Addormentati in auto, sul sedile del passeggero.

15 maggio 2010 da Mauro

Si stava come d’autunno, su Skype, le foglie.

Amica inquieta:  Io non credo in Dio. Non credo in un cazzo. Credo nell’amore, perché sono scema forse. E mi do. È quello che mi fa sentire viva. O forse sono stata amata troppo poco e troppo male. E hai ragione tu. Non ne uscirò.

Mauro e il suo tatto:  E il problema dietro questo discorso è che spesso manca il sottinteso del perchè.
“Mi do perchè mi aspetto altro. Mi do per ottenere altro. Mi do perchè mi serve darmi. Mi do perchè ho bisogno di qualcuno a cui darmi. Mi do per talmente tanti motivi che servono a giustificare me stessa che la verità è che mi do perchè io non mi voglio più.”

Inviato alle 19.14

Come se darsi fosse il valore aggiunto, come se nei negozi, il prezzo venisse tolto dagli oggetti in esposizione per generosità.
Come se il merito fosse nel darsi e non nell’ottenere.
Si da SOLO per ottenere. Ci si da per ottenere. E quello che otteniamo, se non di più, deve valere almeno quanto diamo.
Almeno quanto siamo.

Ma Darsi, alla fine, solletica il piacere sotto pelle della delega, della deresponsabilizzazione.
Darsi è addormentarsi in auto, sul sedile del passeggero.
Darsi è un libretto d’istruzioni con le pagine tutte bianche e una piccola matita Ikea.
Darsi è starsene sul lettino e lasciare che sabbia, sole e mare facciano il loro.
Darsi è stare dalla parte del merito e mai da quella della colpa. Dalla parte di un merito per cui non s’è lottato.

Darsi è molto più chiedere che dare.

Credo in chi esige un pegno e in chi serenamente paga il suo.
In chi non ha mai vinto un premio aziendale e in chi non lo è mai stato per qualcun altro.
In chi costruisce, consapevole del costo di ogni più piccolo mattone, conoscendone ogni nome.

E soprattutto in quei pochi che, diversamente da me, riusciranno a mettere in pratica quanto ho appena scritto, vittima della mia stessa teoria.

p.s. Volevo mostrarvi il video ufficiale del pezzo ma non si puote. Sorry.

Scritto in me, mondo, parole

16 commenti

  1. skiribilla -

    Diffido di chi si dà.
    Ci leggo un egoismo smisurato.

  2. Fabrizio -

    bel post

  3. Giovanni -

    E non lo so se sono d’accordo… Io sul dare & avere ho un po’ le idee confuse, anche perché il mio dare & e il mio avere, in questo periodo, hanno sempre il sapore dell’ultima canzone suonata sul Titanic, è sempre tutto più estremo, tutto più teso. Ma oggi non sono d’accordo con un cazzo quindi non argomento più di tanto.

    Però belle parole, davvero 🙂

  4. Mauro -

    @Skiri
    Ho una sensazione di dejavu, come se leggendo questa tua risposta fossi a conoscenza della discussione successiva.
    Chi si dà non si vuole. O si vuole troppo.
    Paura d’entrambi 🙂

    @Fabrizio
    Bellapettè. Grazie 😉

    @Gio
    Il dare e avere giocano di conflitti equilibrati.
    E Titanic finisce e sempre finirà con una cosa che non c’entra un cazzo 😉

  5. Grace -

    Ciò che hai scritto fa talmente male che fa bene..
    G.

  6. N3B -

    Mah…Signor Uzzeo a volte temo che lei filosofeggi perchè, come altri che mi sovvengono in capo, marpioneggia…e marpioneggia proprio con fare filosofico! ahahaha XD
    Ovviamente questo lo penso perchè sono stronza e lo scrivo perchè non dovrei scriverlo, ahahah 😛
    A prescindere da questa basilare costatazione a volte ho come l’impressione che il tutto è molto più semplice, fa parte solo di scelte e di percorsi conoscitivi che ognuno adotta per sé stesso. Si fa quel che si può, il vero problema forse è la nostra continua fintasalvezza nel categorizzare il tutto, solo per render meno pauroso il fenomeno in sè.
    Ed ora che anche io ho maripioneggiato con fare filosofico direi che posso anche andare a pranzo e togliermi di ‘ulo!

