AVATAR – Recensione
Prendete Pocahontas.
Aggiungete un mix tra i puffi e i thundercats.
Invadete l’afganisthan.
Fate saltare il coperchio al vaso di pandora.
Dal 15 gennaio Avatar verrà finalmente trasmesso nei cinema italiani, ultimi al mondo per non disturbare l’annuale invasione cinepanettonica. Sembra che Cameron non l’abbia presa malissimo neanche quando l’unica alternativa possibile sembrava intitolarlo “Natale a Pandora” per puntare al sicuro appeal del franchising e sfruttare il gioco di parole con il dolce tradizionale.
Fra 3 giorni potrete quindi guardare all’interno del vaso e verificare se dare o meno credito a quel tipo che dice che Avatar salverà l’industria cinematografica o a quell’altro che ha gridato al mondo intero che è il film più importante degli ultimi 30 anni.
Il sottoscritto condivide entrambe le affermazioni ma il sottoscritto parla per iperbole anche mentre si lava i denti quindi iniziate con l’indossare gli orrendi occhialini e mettetevi comodi.
Contrariamente a quanto possiate pensare, quegli occhiali non sono stati inventati per ridurre nei cinema il numero di amplessi on air (avete provato a guardarvi in faccia con quei cosi addosso? Ho visto coppie lasciarsi la mano e far finta di non conoscersi per tutta la durata della proiezione) ma per godere della visione stereoscopica nelle sale che lo permettono. E far sì che la gente trovi, nel vedere un film “in tre dimensioni”, una motivazione abbastanza valida per sollevare il culetto, uscire di casa e spendere dei soldi per vedere il film al cinema piuttosto che scaricarlo in divx. Altrimenti l’emorragia che sta colpendo gli incassi cinematografici inizierà ad assumere un certo peso.
Ora, io non so se i nipotini dell’anaglifo saranno gli eletti che libereranno gli abitanti di Zion, quello che so è che Avatar è, attualmente (un “attualmente” che comprenderà almeno i prossimi 3, 4 anni) l’alfa e l’omega della stereoscopia. Lì inizia e lì finisce.
Il resto è parco a tema.
NON è un film diretto tradizionalmente cui, in seguito è stata applicata la stereoscopia come nel caso di Up o Era Glaciale 3, NON è un film in cui viene utilizzata solo per qualche wow moment come in Mostri contro Alieni, Piovono Polpette o A Christmas Carol.
Cameron ha investito 14 anni della sua vita nell’analisi di questa nuova tecnica studiandola e piegandola ai suoi voleri fino a renderla linguaggio a partire dalla sua caratteristica primaria: l’immersione.
Zio Jimmy ha messo in campo i risultati degli esperimenti delle sue esplorazioni marine per ricreare il più fedelmente possibile la sensazione di “profondità a 360°” avvertita sott’acqua. Il “mondo alieno” sottomarino utilizzato come beta tester emozionale del mondo alieno filmico per condurre lo spettatore alla scoperta di un mo(n)do tutto nuovo.
Come nelle profondità dell’abisso, le creature di Pandora, dalle piante ai Na’vi sono bioluminescenti. Un elemento narrativo, artistico, tecnico.
L’intensità della luce, unita alla profondità di campo degli ambienti e delle folle inquadrate, contribuisce a rendere immersivo l’effetto stereoscopico in modo che i piani diventino uno e centomila (saltando il nessuno) e portando ai limiti estremi la lezione di Welles che mostrava dalla finestrella, il piccolo Kane giocare nella neve.
Lo spettatore, così come i protagonisti, sono presi e trasportati in un nuovo pianeta, “indossando” loro stessi gli avatar/occhiali che gli permettono di sentirsi abitanti di Pandora. La sorpresa dei personaggi cinematografici è la stessa di quelli presenti in sala e il commento, univoco, è l’unico possibile che Cameron ci ha suggerito nel solo momento parlato del primissimo trailer: ” E’ Fantastico!”
Qualsiasi altra parola sarebbe superflua.
