For today i’m a (lady)boy.
Con la cartina in mano mi perdo.
Contrariamente al dogma del maschio alfa, io preferisco chiedere.
In continuazione, a destra e sinistra, ogni trenta passi. Mi piace chiedere e scoprire in maniera del tutto casuale se c’è qualcosa di più interessante di quello che sto cercando.
Per questo, per arrivare da via Rama IV al Lumpini Park, proprio lì dove la cartina diceva di andare dritto, mi volto per chiedere ad un tipo e il fato mi mette davanti ad una botte gigante.
Fottendomene dell’eventualità di un vino cattivissimo, sono andato a curiosare. A scattare qualche foto.
E proprio lì, in quella stradina a sinistra, mi ritrovo qui dentro:
“Blue man bar”.
“Ocean boy”.
“Hot male Bar”.
“Boy Boy Boy”.
“Dick’s Cafe Bangkok”.
“Boy 69”.
“A go go Boys”.
Nomi difficilmente equivocabili.
E poi i parrucchieri.
Dediti alla cura dei capelli e del viso di quegli uomini che da tempo hanno scelto di votarsi, liberamente, al loro lato femminile.
Non vengono quasi mai le donne a fare la piega qui, perché la richiesta dei ragazzi della zona è talmente alta che per trovare un posto libero devi prenotare.
L’atmosfera è rilassata. Si conoscono tutti, alcuni sono qui solo per rito quotidiano,
altri per mangiare in compagnia,
altri per raccontare del tipo conosciuto qualche mese prima e che ha chiamato proprio ieri sera.
Sono i gay e i transessuali (o aspiranti tali) di Bangkok. C’è chi li chiama Ladyboy, e questo è il loro quartiere.
Curatissimi in ogni dettaglio, ma allo stesso tempo privi di quella vanità che genera distacco, si prestano per le fotografie in un attimo di pausa dal loro lavoro di massaggiatori.
La maggior parte dei clienti arriva intorno alle 22 e stanno lì per tutta la notte, quindi in queste ore del pomeriggio preparano i locali e stanno tra di loro.
Sono amici, si conoscono da una vita.
Tutti gay dall’aspetto mascolino ed effeminato, a metà strada tra un manga e un femminiello napoletano.
Quelli vestiti da donna.
Quelli che prendono gli ormoni per far crescere il seno.
Quelli hanno scelto l’operazione affinché anche il corpo arrivasse ad assomigliare alla loro anima.
La situazione omo e transessuale di Bangkok non è paragonabile a quanto siamo abituati a vedere in occidente, neanche nelle democrazie più illuminate.
I transessuali sono inseriti così bene nel tessuto sociale della città, che è possibile trovarli al lavoro tanto nei negozi d’abbigliamento
quanto nelle vie cittadine, a bordo di una volante della polizia e con la divisa indosso, nei locali per soli uomini o dietro il bancone di un ristorante, come testimonia questa:
che è una delle foto a cui sono più legato di tutta la mia esperienza asiatica.
La sensazione forte e reale è che non subiscano alcun discrimine sessuale, né vengono messi in condizione di dover nascondere la loro natura.
E’ un’appartenenza che viene immediatamente rivelata a partire dal primo momento.
“Sawadeekap” (con la “p” appena accennata) dicono gli uomini per salutare.
“Sawadeekaaa” (cantilenando la “a” finale) dicono le donne per salutare.
“Sawadeeka” (senza “p” ma con la “a” appena accennata) dicono i ladyboy, a sottolineare fin dal primo momento, che non sono completamente donne e non sono completamente uomini ma che, proprio per questo, sono sia l’uno che l’altro.
Allo stesso modo “Sawadeeklab” è la forma di saluto che identifica l’omosessualità femminile.
Un modo semplice e diretto per dire “ciao, io sono così e non mi vergogno di essere come voglio.”
Qualcosa di impensabile in una realtà come la nostra in cui le voci in difesa del presidente del consiglio si (s)fregiano di slogan quali: “Meglio con le ragazzine che frocio.”
