JDn.s.#3 – Commento dello sceneggiatore. 1 di 3
Tra qualche ora sarà in edicola il quarto episodio della nuova serie di John Doe che vede esordire alle matite il buon Fabrizio Galliccia su testi di Lorenzo Bartoli.
Chi doveva leggere il numero 3 quindi se l’è già bello e sparato e visto che il commento dell’autore è il contenuto extra da dvd su cui mi lancio con più interesse, tento di replicarlo su queste pagine.
A me piace sentire il punto di vista di chi ha lavorato per ottenere il risultato che mi arriva come fruitore e sono assetato di aneddoti e piccoli trucchi.
Nel fumetto si fa raramente e quando anni fa, nel primo numero di JD mi trovai davanti la rubrica “Contenuti speciali” ho pensato fosse un’utile genialata.
Il limite di una sola pagina non permette però di raccontare tutti i retroscena di un albo e quindi, sperando di fare cosa grata ai lettori di JD, a chi vuole scoprire cosa si nasconde dietro le quinte e di divertire qualche collega, ecco cosa si nasconde, pagina dopo pagina, dietro alla sceneggiatura dell’albo di John Doe “L’uomo con la macchina da presa”, scritto dal sottoscritto e strepitosamente disegnato da Luca Maresca.
Per la numerazione utilizzo quelle delle tavole, che tanto è stampata a margine ed è leggibilissima.
Ok, ciancio alle bande, albo alla mano, iniziamo!
Tavole 1/7
L’idea di utilizzare un monologo di Bill Hicks è di Roberto.
Io sapevo di voler cominciare l’albo con l’audizione di John davanti a quelli che sarebbero stati i direttori di produzione del film ma mi stavo perdendo per strade tortuosissime.
In una delle prime versioni, John fa l’audizione accompagnato da Pestilenza ed entrambi interpretano i passaggi di famosi film che, in un modo o nell’altro, citavano Dio.
E quindi eccoli alle prese con “I dieci comandamenti“, “Una settimana da Dio“, il quinto Star Trek, ecc ecc.
Quest’idea faceva schifo. E oltretutto poi mi sarei dovuto trascinare Pestilenza per tutta la storia quando non ce n’era alcun bisogno narrativo.
Non riuscivo a farla girare bene, Roberto che mi vedeva incastrato (lavoriamo spesso insieme, uno ad un lato del tavolo, uno a quell’altro) mi fa: “Ma scusa… Bill Hicks!”
Giusto!
E mentre ci divertivamo a guardarci tutti i video di Hicks sul tubo pensavo che mi sarebbe piaciuto utilizzare proprio il comico plagiato da Luttazzi per far scattare istintivamente nel lettore più smaliziato un pensiero del tipo: “Eccone un altro che spaccia la roba di Hicks per sua!” Per poi invece smascherare contemporaneamente sia me che John, rivelando il nome dell’autore dello sketch all’interno dello stesso albo!
Da pagina 3 a pagina 6 mi prendo qualche libertà sullo sketch di Hicks e faccio la trashata di inserire una versione tamarra di Cristo e gli apostoli.
Nella vignetta 3 di pagina 3 c’è una mia cazzata su cui Roberto mi sta ancora perculando:
il gesto che fa Gesù serve già ad indicare il silenzio, e si usa proprio non dover usare la voce.
Inserendo “Silenzio!” nel balloon, lo vanifico.
Nella vignetta 5 di pagina 3 c’è un piccolo refuso. Nella battuta originale, invece di “Giovanni, controlla ad ore nove!” c’era scritto: “Giovanni, controlla ad ore IX!” Una cazzata, ma mi faceva ridere.
A pagina 5 faccio diventare Gesù chiaramente un Super Saiyan e l’omaggio è tutto per Dragonball ma soprattutto per Maresca.
Mi angosciava infatti sapere che in questo episodio gli avrei fatto disegnare un sacco di chiacchiere e poca azione, per cui ne ho approfittato per farlo divertire e per divertire il lettore, ben sapendo che, nelle prossime pagine, sarebbero state poche le occasioni simili.
La vignetta 5-6 di tavola 7 è la ragione per cui la scelta è ricaduta su questo monologo di Hicks e non su altri.
La conclusione con Dio che esclama: “E adesso vediamo chi crede in me!” mi sembrava perfettamente in linea col personaggio di John e già me lo vedevo con le braccia allargate e la faccia strafottente.