Il linguaggio tecnico si fonde nel linguaggio scenico che diventa linguaggio narrativo, e viceversa. Per dare voce ai Na’vi, è stato chiamato a collaborare Paul P. Frommer, esimio professore e linguista che ha concepito l’elaborato alfabeto con cui si esprimono e relazionano i felini antropomorfi. Tutti questi elementi contribuiscono a rendere credibile e riconoscibile questo Nuovo Mondo a cui viene affidato il compito di scenario e coprotagonista nella più tipica delle storie di frontiera americana aggiornandola ai giorni nostri per la gioia dei posteri.
La materia narrativa stessa partecipa al gioco delle immersioni perché a sua volta si fa tecnica ed è al servizio del media. Ogni idea presente nello script è scenica. È mezzo. È invenzione. È novità. La scelta di una sinossi leggera, immediata e nota, è il rassicurante Caronte che Cameron sceglie per traghettarci dall’altra parte della riva, accettare il cambiamento e viverlo. L’obiettivo del suo discorso cinematografico non è stupirvi con una storia sconvolgente, anzi! La storia è quel punto di partenza che a lui serve per far vivere un’esperienza sconvolgente (non dimentichiamoci che il suo più grande successo in termini di incassi si basava su una storia conosciuta da tutti).
James Cameron, con Avatar, celebra, ancora una volta, il concetto del come al posto del cosa. Ed è un “come” ormai ormai privo di limiti e in viaggio verso terze, quarte, quinte dimensioni. Là dove nessun uomo è mai giunto prima.
Solo due parole, per gli eventuali detrattori aprioristici: Cameron non vi ha mai delusi, e questa è verità.
Sigourney Weaver è nata per essere diretta dal regista di Aliens, Abyss, Terminator 1 e 2, True Lies e Titanic e questa potrebbe essere l’ultima occasione per vederla in così splendida e cazzuta forma.
Ah!
Non ci sono tette.
Questo e vero e non ci si può fare nulla.
Stellette? 10/10
L’articolo è arrapante. Spero solo che non finirà come con Speed Racer.
Se se, bravo… bravo… tutti bravi a parlarne quando gli ALTRI non l’hanno ancora potuto vedere…
(sic!)
1-quoto Giovanni
2-mortacci tua! …perchè l’hai già visto.
3-solo ora noto la presenza di questo spazio in cui lasciare i miei insulti
4-non hai idea di quanto ti stimo
5-Uzzeo papa!!!
Ma ti ha pagato Cameron in persona per fare una recensione così avvincente?
Credo che per l’argomento “tette” ti abbia invece pagato direttamente Sigourney che quanto a tette, beh, comincia anche a avere i suoi 60 anni…però pensaci, avresti avuto il doppio del successo da parte del pubblico maschile 😉
Scherzi a parte, complimenti, spero che il film sia bello quanto la tua recensione.
ahahhahahahha che tajo, anche io ti insulterò spesso SALLO!!!
@Fede: Eretico!
@Giovanni: Seeeeee… se fa presto a dì: “non l’hanno potuto vedere”… non avete VOLUTO vederlo… vedere è potere 🙂
@Decu:
1 – la prossima volta parti con me e ce lo spariamo insieme!
2 – è ciò che succede se accompagni la tua donna a Francoforte per i mercatini di natale e scopri che è uscito Avatar all’Imax. Consolati col fatto che l’ho visto in tedesco.
3 – Se li vieni a lasciare spesso mi fai solo contento
4 – Non farmi complimenti che io al massimo posso regalarti una stampata del sito su un Fabriano 2
5 – Decu Mosè!
@Linda
ahahah no no niente soldi purtroppo! L’argomento tette è sempre di scottante attualità. Ciao!
@Mx
mmm e come reagisco? Se te meno… te piace… se t’insulto… pure… mmmmm vendetta trasversale con l’aiuto di Slim.
Mi associo agli insulti 🙂
Sempre ben accetti! Benvenuto 😉
Mmm, io non lo vedrò in IMAX prima di un mese e, per allora, questo post sarà già archiviato in un blog che non ci cerca ma promette secchiate di contenuti – o almeno di parole 🙂
D’altronde mi sono ripromesso di non parlarne più, se non dopo averlo visto sia in 2D che in IMAX 3D.