Qualcosa di irrealizzabile in una realtà come la nostra in cui ai transessuali viene permesso di esprimere un’opinione solo quando a qualcuno di loro capita, per distrazione o per troppa attenzione, di prendere fuoco.
E ora, Musica!, maestro.
For Today I’m A Boy
Antony and the Johnsons
One day I’ll grow up, I’ll be a beautiful woman.
One day I’ll grow up, I’ll be a beautiful girl.
One day I’ll grow up, I’ll be a beautiful woman.
One day I’ll grow up, I’ll be a beautiful girl.
But for today I am a child, for today I am a boy.
For today I am a child, for today I am a boy.
For today I am a child, for today I am a boy.
One day I’ll grow up, I’ll feel the power in me.
One day I’ll grow up, of this I’m sure.
One day I’ll grow up, I know whom within me.
One day I’ll grow up, feel it full and pure.
But for today I am a child, for today I am a boy.
For today I am a child, for today I am a boy.
For today I am a child, for today I am a boy.
For today I am a child, for today I am a boy.
For today I am a child, for today I am a boy.
For today I am a child, for today I am a boy.
For today I am a child, for today I am a boy.
Si dice che i viaggiatori abbiano un paio di occhi in più rispetto al normale. L’ho sentito dire da chi stava intorno alla gente che viaggia e ne sono certa.
Chi viaggia e sa guardarsi attorno (non devo sottolineare la differenza tra turista e viaggiatore vero?) è un dono prezioso per chi ha attorno: quello che vede e che racconta diventano patrimonio delle persone che lo ascoltano.
Sei in una terra che ha mille ferite aperte, su questo non c’è dubbio, mille problemi (qualche post fa lo sottolineavi con una lucidità da far male al cuore), eppure nonostante tutto su una cosa ci hanno stracciati a livello culturale: non si ritiene strano quello che non lo è. Non si vede niente di male dove effettivamente non c’è nulla di male.
Questa cosa del sentire personale, per esempio, non viene bollata, bruciata, additata o condannata.
Quanto può far riflettere questa contraddizione? Quanto?
Leggerti e vedere il tuo dress code mi regala l’illusione di non essere troppo lontani.
Interessante reportage.. il problema è che -leggendo altri articoli- si tratta di sola apparenza. ovvero che l’integrazione c’è, ma solamente nel contesto dello spettacolo.
Ed anche da noi le cose stanno cambiando.. perchè ci sono persone transessuali che fanno tranquillamente il loro lavoro di architette, dottoresse, impiegate. Son al momento una minoranza qualificata, forse delle eccezioni che non cercano -ovviamente!- la ribalta… ma ci sono.
E sono sempre di più, sempre più integrate…
In ogni caso, mi è piaciuto moltissimo il taglio che hai dato al pezzo. Complimenti!
Sabrina
@Amal
Per la stessa ragione del viaggio, viaggiare.
@Rainwiz
Mai lontani.
@Sabrina
Grazie e benvenuta.
In realtà per quello che ho potuto vedere con i miei occhi, è sicuramente vero che una nutrita maggioranza transessuale si muove nel campo dello spettacolo e della prostituzione. Ma è altrettanto vero che io, OGNI GIORNO, ne ho visti tantissimi ricoprire qualsiasi carica.
nella gestione di un ristorante su tre (chiaro che sto arrotondando, probabilmente per eccesso, ma quella era la sensazione), nelle forze di polizia (in italia? Una cosa simile?) ma soprattutto li ho visti muoversi in un contesto che non li identificava come trans ma come tutti gli altri.
Questa è la forte sensazione a pelle di uno che non ha nessun motivo per glorificare la scena transessuale d bangkok 🙂
Spero che continuerai a leggermi!