Luca si è superato.
Tavola 8
Qui scopriamo a chi si sta rivolgendo John.
Nel tratteggiare questi tre personaggi ho voluto inserire tre specifici caratteri con cui spesso mi sono trovato a collaborare nelle mie esperienze per tv e cinema.
Sarah è la tipica direttrice di produzione milanese che, per motivi imprecisati, si trova a lavorare a Roma.
Incazzata di partenza, quindi. E’ dura con tutto e tutti.
Intendiamoci, è una seria professionista e sa il fatto suo ma odia i suoi collaboratori non ritenendoli all’altezza del suo impegno. Lei ha lavorato 20 ore al giorno per ottenere il suo posto, tu che ne lavori solo 12, non meriti di esistere.
Trevor invece rappresenta il direttore di produzione tranquillo, molto vicino alla troupe. Per lui quello è solo un lavoro, che fa con passione, ma che non supera mai la soglia dell’ossessione.
Flo invece è l’assistente di produzione alla sua prima grossa prova. Mi andava di darle un nome da “cameriera” perché lei è lì per servire gli altri.
Il dialogo in cui Sarah la zittisce dicendole: “Tu non pensi niente, scrivi e basta.” è purtroppo tratto da una storia vera.
A questo punto della storia però, dopo il classico “prologo spiazzante” che serve per catapultare il lettore nella storia confondendolo un po’, arriva il momento della prima spiegazione.
Quando che Sarah chiede a John: “Signor Doe, perchè vuole recitare in questo film?” è la stessa cosa che si sta chiedendo il lettore, e quindi, le tavole…
Tavole 9/14
… introducono il flashback di spiegazione.
Robin è a casa di John.
Per me è importante che i personaggi mostrati in campo raccontino parte di quello che sono stati e di quello che saranno.
Robin è sul divano, indossa una tuta, è seduta e sta leggendo i commenti su un blog col suo Ipad mentre aspetta John che si prepara in bagno.
Capiamo che non hanno passato la notte insieme e che erano d’accordo per vedersi ed andare a correre insieme. Anzi, forse correre insieme ogni mattina è una loro prassi.
Lei è arrivata puntuale e lui doveva ancora svegliarsi.
E’ chiaro che non abita lì altrimenti si sarebbero preparati insieme e invece lei ora sta perdendo tempo, sperando che John si sbrighi ed escano di casa.
Oltretutto lei gli ha appena proposto l’idea del film (quindi diciamo al lettore che tutto nasce per iniziativa di Robin) e John non la prende benissimo.
Il John che non la prende bene è in realtà il lettore che potrebbe storcere il naso di fronte alla tematica di questo nuovo episodio.
Quindi, l’esigenza autoriale di “convincere” il lettore ad entrare nella storia, è camuffata dall’esigenza di Robin di convincere John.
John che nella tavola successiva dice “Non voglio avere nulla a che fare con un film di propaganda religiosa!” è il mio modo di mettere le mani avanti col lettore e dirgli: “Ehi, non ho nessuna intenzione di fare un fumetto di propaganda religiosa, tranquillo!”.
A tavola 11, le vignette di dialogo di Robin sono preziosissime per passare concetti, come ad esempio, quello del libero arbitrio, che è fondamentale perché limita i comportamenti di John, e noi sceneggiatori non possiamo fare a meno di sottolinearlo numero dopo numero ad uso e consumo dei lettori occasionali che potrebbero arrivare a chiedersi perché Dio si fa tutti questi problemi per fare quello che gli va di fare.
Il vino che esce dalla fontanella di Central Park a tavola 14, lo “Chateau Latour del 1964” è un gentile omaggio di google: non capisco nulla di vini e al ristorante non sono mai quello che assaggia.
Questo scambio di battute presente nelle ultime quattro vignette della stessa tavola:
per me era chiaramente una falsità inventata da Robin, un gioco per perculare John e i suoi poteri, motivo per cui lui risponde con quel mezzo sorriso, come a dire “non ci provare ragazzina!”, invece molti di quelli che l’hanno letto (lo stesso Rrobe ad esempio) ha pensato che John l’avesse fatto davvero.
Poco male, mi funziona lo stesso.
Tavola 15
Necessaria per chiudere il prologo ed avviare la storia. John conclude la sua spiegazione(ai direttori di produzione e al lettore) e si rimette alla volontà della corte.
