Giglio.
E io accetto ben volentieri, lo ringrazio, e chiudo l’intervista di Manolo segnalandovi il suo blog e mostrandovi le prime tavole di prova con cui s’è proposto per collaborare per John Doe:
Approvo e condivido la scelta di Next Wave.
bravo
Bravo, mi è proprio piaciuto, per di più mi sa che gli è capitata la parte più delicata del fumetto, proprio in considerazione del fatto che i due John Doe che metteva a confronto erano pressocchè identici (tratti caratteriali a parte).