Ehm… guarda che anche in Italia è così! Mica girano con il marchietto “Io sono transessuale”! All’università hanno il libretto con il nome di elezione anche se quello legale è ancora “sbagliato”, sul lavoro il tesserino con il nuovo nome anche se la busta paga indica anche qui il nome legale.. e per chi non conosce la situazione sono normalissime donne (ed uomini) che vivono e lavorano come tutti.
Diciamo che il problema è soprattutto la difformità tra nome ed identità percepita, non risolvibile grazie alla legge Bassanini, che provoca diciamo.. sconcerto. In Italia ove possibile si evita di apparire..
Non essendo mai stata in Thailandia & C dal momento che preferico il continente opposto, non sono in grado di fare una osservazione nel merito. Però ti faccio una domanda: il fatto che l’origine transessuale fosse così evidente, a tuo avviso è un segno di integrazione? Secondo me no…
Sabrina
ps ho segnato il link, quindi sei nella lista nera dei siti dove mi capita di scrivere! Uomo avvisato mezzo salvato… hihihi
Allora probabilmente devo averle scambiate tutte per donne!, però non mi spiego perché la presenza di trans che occupano posti di lavoro a contatto con la gente (e di “tutela e controllo” della gente) mi salta immediatamente all’occhio in thailandia e in italia no.
Forse è una questione di numeri?
Forse quelle che fanno le poliziotte a Roma si sono camuffate VERAMENTE bene e quelle che gestiscono i ristoranti sono abilissime a sembrare delle doppio cromosoma x!
E per quanto riguarda la presentazione e l’annuncio della propria identità sessuale, se fosse legato SOLTANTO all’ambito trans sarebbe chiaramente discriminatorio, ma visto che è legato a tutti gli ambiti, assume – agli occhi della gente – la stessa identica validità e dignità delle altre sfere.
E’ un modo come un altro per dichiararsi, in una cultura, come questa thailandese, che differenzia la forma di saluto (così come noi, ad esempio, salutiamo un anziano in segno di rispetto con un “buonasera” e un ragazzino con un “ciao”) non in base all’età o al ruolo ma all’identità sessuale.
P.S. scrivi scrivi che mi fa piacere scambiare opinioni!
E’ il “presenza di trans […] mi salta immediatamente all’occhio”
Questa è la frase centrale. Come mai ti saltano subito all’occhio? Perchè una transessuale in gran parte dei casi non è identificabile come tale, esteriormente.. se non in una percentuale non significativa. E non ti traggano in inganno i casi di prostituzione sudamericana in particolare, giacchè in quel caso spesso trattasi di “semplici” omosessuali che vengono in Italia per meri motivi economici, che tornano poi a casa togliendosi il di più e tornando uomini quali si sentono!
Fai riferimento alla forma di saluto, che nelle transessuali assume una forma intermedia che identifica chiaramente il soggetto. Well, a mio avviso quella è una forma di discriminazione perchè propria di una cultura che non consente alla persona transessuale di vivere correttamente il proprio genere. Non credo che le donne transessuali thailandesi siano felici di essere una casta separata.. più probabilmente fanno di necessità virtù. Ma da qui a parlare di integrazione… brrr. Certamente è una situazione migliore di quella presente in Italia, ma ill nostro livello culturale è veramente basso…
Non mi sembra così complesso riconoscere una transessuale.
In alcuni casi puoi restare nel dubbio guardandola di passaggio (“chissà se quella…”) ma già intrattenendo una conversazione, la sua identità sessuale, solitamente, salta all’occhio.
Comunque, quella frase serviva per sottolineare che non m’è mai capitato, in italia, di entrare in un ristorante gestito da trans, o di incontrare una poliziotta transessuale.
A bangkok quotidianamente.
E tra “mai” e “quotidianamente” direi che la differenza è sostanziale.
Ponendo anche il caso che io sia rincoglionito, arriverei a dire “ok, è possibile che a roma esista qualche raro ristorante gestito da trans” ma sarebbe comunque parecchio lontano dal “molti dei ristoranti in cui” che ho verificato a Bangkok o a koh samui.