Tavole 16/19
John è in fila davanti agli studi di Cinecittà.
Ho deciso di ambientare la storia lì perché rappresenta quel poco di cinema eterno che l’Italia è riuscita a produrre, perché non viene specificato dov’è ambientata la storia (ci può anche stare che Clint decida di girare un film a Cinecittà) e perché, avendoci lavorato per anni, avevo un sacco di documentazione fotografica da dare al disegnatore.
Andy la comparsa, invece è, come sospettato da molti, proprio Lorenzo Bartoli.
E questa non era una cosa cose prevista, anzi!
Inizialmente Andy (il nome deriva dal protagonista di Extras, cinica serie tv inglese dedicata proprio al mondo delle comparse) doveva essere il nostro “cattivo”, l’antagonista di John, il nemicamico, per poi arrivare a rivelarsi sul finale, come il malvagissimo che John avrebbe dovuto sconfiggere.
Ed io ho iniziato a scrivere i suoi primi dialoghi in questa ottica qui. La sua frase di presentazione che leggete lì in alto, era una frase in bilico, poteva appartenere ad un buono come ad un rancoroso.
In sceneggiatura dopo essermi schiarito un po’ le idee buttando giù i suoi primi dialoghi, lo descrivo così:
Ed ecco finalmente ANDY, il co-protagonista della nostra storia. Bianco, robustello, con pochi e radi capelli, sui 50 anni.
Senza segni caratteristici che ce lo imprimano con troppa chiarezza in mente. Hai incontrato un miliardo di Andy nella tua vita senza farci caso e non so come altro descrivertelo perché anch’io, quando li ho incontrati, non c’ho fatto caso.
Ha visto un sacco di cose ma quel sacco di cose non s’è mai accorto di lui.
Ha la saggezza del mondo e noi ci permettiamo di dimenticarlo. E’ adorabilmente buono. Ti avviso, caratterialmente lo scriverò come se fosse Bartoli.
A questo punto Luca decide che se può avere il carattere di Lorenzo… che ne abbia anche l’aspetto!
Avendo Bartoli tra le mani, la storia ha iniziato a prendere una direzione propria. Era lui. O meglio, era come io vedo lui. E’ l’idea di Bartoli nella mia testa.
Ecco che la figura del cattivo stava lentamente arrivando a cadere, ma mai avrei immaginato che cavolo di ruolo gli sarebbe spettato nel resto delle tavole!
Tavole 20/21
Tutte queste vignette sono ovviamente estrapolate da film di Eastwood. Nell’ordine:
Brivido nella notte
Honkytonk Man
Gunny
I ponti di Madison County
Gli Spietati
Gran Torino
Inutile dire che non è assolutamente vero che in queste scene ricorre la stessa comparsa!
Tavola 22/24
La battuta di Andy riferita alle donne e al cinema nella vignetta 3-4 di tavola 22 è un gioco, un modo per imitare lo stile di Lorenzo e le sue massime sulla vita, l’universo e tutto il resto.
Eastwood compare in queste pagine ma finora ancora nessuno l’ha nominato. E così sarà per tutto l’albo.
Anche questo un piccolo gioco tra di noi, Clint è il dio di questo episodio e quindi, mai nominare dio invano!
Tavole 25/26
A punto iniziava ad essermi chiaro che la storia che avevo deciso di raccontare (e che avete letto nel soggetto che ho postato qualche settimana fa) stava piano piano diventando altro.
Queste due tavole sono il seme del cambiamento.
Volevo che John suggellasse in qualche modo il suo incontro con Clint.
Volevo trovare un modo per passare al lettore il concetto che per John quello era DAVVERO un momento importante.
Importante persino per un dio.
Ho valutato un sacco di reazioni possibili ma le trovavo tutte poco convincenti. Ero nuovamente incartato e anche stavolta è tornato in mio aiuto Roberto con questa frase: “Io quando m’incarto parto col raccontare quello che conosco meglio. Sposta l’azione su ambiti tuoi.”
C’ho pensato un po’ e alla fine sono uscite queste due pagine in cui John incontra Clint e decide di andarlo a rivelare a suo padre, tanti anni prima, mentre era seduto sul divano con un John piccolo piccolo e insieme stavano proprio guardando un film di Eastwood.
