Lavorare con i bambini.
“La cosa più speciale quando lavoro con i bambini è che ogni sera contemplo l’ipotesi del suicidio.”
Richard Donner sul set del film The Goonies.
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Lavoro con (e per) i bambini da almeno dieci anni.
In quel periodo, che nella mia testa è un imprecisato 2002, tenevo dei corsi pomeridiani in una scuola media di viale Mazzini e Mattias era il mio nemico.
Anzi io ero il suo.
Quella classe gli apparteneva e manifestava il suo potere lanciando shuriken di cartoccetti, prendendo possesso di qualsiasi sedia il suo culo avesse scelto come trono momentaneo (ritenendo un inconveniente di poco conto il fatto che già potesse essere occupata) e dicendo Cazzo più spesso di Pulp Fiction.
Io ero il nuovo ragazzo in città.
Vent’anni, agli occhi della classe diversissimo dagli altri attempati docenti, simpatico, cazzone. Il fidanzato delle loro sorelle maggiori.
Con quei peli sulla faccia che lui non avrebbe avuto prima di altri tre o quattro anni.
Dal suo punto di vista era chiaro: o lui o me.
Il primo giorno mi prende a pallonate mentre ero girato di spalle.
Il primo giorno abbozzo. E sorrido.
Il secondo giorno mi colora la faccia con un uniposca mentre un suo compagno mi mostrava un disegno.
Il secondo giorno accuso il colpo. E sorrido.
Il terzo giorno mi lancia una sedia addosso, dopo avermi preso a pallonate mentre ero girato di spalle.
Il terzo giorno gli confisco il pallone, lo metto in piedi sulla scrivania e gli abbasso i pantaloni della tuta davanti a tutta la classe che scoppia in una fragorosa risata alla vista degli orsacchiotti che davano un senso alle sue mutande.
Fosse accaduto ieri, oggi sarei su tutti i giornali come il deviato docente di viale Mazzini, ma Mattias sapeva bene che la guerra era tra lui e me e che una vittoria fuori da quella scuola non l’avrebbe appagato.
Tornò al suo posto (al suo, non ad uno scelto in quel momento) bruciato, umiliato, deriso dalle femmine.
Dopo 20 minuti va in bagno. Lo seguo.
Fosse accaduto ieri, oggi sarei su tutti i giornali come il deviato docente di viale Mazzini, ma Mattias quando mi vide capì che era la sua occasione per picchiarmi. Voleva risolverla da uomini.
Il bagno come zona franca, livella dei ruoli. Duello all’arma bianca. Io contro di lui. Con le lampade al neon a segnare il nostro mezzogiorno di fuoco.
Peccato che l’arma che estrassi dalla fondina all’ultimo istante fosse proprio il pallone confiscato qualche minuto prima.
Giocammo fino alla fine della lezione usando l’ingresso della Seconda B come porta e lui mi fece un sacco di gol davanti al resto della classe.
Comprese che non poteva esserci partita contro chi giocava un campionato diverso dal suo e decise di capire di cosa parlassero le mie lezioni di scrittura creativa e fumetto.
A fine anno fui fiero di sfoggiare il suo lavoro insieme a quello degli altri della classe.
Dovevano creare il set-up per una storia rispondendo alle cinque domande fondamentali.
Il chi.
Il cosa.
Il dove.
Il quando.
Il perché.
Il suo personaggio è l’unico che mi ricordo tutt’ora perfettamente.
Era un culo (HUNCHULO! Direbbe qualcuno) con due braccia ai lati delle natiche che si muoveva volando grazie allo zaino-dell’invicta-con-elica che aveva dietro le spalle e poteva estrarre dal suo interno (si, dal suo interno) qualsiasi cosa gli potesse servire, come Doraemon dalla tasca, come Eta Beta dai calzoncini.
L’aveva chiamato CULETTO TRE – TRE e la sua storia era questa:
“Culetto 3-3 s’è svegliato una mattina scoprendo di non essere più attaccato alla sua persona (che infatti ora, è senza culo) e gira il mondo alla sua ricerca, vivendo incredibile avventure!”
Era tutto scritto così, compresa la geniale parentesi.
Quando gli chiesi per cosa stava il “TRE – TRE ” del suo nome mi rispose che secondo lui era una domanda che il lettore non si sarebbe mai posto.
probabilmente in questo momento si stà creando un’identità alternativa in previsione di fare carriera in rainbow sotto falso nome per potere un giorno calarti i calzoni durante una conferenza delle winx. quindi occhio alle mutande che metti.
Ho deciso.
Per John Doe prendiamo Mattias.
Scusaci, Mauro.
Mi sa Roberto che arrivi dopo Grant Morrison. Culetto tre-tre è il protagonista di uno dei prossimi episodi di Seaguy.
Culo tre-tre è l’ultima potentissima trasformazione delle Winx, che infatti sono sei.
La risposta che ti ha dato…beh, che dire…un vero genio…mi sa che Roberto ha ragione: te sei fregato con le mani tue 😀
bellissima… stamattina ci voleva proprio una geniale parentesi, grazie culo tre-tre 8)
@Fabrizio
E’ per questo che porto tutti i giorni quelle con la torcia umana che urla FLAME ON!
@Rrobe
Seguo io gli interessi di Mattias, parte da un budget di 120 netti a tavola.
E li vale tutti.
@Agc
Culetto we-3
@Raffo
Sette. Ahinoi.
@Spino
Mi sottovalutate. Ad esempio sono un grafico eccezionale. Questo il logo: ( . )3.3
@Bazu
Buona giornata!
i bambini.
non è vero che non conoscono l’ironia.
c’è l’ironia brutta, quella adulta.
quella che forse è meglio se la chiami sarcasmo. o peggio.
cinismo.
la loro è ironia pulita.
se sputano sulle tue natiche, lo fanno senza sporcarti.
e proprio non ci riesci a portare loro rancore.
e proprio non ci riesci a suicidarti
se pensi che poi
ti perderesti tutto questo.
hhhhahahaha grazie mauro!