Sono fra i pochi che persevera nel peccato, con le sue riserve eretiche per Mastro Cameròn (che mai rinnegherò nella sua genialità) e i suoi megapuffi striati. M’asterrò anche dall’esprimere le mie riserve per l’aspetto tecnico, di cui ho potuto farmi un’idea solo con quel papocchietto blu-verde e sottoesposto che è stata l’anteprima in RealD al Warner.
Ma in fondo m’astengo, in questa sede, solo perché tu già sai come la penso: la tecnica l’apprezzo (e penso di riconoscerla), Giacomo è “amico di tutti”, anche mio, e alla fine avrà meritato il successo che Avatar promette, anzi esige.
In fondo tengo quasi più all’esercizio della critica che alle sue conclusioni. A me me piace la tenzone…
Continua così,
s
Mi tolgo il cappello che non ho e fo i complimenti per l’abilità rencensiva. In realtà sono semplicemente estasiata dal fatto che esista un altro essere umano che conosca e apprezzi Carver (iniziavo a sentirmi outsider).
🙂
@Stefano: l’esercizio è assolutamente più interessante delle sue finalità, alla fine anch’io ho tirato su ‘sta situazione per decidermi finalmente ad esercitarmi nella scrittura non sceneggiata e sentirmi meno pippa. Comunque… tra un mesetto a Londra… potrebbe anche scattare l’aggrego.
@Priscilla: mi sistemo la cravatta che non ho e ringrazio. Siamo tutti unigeniti figli di Carver. Da quale cattedrale stiamo chiamando quando parliamo d’amore? Buona lettura su queste pagine.
amore… vedo che inizi a conoscermi sempre meglio… mi accontenterò di… ops non si può dire 😉
PS: ovvio, sempre con tette di velluto!
Ero curioso di vedere Avatar per due motivi, il primo la realizzazione, il secondo perchè Cameron mi ha sempre dato delle belle emozioni ma non sono assolutamente d’accordo nel dire che “ogni idea presente nello script è scenica. È mezzo. È invenzione. È novità”. In questo film non è stato inventato praticamente nulla, gli stessi mezzi aerei (dai flyer al centro militare), sono presi di forza dal design di noti videogames (Halo su tutti). I Mech, non ne parliamo e i mondi? Vabbè, sembra di vedere Lost Planet 2 (che però non è ancora uscito). Però c’è da dire che Cameron è stato bravo ad amalgamare bene ogni suoi elemento. Peccato che la vera novità sia solo nella tecnica e non nella pellicola in se stessa. Resta comunque un gran film, su questo non ci piove.
Se il disegno in alto è tuo e non di McKean sei proprio bravo…
Michele
@ Deimos
Ciao! Quando parlo di “ogni idea presente dello script è scenica ecc” intendo (in effetti potevo essere più chiaro) che già da come viene pensata c’è un legame con la messa in scena. La bioluminescenza che uso come esempio – ma ce ne sono decine e decine – è idea narrativa (caratterizza gli “alieni” come fossero positive creature magiche) scenica (contribuisce all’atmosfera e al “colore” del film) tecnica (in questo modo si può puntare ad un effetto di stereoscopico migliore) e rende “nuova” l’esperienza del film. E’ questa la novità a cui mi riferisco, il lavoro che mi ha fatto impazzire. Poi si, l’aspetto è spesso derivativo ma mi consola il fatto che almeno non è cinema che cannibalizza se stesso. Per il resto concordo con la tua recensione ma ho avuto l’impressione che tu l’abbia visto mono… e in tal caso, guardarlo in stereo è imperativo!
@ Michele
Ciao Michele, benvenuto! Il disegno non è mio ma fortunatamente neanche di Mckean! 🙂
E’ opera di quel gran bell’uomo di Marco Marini (formidabile disegnatore di fumetti, designer per spot, videoclip, cinema) a cui devo, praticamente, l’aspetto visivo di tutte le cose realizzate negli ultimi 10 anni.
Il disegno che vedi nell’header sarà la copertina di un volume di racconti, tutti disegnati da lui e i suoi mille stili diversi, che uscirà, molto probabilmente, ad Aprile.
Ti saluto con una secchiata di complimenti per i tuoi lavori… a presto!
Allora complimenti a Marco.