Mentre la scrivevo non sapevo ancora QUANTO peso avrebbe avuto il padre nell’economia della storia ma lo introducevo con il preciso intento di farlo tornare.
In un modo o nell’altro avrei capito come.
Tavola 27
Ha più o meno la stessa valenza di tavola 15. Chiude il momento dell’incontro con Clint riportando l’azione nel presente.
Tavola 28
Inizia il film.
Immagino sia la prima tavola in cui seriamente Luca ha pensato di picchiarmi dopo aver letto quanto doveva inserire nel vignettone, tra regista, direttori di produzione, maestranze, attrezzature e roulotte.
Tavole 29/31
Hanno la stessa identica struttura e introducono le diverse gerarchie sul set.
La prima è dedicata a Clint e Sarah che si rivolgono alle maestranze tecniche, agli addetti alla fotografia.
La seconda è dedicata a Trevor che parla con gli attori.
La terza è per Flo e le comparse.
Per quelli di voi a cui piace l’aspetto tecnico, noterete che cominciano tutte e tre con una 1-2 verticale, in cui c’è il “boss” che parla rivolto verso fuori campo.
Nella vignetta 3 c’è un primo piano del boss, nella 4 il controcampo in cui viene rivelato chi sta ascoltando, nella 5 si torna sul boss che conclude il discorso, e infine nella 6 c’è la reazione degli astanti.
Questo accade nella tavola con Clint, accade nella tavola con Trevor, NON ACCADE nella tavola con Flo, perché John manda a puttane tutta questa bella organizzazione per fare il cazzone e perché la ragazza non ha ancora acquisito il carisma adatto per tenerlo a bada e per gestire gli imprevisti del set.
Fine prima parte.
Secondo me, la mano doveva essere aperta, a indicare “Silenzio!”.
Il pugno è ambiguo, in questo caso. Evoca altro.
Ovviamente, a quel punto bocca chiusa ed espressione solenne, autoritaria.
Si vive e muore di dettagli.
Ciao
Tito
iniziativa fantastica. io sbavo per mezza pag di contenuti speciali su JD. o per un post di rrobe su qualche dyd che ha scritto.
complimenti per tutto..
@Tito
Ah ecco. Quindi mano aperta e non pugno.
Ogni giorno una nuova.
Resta il fatto che se lo avessi fatto tacere non avrei COMUNQUE fatto un soldo di danno!
@Comativa
Per me è lo stesso!
E grazie!
Se c’è una cosa che adoro è comprare un blu-ray con/anche per i contenuti speciali. Nei fumetti in genere non si fa e quando aggggggggratis arrivano, non posso che esserne felice.
Ribadisco l’ottimo lavoro tuo e la continua crescita di Luca!
[…] This post was mentioned on Twitter by JohnDoe (Aurea), Stefano D'Anselmo. Stefano D'Anselmo said: Una bella iniziativa > #johndoe #3 – Commento dello sceneggiatore. 1 di 3 http://is.gd/3cVtrt […]
Davvero interessante questa prima parte di contenuti speciali!
e poi? continua. che io leggo e sogghigno sotto i baffi di donna barbuta.
(ti sei accorto che oltre a un contenuto speciale c’è una vena di insegnamento in quello che hai scritto fino adesso? mi vien da dire agli aspiranti sceneggiatori: “leggete, perché in queste righe troverete davvero quello che vi serve”)
Speravo avresti fatto proprio una cosa del genere contando sul tuo non voler chiudere troppo presto questo capitolo, questo tuo primo importante numero di JD.
Ancora meglio di come pensavo. E siamo solo alla prima parte 🙂
Se ci si stava riferendo a gesti codificati dei soldati, è il pugno chiuso quello che indica “fermi e silenzio”.
Sul gesto come dice RRobe dipende dal “contesto” di riferimento… per il “l’ho fatto davvero?” anche io avevo capito che era successo veramente… e funzionava 😉
In effetti, dipende dal contesto.
Forse – forse – il pugno è un gesto che richiede un maggiore sforzo di decodificazione da parte del lettore (deve interpretarlo come gesto soldatesco, non come pugno stretto “generico”). Certo, una vignetta in cui qualcuno urla “Silenzio!” ha sempre dentro di sé qualcosa di contraddittorio, involontariamente ironico, e smonta un poco la pretesa di autorità del soggetto.
Però, dai… dettagli.
…se ho pensato di picchiarti?
naaaaaaa
ottimi e interessanti post!