JDn.s.#3 – Making of – La proposta.

30 dicembre 2010 da Mauro

Mail inviata a Lorenzo Bartoli e Roberto Recchioni l’8 luglio 2010.

– Proposta di Mauro Uzzeo per l’episodio n.3 della nuova stagione di John Doe –

“Ho letto una frase che m’ha divertito: per l’ateo “dio” non è. Non esiste. Sono tre lettere unite di seguito che non gli descrivono niente che esista realmente se non nella mente di chi le sta pronunciando. L’ateo “dio” non lo vede.

Ok quindi John Doe come viene visto da un ateo? 
E come rappresentare visivamente questo concetto?

Lo scopriamo nella nostra storia:

Robin convince John che per alzare le sue quotazioni serve un film, in cui lui stesso dovrà recitare. Serve che un regista supercool realizzi un mega spottone con una trama intrigante, effetti speciali sconvolgenti e che soprattutto, riesca abilmente a spacciare il verbo senza che sia reso manifesto.

John è scettico, le ricorda cos’è successo con “Battaglia per la terra” ma lei ribatte proponendogli di farlo dirigere al suo regista preferito di sempre (lo inventerei).

John ribatte che quel regista lì è ateo.

Lei ribatte che se c’è uno che può convincerlo a farlo recitare nel suo nuovo film quello può essere soltanto dio.

John accetta.

A questo punto il sentiero è tracciato e si avviano tutte le dinamiche che portano John sul set in attesa di farsi notare dal regista. 
Inizialmente la sua è una piccola parte ma sente di poter crescere nel suo ruolo.

Il problema è che il regista non lo nota minimamente.

Primo tentativo a vuoto, il secondo anche. John  preso dallo sconforto è al cellulare con Robin e si lamenta del fatto che, per il regista, lui neanche esiste.

“E ti lamenti tu?” Gli dice un tipo.

John si volta e, come se lo notasse per la prima volta, gli chiede: “E tu chi saresti?”

“Ecco vedi…” risponde il tipo “…lavoriamo insieme da una settimana e persino tu non m’hai notato”.

John conosce quindi il co-protagonista della nostra storia. 
Un tizio che ha recitato in TUTTI i film del regista preferito di John  ma John stesso non l’ha mai notato perché Tizio è da sempre arruolato come COMPARSA.

Tra John e Tizio scatta un rapporto che alterna momenti di cameratesca amicizia ad altri di sfida nel farsi notare dal regista (una sorta di versione nostrana di Extras in chiave John Doe) all’insegna della commedia più cinica.

Perchè il punto è: cosa succede quando dio è solo la comparsa di un film diretto da altri?

Scopriamo la dura vita della comparsa che vive solo per farsi notare, che ucciderebbe per dire una frase in scena, che si scanna con i suoi simili pur di farsi notare, pur di stare davanti ai riflettori qualche secondo di più.

Ma alla fine sarà John a vincere: non solo il regista lo noterà, ma verrà colpito dalla folgorazione divina che spesso lega per sempre un regista ad un suo attore feticcio (qualcuno ha detto Johnny Depp e Tim Burton?) e il film diventa quello spottone che Robin voleva sin dall’inzio.

Ma… John non ce la fa.

Il film sta venendo in un modo che lui non aveva previsto, il messaggio stesso che ne viene fuori è totalmente diverso da quello dei precedenti film del regista (a cui lui è legatissimo e che conosce a memoria), e il regista stesso sembra fuori forma, accecato da quel fuoco sacro che ora è sacro per il motivo sbagliato.
E in tutto ciò, ha chiaramente perso l’amico/rivale comparsa con cui non parla più dal momento in cui ha iniziato ad avere un suo camerino e ad essere trattato come una star da tutto il set.

John non vuole essere colui che macchierà per sempre la filmografia del suo regista preferito con questo brutto pasticcio, quindi, pur sapendo che Robin lo odierà a morte, s’impegnerà nel verso sbagliato portando il film a non realizzarsi.

Mesi dopo, in sala, probabilmente proprio con Robin, John vedrà il film realizzato senza di lui: un – fottuto – ennesimo – capolavoro.

Nel film c’è anche il suo amico. Non in un ruolo da protagonista, come la storia ci porterebbe a pensare ma la solita comparsa di sempre, in un ruolo in cui non lo vede nessuno. 
Tranne John, che lo nota subito. Tranne dio, che tutto vede.

——

Come potete notare, in questa primissima versione della storia mancano molti degli elementi che ne caratterizzeranno la resa finale.

La proposta è scritta in modo molto colloquiale perché la inviavo a due persone che conosco bene e sento regolarmente, ma la forma standard per la proposta di un soggetto è decisamente diversa.