Vedo che pubblicherai per Tunué… allora prob ci si vedrà al loro stand prima o poi.
Grazie per il link… ricambio…
M
In bocca al lupo. Sarà bello leggerti.
@ Mauro
Parole illuminanti, ora capisco meglio quello che intendevi sottolineare. E sarei anche d’accordo se non fosse che Pandora inteso come “pianeta vivente” non è il primo caso ad essere creato o portato al cinema/videogames/letteratura. Ecco perchè io dicevo che non c’è nulla di realmente innovativo nel linguaggio di Cameron: per farti un esempio, addirittura gli stessi flyer, non sono nati dalla sua immaginazione ma sono piaciuti talmente tanto al regista, visualizzati dalla Ubisoft per il tie-in ludico, da volerli mettere anche all’interno della pellicola. Un riciclo di idee dunque ma, come affermi anche tu, idee che per fortuna non si cannibalizzano a vicenda.
Riguardo l’audio: come dicevo nel mio spazio, ho visto quella in inglese, non avendo problemi con la lingua. Il sonoro era abbastanza buono benchè effettivamente non in stereo.
Se già prima ero incuriosito, dopo la tua rece sono in scimmia per poter vedere Avatar… peccato che per trovare una sala che lo dia in 3D penso che dovrò fare un paio di centinaia di chilometri. Complimenti per il post, sono arrivato qui attraverso il blog di Rrobe (esilarante il siparietto sul nome del blog, ditemi che è successo davvero) e ti ho inserito tra i preferiti con standing ovation… penso che verrò spesso a rompere da queste parti 🙂
@ Michele
Giro i complimenti a Marco e… a presto!
@ Tito
Crepi e Grazie Tito. Detto da te è onore e onere. Sarò all’altezza. Devo e voglio.
Un abbraccio e a presto!
@Deimos
Scusami ma quando scrivo “stereo” lo uso, dato l’argomento, come diminuitivo di “stereoscopia” (la tecnica per la visione in 3d) e mi riferivo a quello della mia domanda! L’hai visto in 3d? Se si, ottimo! Se no… corri il 15 🙂
@Thannauser
Sei il benvenuto, mettiti comodo, lì solitamente ci si mette Roberto ma sto bruciando tutte le sue cose 🙂 Si… quel siparietto e angosciantemente vero ed è uno dei tanti giornalieri tra fumettari/registi/sceneggiatori. QUesto spiega perchè Big Bang Theory non si avvicina neanche alla metà di quanto è possibile cadere in basso 🙂
La trama , purtroppo e’ l’unico punto “debole” (vorrei usare un virgolettato in grassetto , ma non posso) di questo pezzetto di storia del cinema.C’e’ pero’ da dire che come una barzelletta cambia a seconda di come la si racconta , una storia puo’ dar da pensare o solo penare a seguirla e il regista qui e’ stato (come suo solito mi viene da dire) capace di usare il miglior modo possibile per renderla accattivante.Cameron e’ riuscito cmq nell’intento di avere guadagnato il doppio del costo del film…che e’ stato uno dei piu’ costosi della storia, in 3 settimane.Ora speriamo solo che non rovini tutto con il 2 (che e’ gia stato annunciato*) 🙂
La parte del 3d , beh , e’ stato un maestro nell’usarla .
Non credo che sia giusto limitare questa tecnica al solo uso commerciale , e’ gia dagli anni 80 che ci provano (nightmare 3!). Adesso stara’ al cinema inventare nuovi linguaggi visivi per saperla sfruttare a pieno , fino ad ora erano stati solo vagiti , poi cameroon gli ha fatto dire “mamma”.
L
*qui dove lavoro , diverse persone hanno iniziato a sudare freddo dopo questo annuncio… 😉
p.S
mammamia se sono stato logorroico 😛
Ok, figo. Bello il paragone con il mondo sottomarino. Mi rimane un dubbio: ma il film è bello? Cioè ho capito che è figo, che ha gli effettoni, che ti fa immergere grazie al 3D ma a vedere il film in 2D (e suppongo che la maggiorparte degli italiani lo vedrà in quel modo) com’è? Vale comuqnue la pena? Io aspetterò che la folla di ragazzini urlanti si dilegui un po’ e poi andrò a vedermelo…
@ Mauro
Ah sorry…se leggo “mono” o “stereo”, capisco l’audio.
