In attesa.
Girando per il quartiere cinese di Bangkok a bordo di un tuk-tuk noto un piccolo tempio spuntare dalle fronde di questi alberi.
E’ un periodo dell’anno in cui di turisti ce ne sono pochi, quindi tutta la quiete di posti simili è a beneficio del sottoscritto.
Silenzio. Silenzio assoluto.
Mi avvicino per leggere cosa c’è scritto su quel cartello.
E scopro che il caldo s’è mosso come un epigono di Carrol.
Tra il cartello interno ed un opuscolo informativo, capisco di trovarmi in un tempio molto antico, che risale all’epoca in cui la capitale del Siam (il vecchio nome della Thailandia) era Ayutthaya e che a quei tempi era noto come Wat Takien, ossia Tempio dell’albero dei miracoli.
Il nome è cambiato, ma l’albero (chiamato “Lanka Bodhi Tree”) è ancora qui, in splendida forma.
Il tempio divenne un monastero regale e cambiò nome in Wat Mahaprutaram sotto il regno di Rama IV, in onore dell’abate capo Phramaha Pruttacarya.
All’interno di una prima sala si trova un Buddha in estasi (niente a che vedere con quello meraviglioso del Wat Pho, di cui parlerò in uno dei prossimi post) e altre raffigurazioni dello stesso soggetto.
Ma io mi perdo dentro un libro di preghiere di cui l’unica cosa che capisco è che l’alfabeto thailandese è in assoluto il più bello del mondo.
Su un muro sono appesi diversi fogli dell’iching. Non li conto ma immagino siano tutti.
L’occhio mi cade su questo, che sembra il testo di una canzone dei radiohead.
“Be faithful and firm. Watch your step. Support can be obtained from among onest people.
Bad omen foreseen. Refill oil to the lamps at this place, and unfavorable situation will be alleviated.
Patient recovering. No child forthcoming as yet. No luck. Legale case defensible. Refill the oil.”
ossia
“Sii fermo e fedele. Attento a dove vai. Tra gente onesta, è possibile ottenere supporto.
Previsti cattivi auspici. Ricarica l’olio delle lampade di questo luogo, e saranno alleviate situazioni sfavorevoli.
Paziente recupero. Nessun figlio in arrivo al momento. Niente fortuna. Caso legale difendibile. Ricarica l’olio.”
Ed entro in quest’altra sala.
Il rosso, il nero e l’oro (un oro finto, di facciata, qui ogni cosa è di legno placcato d’oro o, in alcuni casi, ricoperta di piccoli adesivi dorati) colorano la sala con statue e immagini della vita del Buddha.
Ma quello che attira la mia attenzione s’intravede dalla grata di una delle finestre grandi. I mattoncini in primo piano portano le firme di quelli che li hanno donati per costruire un nuovo tempio, ma subito oltre, vedo una serie di foto.
Guardo meglio e capisco di trovarmi davanti ad un cimitero. Con le macchine parcheggiate davanti alle foto dei defunti.
L’interesse verso il tempio svanisce in un nanosecondo e mi precipito a sapere tutto su quel cimitero lì.
Peccato che, dall’interno del tempio, l’unico modo per arrivarci sia passando attraverso quella che sembra essere la casa di un monaco.
Ok, tanto il cancello è aperto.
Arrivo in un momento probabilmente poco felice visto che il monaco si sta dedicando alla sua toeletta ma è lui stesso a farmi segno di entrare.
Gli chiedo cosa siano tutte quelle foto e lui, con il viso tutto bianco di crema da barba, mi risponde qualcosa di incomprensibile.
Faccio cenno di non capire.
Si tocca la pelle. Non capisco. Il petto. Niente.
Poi ha un’illuminazione, si avvicina al cane (qui è pieno di cani) e prende un osso.
Io gli faccio segno di aver capito. Lì ci sono le ossa di queste persone.
E’ un ossario.
No, mi dice. Prende l’osso e ci soffia sopra. Poi muove una mano per l’aria.
…
Ceneri! Cazzo, ceneri!, giusto. Ovvio.
E’ un cimitero di persone cremate.
Gli chiedo chi sono.
Gli chiedo se c’è un motivo particolare perché proprio queste persone siano qui.
Mi sembrano poche per rappresentare la totalità dei cremati di Bangkok, e penso che forse siano individui che, in un certo qual modo, abbiano a che fare con il tempio.
Mi risponde di no. E sorride un po’ della mia domanda. Sono persone. Persone e basta.
E allora me le guardo un po’. Sono tutte in bianco e nero. Forse le più recenti risalgono ad una cinquantina d’anni fa, oppure, usano metterle tutt’ora così.
Non ci sono date comprensibili che mi permettano di stabilire in che periodo sono vissuti.
In alcune non c’è più la foto e non c’è più la targa.
Una scritta ed una foto fanno la differenza tra una persona e un vasetto di cenere.
Mi chiedo se esista ancora qualcuno che sa chi fosse questo qui, in alto a sinistra, o quello lì, in basso a destra.
Qualcuno che ha acceso quegli incensi e che forse è venuto a ricordarlo poco fa.
Non credo nell’aspetto emotivo dei cimiteri.
Non sono mai andato a trovare i miei morti se non per compiacere i vivi, credendo fermamente che chiunque non sia più con me possa essere ricordato soltanto nella mia testa.
Che nessun luogo possa contenere una persona.
Che tutto quello che siamo stati non risiede nell’involucro appassito del nostro corpo ma nelle cose che ci riportano alla mente una presenza.
Nei libri che abbiamo letto insieme.
Nei posti visitati.
In una frase detta, in una risata specifica.
Nell’attesa e nella voglia di rivedersi.
E quindi, anche in un posto simile, la testa mi va solo ai vivi.
A come tutto quello che vedo, il tavolino con le panche, le sedie di plastica, le scope, le macchine parcheggiate, la cenere senza foto, sia segno tangibile tanto della loro presenza quanto della loro assenza.
Tutto in sospeso nell’attesa di un ritorno.
Il Siamo e la Thailandia sono la stessa cosa?
Adesso capisco, cazzo.
oh yeah!
“La Thailandia è nota anche come Siam, che è stato il nome ufficiale della nazione fino al 24 giugno 1939. Il nome Siam è stato in seguito utilizzato dal 1945 fino al 11 maggio 1949, data della definitiva assunzione dell’attuale denominazione. Latitudine 6° 21° nord e longitudine 106° 97° est.
La parola Thailandia deriva da Thai (ไทย), aggettivo che significa “libero” nella lingua thailandese e viene talvolta utilizzato in italiano al posto di thailandese. Poiché questa parola dà anche il nome al popolo Thai, alcuni abitanti (in particolare la considerevole minoranza cinese) continuano ad usare il nome Siam.”
Inquietanti rivelazioni su Merlino, vè?
Veramente belli questi tuoi post dalla Thailandia, Mauro.
E non solo per il fascino dell’esotico, assolutamente.
Ricarica l’olio! 🙂
Grazie mille!
Spero di continuare a interessarti anche con i prossimi!
Foschia. Foschia. Foschia.
ahahahhahahh
Cazzone! Cazzone! Cazzone!
Bel post (peccato to abbia chiuso l’altro), belle foto ed interessante reportage culturale, così lontano dal nostro. Del Siam sapevo, grazie per il refresh 😉
Grazie Sabrina!
(ma quale post avrei chiuso?)
Quello precedente questo: non posso inserire commenti..
Ah! Hai ragione, era disabilitato e non so perché.
SIcuramente ho fatto qualche idiozia io di cui non ho memoria. Adesso è tutto come prima e possiamo continuare a discuterne!