La seconda parte del tuo discorso, quella legata alla forma di saluto, invece non ha molto a che fare con quello che scrivo io, perchè dicendo questo: “Non credo che le donne transessuali thailandesi siano felici di essere una casta separata..”, dimentichi che ho scritto che utilizzano forme diverse ed identificatorie di saluto anche gli uomini, le donne e le lesbiche. Fosse come lasci a intendere tu, e quindi che sia una misura inerente il loro specifico ambito, avresti ragione, ma è un’usanza che riveste ogni cittadino. E nessuno di loro si sente discriminato perché saluta in base alla sua identità sessuale. Allo stesso modo in cui non si sente discriminato il vecchio che riceve un “salve”, rispetto al ragazzino che si becca un “ciao”.
Ora, non voglio dire che Bangkok sia popolata da illuminati che non conoscono il significato della discriminazione sessuale. Sarebbe eccessivo. Dico solo che, ad un primo impatto, la situazione è decisamente diversa da quella italiana. Dove parlando con 9 italiani su 10 (e sono buono) alla parola trans associano soltanto la prostituzione. E che, come dimostrato dall’orribile conclusione del caso Marrazzo, c’è un imbarazzo notevole, a partire dai media, nel trattare la materia per paura che la casalinga di voghera resti eccessivamente scossa. Nelle tv thailandesi invece, i trans presentano anche alcune trasmissioni – non legate a tematiche sessuali. Io in italia non ne vedo.
A parte alcuni ragionevoli dubbi sulla Bignardi. 😉
Riprendiamo dopo l’interruzione causata da casinismo dell’autore 🙂 …
Boh, non so.. io ho alcune conoscenti transessuali e socialmente nessuno è a conoscenza del loro passato.. se tu riesci ad individuarle così bene che dire.. hai ottime capacità di analisi. perchè io e nessun altro sospettarebbe mai che un tempo fossero “altro”.
Ho appena letto di quella compagnia aerea che sta assumendo transessuali, tutto a conferma del tuo ragionamento. Poi ho letto che sul badge avranno l’obbligo di riportare il fatto che sono transessuali.. e lì mi vien da confermare che la loro sia una casta e come tale socialmente considerata. Anche i paria in Idia, a modo loro, sono integrati..
Poi, ovviamente, il mio ragionare non si basa su conoscenza diretta, quindi è probabile che abbia torto. Ma la sensazione di casta non riesco a togliermela..
Sul fatto che in Italia ci sia una errata percezione delle persone transessuali non posso che dartene atto. Per questo motivo quelle che possono evitano di dichiararsi tali.
Attenzione poi ai falsi positivi, perchè non di rado capita di pensare a “secondo me quella è una transessuale” quando poi si tratta semplicemente di donne che non corrispondono ai parametri ai quali siamo abituati. Tempo fa ero con un gruppo di amiche del profondo nord, del paese delle renne per intenderci 🙂 e più di una volta i commenti che sentivo con le orecchie erano di quel tenore. Eppure, non c’era una che non fosse una donna nata tale, eh!
La Bignardi l’ho vista incontrata qualche anno fa al Salone del Libro: dal vero è meno carina che in tv.. ma il fatto che abbia partorito ti dovrebbe togliere il dubbio 😉 . Dubbio che a me era venuto osservando invece Gisele Bundchen, ma anche il suo parto ha confermato la mia scarsa capacità di investigatrice 😛
Sabrina
Quante volte sono passato per Soi Twighlight (così quel vicolo è noto qui a Bangkok)…mi ha fatto effetto vedere la foto di dove diverse volte ceno con amici e amiche a riprova che a Bangkok che uno sia gay o etero fa poca differenza… la cosa è diversa nelle piccole realtà dove è spesso più facile che sia accettato-a un-a transessuale che un gay. Mi piacerebbe poter vedere la realtà italiana positivamente così come la vede Sabrina ma temo sia lunga la strada che lo “stivale” deve ancora percorrere