La risposta comunque è si, ho avuto modo di vederlo sia piatto che in stereoscopia ma personalmente, benchè le differenze fra i vari film al cinema che sfruttano questo “3D” si veda, ancora non sono del tutto convinto della tecnologia. Per ora, come uno stesso utente ha scritto, la tecnica stereoscopica ha fatto i suoi primi passi, è una cosa “nuova” che andrà capita e migliorata nel tempo. Essendo appassionato, ho anche provato la “stereo” nei videogiochi grazie agli occhialini della Invidia e devo dire che forse in questo format è usata meglio che al cinema anche se si parla sempre di “inizio” e non di “arrivo”…il brutto è che causa dei gran mal di testa (cosa che mi è successa anche al cinema).
@ Lorenzo
Bella Lorè! No no, quantomeno non logorroico come me! Concordo sulla maestria del come abbia raccontato questa storia al punto da non farla sentire come “Punto debole” e ti faccio un GROOOOOSSSO in bocca al lupo per il sequel (sperando che non ci vogliano 14 anni per vederlo finito). Ci si vede a Londra tra un mesetto, fai trovare in disordine!
@Nicols
Anche in mono è bello, bellissimo. Come i precedenti film di Cameron d’altronde. E varrà comunque la pena, anche se non sarà un’esperienza come quella studiata e voluta dal regista per lo spettatore.
@Deimos
Penso anch’io che sia, al momento, più una tencologia che un linguaggio, e che non debba far altro che restarsene nei parchi a tema. Ma il mercato dice altro quindi ben vengano Avatar e Coraline, il resto, meglio in mono.
UPDATE!
L’ho rivisto stasera. Sono più esaltato della prima volta: è un fottuto CAPOLAVORO anche dal punto di vista prettamente narrativo. Che evento. Che roba. Basta, ora mi metto a urlarlo alla finestra. (ok mi calmo. Ecco. Sono calmo.)
ANNUNCIO IMPORTANTE: NON ANDATE A VEDERLO AL CINELAND DI OSTIA: IL FILM E’ SCURISSIMO E L’AUDIO PESSIMO.
Purtroppo lo devo ancora vedere e mo’ sto pure ad iniziare a rosicare.
Comunque mestissimo ieri il servizio sui nostri TG nazionali che, non si sa per quale motivo, cercavano di screditarlo sottolineando quanto la trama fosse un plagio di altri film e varia letteratura…
L’apice si è raggiunto quando è stato comparato con “Aida degli alberi” facendo notare che noi italiani eravamo arrivati prima!
Mah…non comprendo perchè tutto questo astio quando poi in tanti anni non ho mai sentito un commento negativo ai film panettone nostrani di cui, forse, dovremmo provare vergogna!
Visto ieri sera..
A questo punto, oggi, a freddo, si potrebbe (dovrebbe) dire molto (secondo la logica e consequenziale equazione proporzionale che reciterebbe “ho vissuto molto = racconto molto”) . Ma ci sarebbe da perdersi, come nel nodo d’una conchiglia con la sensazione, poi, di non aver afferrato alcun punto essenziale.
Mi limito ad una considerazione ma necessito d’una parentesi.
Penso d’aver pianto una manciata di volte in tutta la mia vita (tutt’altro che una nota di merito, convengo, ma tant’è..): un paio le ho astutamente rimosse; un paio riguardavano dei lutti (tutto secondo manuale se non fosse che una delle due aveva a che fare con un gatto che manco m’apparteneva).
Una volta è stato al cinema.
Non un pianto catartico e spudorato. No: una linea sottile come un filo di ragno, una spirale di rame che distillava emotività dall’ultima vertebra lombare fino alla saccoccia dell’occhio. E se ne stava lì, l’emotività, sospesa a mezz’altezza col sapore del sale, senza esplodere (tanto per parafrasare).
Il film era Titanic (che, a dirlo oggi fa sorridere appena poco meno che all’epoca. Ma le chimiche del cuore e del cervello, si sa, sono indefinibili quanto e più delle vie del Signore).