Quelli che ho inviato alla Bonelli, ad esempio, sono più brevi e più mirati al punto. Scritti con una prosa non colloquiale e in cui, soprattutto, si analizzano più nel dettaglio gli sviluppi importanti della trama, dal prologo, all’epilogo.

Tornando a quello che avete appena letto, dei due aspetti più importanti della storia, Clint Eastwood e il padre di John, non se ne fa proprio cenno.
Per quanto riguarda il regista, l’intenzione era quella di inventarlo del tutto. Magari ispirandomi a registi esistenti ma comunque, senza aggrapparmi ad uno specifico. Il che, iniziando ad approfondire la stesura del soggetto mi iniziava a creare problemi.

Per rendere credibile il rapporto tra lui e John bisognava creare un passato, un percorso, una serie di film che li legavano indissolubilmente.
Film che, realizzati da un regista inesistente, avrei dovuto inventare io e poi essere così bravo da utilizzarli a dovere per creare empatia anche col lettore.

Inserire un regista specifico avrebbe creato però un altro problema più legato alla narrazione: il suo rapporto con John Doe.
Spostare gli eroi dei fumetti popolari in contesti reali crea sempre qualche squilibrio anche se le loro storie sono ambientate ai giorni nostri. Da una parte perché li inquadra in un preciso momento storico temporale, dall’altra perché si rischiano sempre i paragoni agiografici.

E’ stato in quel momento che è spuntato fuori Eastowood.

Eastwood che da vivo è già immortale, eterno. Eastwood che visivamente è fatto della stessa corteccia delle querce millenarie. Eastwood che è, si regista, ma altrettanto concretamente,  icona.

Eastwood e John potevano esistere sulle stesse pagine senza che sembrassero appartenere a due mondi diversi. E in più suona credibile che un personaggio come John provi una passione smodata per i suoi film (mentre, ad esempio, non sarebbe stato credibile col cinema di Herzog o della Comencini) ma soprattutto, era in linea con la mia storia il fatto che Eastwood, nei suoi film, abbia sempre messo l’uomo al centro di tutto.

Ok, ero decisamente arrapato.

Chiamai Roberto per proporglielo, lui accettò la mia proposta e un attimo dopo iniziò ad umiliarmi sulla sua preparazione su Eastwood rispetto alla mia.
Abbozzo. E mi lancio nel recupero.

In tutto questo però, della figura del padre di John, nel soggetto non ce n’è traccia e… non ce ne sarà mai fino alla fine!
E’ qualcosa di non previsto, arrivata, come mille volte succede, dopo aver iniziato a sceneggiare, così come il vero ruolo di Andy all’interno del cinema di Eastwood.

In questi casi le strade sono due: attenersi al soggetto proposto come fosse un dogma incontrovertibile, oppure lasciarsi trasportare dalla storia.
Nel primo caso sei sicuro di non sbagliare, ma il soggetto potrebbe diventare una gabbia in grado di bloccare sia te che stai scrivendo, che i tuoi personaggi.
Nel secondo devi stare attento a non lasciarti travolgere dall’onda ricordandoti sempre qual è la direzione verso cui hai deciso di portare il racconto.
L’emozione è la stessa di un rodeo in cui ti giochi il tutto per tutto per riuscire a restare in sella tra la promessa di un applauso e il rischio di finire col culo per terra sotto gli occhi di tutti.

Fine seconda parte.

[l’immagine a corredo di questo post è stata realizzata da Luca Maresca, disegnatore dell’albo]

Scritto in fumettaria, john doe, me

Un solo commento

  1. Alessandro -

    Ciao, ho letto proprio ieri il fumetto, sai che ti dico? Che è il miglior John Doe che ho letto fin’ora – ma non sono un’autorità in materia,conosco solo i tre numeri di questa nuova stagione. Comunque, davvero, complimenti. Spero che sceneggerai altri episodi.
    (Solo un piccolissimo appunto: i dialoghi facevano cacare :))
    (No, a parte gli scherzi, solo un piccolissimo appunto, che non riguarda la sceneggiatura, però magari lo puoi girare all’ottimo disegnatore: da giocatore di squash non ho potuto non notare la sciatteria con cui questo gioco è stato disegnato. Mi rendo che lo squash lo praticano in pochi e non si vede mai in televisione, e mi rendo conto che può funzionare se si vuole fare una scena tipo film con Michael Douglas che fa lo stronzo ricchissimo ed ha bisogno di tenersi in forma. E mi rendo anche conto che è siccome nello squash i due giocatori stanno molto vicini è meglio far dialogare due che giocano a squash piuttosto che due che giocano a tennis. E non pretendo che si vada a dare un’occhiata a come sono fatte le racchette. Ma almeno la racchetta con la stessa mano, in due vignette totali, gliela vogliamo far tenere al nostro protagonista?)

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