  7. Mauro -

    @Grace
    Naaaa, niente male, niente bene. Scivola, scivola va via.

    @N3B
    Trovarci del marpioneggiare in un post così categorico vuol dire impegnarcisi 🙂 E non sei stronza, né non dovresti scriverlo, anzi!
    Ora, prescindendo la basilare constatazione, mi metto a leggere la tua opinione e mi sembra moooooooolto meno semplice della mia. La mia si riduce, esulando dagli esempi, ad un diretto: “troppo spesso chi si da si deresponsabilizza, delega”.
    Stop. Niente più. Talmente semplice che neanche sarebbe servito un intero post.
    E mentre sono d’accordo sul fatto che i percorsi conoscitivi ognuno se li adatta per se stesso, non credo che un categorizzare renda meno pauroso il fenomeno in sé. Proprio perchè non lo reputo un fenomeno pauroso. E’ una dinamica, come tutte, di difesa personale. Di tutela.
    Perchè dovrebbe spaventare?
    E in che modo, dargli una categoria, dovrebbe mettere al sicuro?
    Io me so svegliato mò. Chettemagni?

  8. Sandrella -

    Credo non si dia mai nulla per avere nulla in cambio, perchè anche il dare apparentemente spassionato riporta quell’appagamento personale che puo’ essere la giusta ricompensa.
    Mi interrogo sulla categoria opposta invece: chi non da , che solitamente è poi terrorizzato dal non ricevere.

  9. N3B -

    Ecco visto che la mia uscita è saltata :°°| rispondo qua evitando di scordarmi come mio solito.
    Dopo aver risolto il dilemma che opprimeva il cuore del giovane Uzzeo circa l’essere marpione o meno, la santa delegazione stabilisce che la sottoscritta abbia errato termine, rilegando così El Mauro a semplice ….. (…mi pento e mi dolgo per i miei peccati, ognuno si diverte come può! io rompo le palle, ma direi che fine a fine mese sto apposto così! Ringrazio profondamente! XD)

    “troppo spesso chi si da si deresponsabilizza, delega” sì, direi che mi sembra cosa che facciamo troppo spesso.
    Per il resto penso di aver messo in relazione la categorizzazione con lo scacciare la paura per via della frase che hai scritto riferita alla tua amica inqiueta: “Mi do per talmente tanti motivi che servono a giustificare me stessa che la verità è che mi do perchè io non mi voglio più.”
    Mi sembra che le categorie aiutano a definirci in relazione allo spazio, alle azioni o simili. Classifichiamo noi, gli altri, quello che facciamo, ecc. questo ci semplifica la vita, ci aiuta, ci deresponsabilizza quando magari potremmo sondare di più, insomma un conto dire “mi do perchè sento di farlo” (perchè, per esempio, classifico semplicemente la cosa così), un conto riuscire a destrutturare il tutto fino a trovare altri collegamenti e arrivare a dire, sempre per esempio, “in realtà non mi voglio più”..cosa che volendo potrebbe implicare qualcosa che spaventa il soggetto in questione, qualcosa che magari ancora non conosce di se stesso, o qualcosa di cui ha paura o che non vuol sapere.
    Quindi il primo mi sembra una semplice categorizzazione, nel secondo percepivo una volontà di conoscersi più in fondo.
    Mi ricordo di aver letto un interessante collegamento proprio tra il nostro automatico categorizzare e l’essere inconsapevoli, ma ora chi si ricorda in quale libro sta??!!! 🙁
    uff, in ogni caso olaaa!

  10. moricimarco -

    può darsi…

  11. Mauro -

    @Sand
    per quelli, signora mia, non ritrovamo proprio un cazzo!

    @N3b e Marco
    Siete lo yin e lo yang della comunicazione online.
    Incontratevi a metà strada sulla via dell’agilità espressiva.
    E amatevi. 🙂

  12. il decu -

    Ci penso eh…

  13. Mauro -

    Ok. C’hai pensato? 🙂

  14. Grace -

    @ Mauro
    insisto: fa male come tutte le cose vere dette senza fronzoli e stemperature, ma va bene così.. e sorrido mentre lo scrivo 🙂

  15. Mauro -

    Ehi ti vedo! 🙂

  16. Sandrella -

    @Mauro: che mi fai ridere…

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