13 anni dopo mi ritrovo nella stessa inconveniente situazione (stessa poltrona, stessa fila, stesso regista), sul ciglio d’un precipizio emotivo che frustra il pensiero e le parole. Non si sa cosa pensare o cosa dire. Balbettare ‘capolavoro’ come unica risorsa possibile è riduttivo perché mira a nessun oggetto. Perché Avatar ha il profilo d’un ‘desiderio’ più che di un film (la storia, s’è detto, è facile come una domanda di Trivial Pursuit Junior; l’ostentazione tecnica è limitata – mi si perduàn le paradòss – all’urgenza sintattica: quello che deve dire lo può dire solo e necessariamente con ‘quel’ linguaggio) Il desiderio è (mio come – e qui ci scommetto un assegno in bianco – del 90% delle persone che hanno visto il film), più d’ogni altro, di potersi risvegliare su Pandora, semplicemente.
@ Marco Carletti
Imbarazzante. E’ un archetipo classico della narrativa di frontiera americana. Accostarlo agli altri è un gioco sterile, si presenta esattamente come quello che vedi al cinema quindi mantiene esattamente quello che promette. Criticarlo per la materia narrata è come se un critico straniero criticasse un film italiano semplicemente perchè racconta la storiellina da commedia senza specificare le differenze tra l’ultimo Moccia e il primo Virzì.
@ Marco Marini.
Il cuore prima di tutto.
Grazie davvero.
E i gatti che muoiono vanno su Pandora e prendono proprio quella forma lì. Con un’aggiunta di blu.
@ Marco
“Il desiderio è (mio come – e qui ci scommetto un assegno in bianco – del 90% delle persone che hanno visto il film), più d’ogni altro, di potersi risvegliare su Pandora, semplicemente.”
Anche al cinema dove sono andato ieri l’altro, molte persone, all’uscita dalla sala, commentavano cosi: “sarebbe davvero bello andare su Pandora”…mah, dico io? Che razza di commenti. Per andare su Pandora, tanto vale comprarsi un biglietto di sola andata per la foresta Amazzonica…sono sicuro che il vero sia più adatto del finto.
Naaaaaaaaaaaaaa e che c’azzecca? 🙂
Mica stiamo parlando di All’inseguimento della pietra verde! Pandora non è il regno della natura incontaminata. Pandora è il pianeta della neuroconnessione dove qualsiasi essere è parte del tutto. Dove sei le piante. Sei l’aria. Sei l’acqua. Sei tutti quelli venuti prima di te.
Miyazakerrimo. Ma ben venga.
@ Mauro
Mmm…stranamente è la stessa cosa che dicono gli Indios o gli Aborigeni. Ci sono popoli in Amazzonia che non hanno quasi mai avuto contatti con “l’uomo” civilizzato. Ok, capisco la bellezza di controllare le “bestie” gli alberi e tutto il resto nel film ma è “quancosa” di più fantastico di quello che già c’è in natura. Anche l’uomo può sentire la foresta, gli animali etc…ovviamente non siamo abituati a farlo ma al mondo esistono varie tribù che questo contatto lo hanno e lo sanno utilizzare per la loro sopravvivenza.
Non vorrei dire.., ma io sono quasi certa che ci sia una scena in cui in controluce si vede il capezzoluccio di naidiri (o come si chiama la granGnoccolona!)
e cmq non mi spiacerebbe affatto avere anche la coda (quella attaccata alla base della spina dorsale..) oltre a quel pirulo connettivo. E’ ce se dovessi connettermi di sti tempi al suolo romano credo mi intossicherei e morirei di stenti in un attimo!
certo ho un cilamino qui davanti alla finestra che ancora beatamente fiorisce stagionalmente di un rosa quasi direi luminescente..
aggiungo solo che da ignorante e incompetente spettatrice, questo film, visto in 3D, è proprio OLTRE! E’ stato come se prima ne avessi visto un altro.
p.s.: brà ti ci sei impegnato con sto sito mascherato da BloGGhe….
Andrò a vederlo una quinta volta e resterò concentrato solo sul capezzolo. Giuro.
p.s. tnx!
ecco … ora che l’ho visto, finalmente, ho letto la tua recensione.
che dire …
quando ci torniamo?